Inauguration day

Stati Uniti, le prime nomine dell’amministrazione Biden-Harris

Un’amministrazione diversificata e rappresentativa della società americana, con John Kerry inviato per il clima: così sarà la presidenza Biden-Harris.

In un processo di transizione sicuramente fuori dagli schemi, lunedì 23 novembre il prossimo presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha ufficializzato le prime nomine per la sua futura amministrazione.

Biden ha vinto le elezioni dello scorso 3 novembre ottenendo quasi 80 milioni di voti e 306 grandi elettori, 36 in più rispetto alla soglia dei 270 necessari per assicurarsi la Casa Bianca. Nonostante la vittoria del democratico fosse ormai stata largamente certificata, lo staff di Donald Trump ha iniziato a riconoscere formalmente la sconfitta solo il 23 novembre, e pare che l’attuale presidente non abbia intenzione di fare alcun discorso di concessione.

Nelle ultime settimane infatti il suo team di avvocati, guidato dall’ex sindaco di New York Rudy Giuliani, ha intentato una serie di cause legali volte a provare come l’elezione sia stata in realtà truccata e manipolata per favorire i democratici. Le parole, però, non sembrano essere sostenute dai fatti, e fino ad ora tutte le cause sono state rigettate dai tribunali di competenza.

Joe Biden e Kamala Harris
Il presidente eletto Joe Biden e la vicepresidente eletta Kamala Harris durante il primo discorso alla nazione © Andrew Harnik-Pool/Getty Images

Biden-Harris, un’amministrazione che rispecchia la multiculturalità della società statunitense

In un clima segnato quindi da tensioni e difficoltà comunicative, il presidente eletto Biden ha nominato i primi sei membri della sua amministrazione, che si prepara a entrare in carica il prossimo 20 gennaio. Nel corso della sua campagna elettorale Biden aveva promesso di creare un team diversificato e rappresentativo della società americana. Anche per questo la scelta per la vicepresidenza è ricaduta su Kamala Harris, che sarà la prima donna a ricoprire la seconda carica più importante del paese.

Il principio della diversità è stato rispettato nel primo round di nomine. Alejandro Mayorkas sarà infatti il primo segretario latinoamericano alla guida del Dipartimento per la sicurezza interna (Department of homeland security), che già aveva gestito in qualità di vice tra il 2013 e il 2016, durante la presidenza di Barack Obama. Tra le altre cose, il dipartimento si occupa anche di gestire diverse problematiche legate all’immigrazione, un tema storicamente sensibile negli Stati Uniti.

Alejandro Mayorkas
Alejandro Mayorkas, primo segretario latinoamericano alla guida del Dipartimento per la sicurezza interna © Mark Makela/Getty Images

Sono molte le donne scelte dai democratici

Avril Haines diventerà invece la prima donna a guidare l’Agenzia nazionale di intelligence (National intelligence agency), dopo aver servito come vicedirettrice della Cia e aver ricoperto diverse cariche nell’amministrazione Obama.

La seconda donna a entrare nell’amministrazione Biden-Harris è Linda Thomas-Greenfield, diplomatica di lungo corso che servirà come ambasciatrice statunitense alle Nazioni Unite. Thomas-Greenfield era stata nominata assistente del segretario di stato per gli Affari africani durante la presidenza Obama, ma lo staff del presidente Trump le aveva poi chiesto di allontanarsi dall’incarico.

Linda Thomas-Greenfield
Linda Thomas-Greenfield servirà come ambasciatrice statunitense alle Nazioni Unite © Mark Makela/Getty Images

Il prossimo segretario di stato – una figura simile al nostro ministro degli Esteri – sarà invece Antony Blinken, già vice dello stesso dipartimento negli ultimi anni della precedente amministrazione democratica. A lui spetterà il compito di riallacciare le alleanze internazionali indebolite dalla presidenza Trump, guidata proprio dal motto America first. Ad affiancare Blinken come National security advisor sarà Jake Sullivan, già consulente per l’allora vicepresidente Joe Biden e la segretaria di stato Hillary Clinton.

John Kerry sarà l’inviato presidenziale per il clima

Biden ha inoltre istituito una nuova carica tutta dedicata alla gestione dell’emergenza climatica: John Kerry, segretario di stato per l’amministrazione Obama, servirà infatti come “inviato presidenziale per il clima” nell’ambito del Consiglio per la sicurezza nazionale (National security council).

Kerry è un politico rispettato nell’establishment democratico: nel 2004 era stato il candidato del partito per le elezioni presidenziali – poi vinte dal repubblicano George W. Bush – e ha avuto un ruolo fondamentale nelle negoziazioni per l’Accordo di Parigi sul clima, che gli Stati Uniti hanno sottoscritto nel 2016. Uno tra i primi compiti di Kerry sarà proprio quello di riportare il paese nell’accordo, dopo il ritiro deciso dal presidente Donald Trump e diventato effettivo lo scorso 4 novembre.

Nel novembre 2019, inoltre, Kerry ha avviato World war zero, una coalizione bipartisan mirata a fermare l’aumento di emissioni di CO2 entro il 2050 e supportata, tra gli altri, da Leonardo DiCaprio, Sting e gli ex presidenti Bill Clinton e Jimmy Carter.

La creazione di una carica ad hoc per la gestione dei cambiamenti climatici riflette l’interesse per l’ambiente mostrato da Biden durante la sua campagna elettorale: il presidente eletto ha infatti proposto un programma concentrato sulla rivoluzione energetica e sulla giustizia ambientale, con il quale promette di investire circa 1.400 miliardi di euro nel corso del prossimi dieci anni per fare in modo che gli Stati Uniti utilizzino soltanto energia proveniente da fonti rinnovabili entro il 2050.

John Kerry, inviato per il clima amministrazione Biden-Harris
John Kerry è stato scelto da Biden come inviato presidenziale per il clima © Mark Makela/Getty Images

Le cariche devono essere ratificate dal senato

Fonti di stampa riportano inoltre che Biden ha intenzione di scegliere Janet Yellen, già presidente della Federal reserve, come segretaria del Tesoro: sarebbe la prima donna a guidare le finanze dello stato.

Tranne Kerry e Sullivan, tutte le altre cariche dovranno essere ratificate dal senato, la cui composizione è ancora incerta. In seguito alle elezioni del 3 novembre i democratici detengono attualmente 48 seggi, contro i 50 in mano ai repubblicani. Mancano però ancora due seggi da riempire in Georgia, dove il ballottaggio si terrà il prossimo 5 gennaio. Se entrambi i candidati democratici dovessero vincere in quell’occasione, il senato sarebbe diviso a metà, e a quel punto l’ultima parola spetterebbe alla vicepresidente Kamala Harris. Altrimenti, la maggioranza resterebbe nelle mani dei repubblicani.

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