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Charles Curtis, nativo americano, fu il primo vicepresidente di colore degli Stati Uniti

Negli anni ’30, quando la rappresentanza politica delle minoranze negli Stati Uniti era praticamente inesistente, l’orgoglioso nativo americano Charles Curtis divenne vicepresidente.

Le elezioni presidenziali statunitensi del 2020 hanno fatto la storia in molti modi diversi. Una delle novità più promettenti ed entusiasmanti è stata l’elezione di Kamala Harris, che è diventata la prima donna, e la prima donna non caucasica, ad essere eletta alla carica di vicepresidente. Harris ha origini afroamericane e asiatiche-americane e sarà la prima persona di entrambi i gruppi a ricoprire la seconda carica più alta degli Stati Uniti.

Harris tuttavia non è la prima persona di colore ad aver raggiunto questo traguardo: Charles Curtis, nativo americano cresciuto in una riserva Kaw in Kansas, è stato vicepresidente degli Stati Uniti tra il 1929 e il 1932. Curtis, un personaggio storico interessante spesso ignorato, era un politico carismatico con una carriera di successo a Washington in un momento in cui la rappresentanza delle minoranze era molto più rara di quanto lo sia oggi. Durante la sua carica Curtis manifestava con orgoglio le sue origini native americane ed è stato un sostenitore dichiarato del suffragio femminile, mentre non vengono ricordati suoi contributi nella lotta per i diritti socio-economici dei nativi americani.

La vita di Charles Curtis

Identità tra due culture: figlio di nativi americani e coloni europei

Curtis nacque nel 1860 a North Topeka, che all’epoca faceva parte del Territorio del Kansas, una regione che non era ancora stata completamente incorporata negli Stati Uniti. Nel 1861, all’inizio della Guerra civile americana, la parte orientale del territorio fu annessa all’Unione degli stati del nord (a quel tempo il nord e il sud erano divisi e in una guerra civile) e chiamata Stato del Kansas. Questo nome deriva da Kansa, ovvero come i colonizzatori europei chiamavano la popolazione dei nativi americani Kaw. La madre di Curtis, Ellen Pappan, era la pronipote del capo Kaw Piuma Bianca, che aveva offerto assistenza durante la spedizione Lewis e Clarke nel 1804, una missione di scoperta verso l’ovest effettuata dai colonizzatori dopo aver espanso i propri terreni con l’acquisizione della Louisiana nel 1803. Ellen aveva anche origini Potawatomi e francesi, e uno dei suoi antenati era il capo Pawhuska della tribù Osage. Il padre di Curtis, Orren Curtis, era di origini inglesi, scozzesi e gallesi.

Anni sessanta dell'Ottocento, una fattoria di nativi americani in Kansas
Una fotografia scattata negli anni sessanta dell’Ottocento di una fattoria di nativi americani in Kansas. Charles Curtis ha trascorso molti anni durante la sua infanzia nella riserva Kaw © Wikimedia Commons

Charles Curtis ha trascorso la sua infanzia vivendo tra la comunità nativa e quella dei bianchi. Le sue prime parole furono in kansa e in francese, riflettendo le radici della madre, ma Ellen morì quando Curtis aveva solo tre anni. Il padre non era molto presente durante la sua infanzia, e così i nonni si divisero le cure del bambino. Curtis trascorse diversi anni nella riserva Kaw: “Avevo i miei archi e le mie frecce”, ricordò in seguito, “e insieme agli altri ragazzi della riserva tiravo frecce alle monetine che i visitatori posizionavano apposta su dei bastoncini”. Grazie alla sua conoscenza della lingua Kaw, Curtis si inserì bene nella comunità dei nativi e divenne un eccellente cavaliere a pelo (ovvero andare a un cavallo senza sella, ndr). Durante la sua adolescenza raggiunse anche una certa fama come fantino a Topeka.

L’istruzione e gli inizi in politica

Nel 1873, quando Curtis aveva tredici anni, i suoi nonni materni lasciarono il Kansas con altri membri della tribù Kaw, diretti verso i territori indiani dell’Oklahoma. Charles voleva seguirli e vivere nella riserva, ma Julie, sua nonna, lo convinse a perseguire un’istruzione: Curtis tornò quindi a Topeka per vivere con i nonni paterni e in seguito osservò che questo fu un punto di svolta nella sua vita. Dopo il liceo, Curtis studiò legge e fu ammesso nell’ordine degli avvocati del Kansas all’età di 21 anni.

Topeka, Kansas, circa 1880
Un’immagine di Topeka, Kansas, scattata intorno all’anno 1880 © Wikimedia Commons

Fin da giovane aveva mostrato uno spiccato interesse per la politica, e aveva portato una fiaccola durante una parata repubblicana nel 1880 per la campagna presidenziale di James Garfield. Nel 1884 Curtis fu eletto procuratore della contea di Shawnee, nel 1889 si candidò per un seggio vacante al congresso e perse la nomina per un solo voto. La sua posizione politica era conservatrice, a favore dei dazi e del proibizionismo, ma nel corso della sua carriera mostrò una grande capacità di conciliare aspetti anche opposti e venne ricordato per la sua memoria fenomenale, poteva infatti ricordare i nomi e le vite delle persone che rappresentava. “La sua politica era sempre puramente personale. I problemi non lo hanno mai infastidito”, disse una volta il giornalista William Allen White. Nel 1884 il neoeletto procuratore della contea sposò Anna Baird e con lei ebbe tre figli.

La carriera del politico nativo americano

Il congresso e la legge Curtis

Curtis fu eletto per la prima volta alla Camera dei rappresentanti nel 1892. Il primo decennio della sua carriera politica fu incentrato sul suo lavoro nella commissione per gli affari indiani, che culminò con la Legge Curtis del 1898. Questa legge, il cui titolo completo era “Una legge per la protezione del popolo del territorio indiano e per altri scopi”, non ebbe però un impatto positivo sui diritti delle tribù dei nativi americani. Portò all’assegnazione delle terre delle tribù a proprietari privati e all’abolizione dei tribunali e dei governi tribali. Con un solo colpo di penna, le tribù persero oltre 36 milioni di ettari delle loro terre.

Una mappa dei territori indiani e dell'Oklahoma nel 1892
Una mappa dei territori indiani e dell’Oklahoma nel 1892, prima che la Legge Curtis portasse all’assegnazione e all’appropriazione delle terre indiane © Wikimedia Commons

La legge Curtis in pratica aprì la strada all’incorporazione dell’Oklahoma negli Stati Uniti e pose le basi per i successivi accaparramenti di terra da parte del governo degli Stati Uniti. In quanto membro Kaw, Curtis finì per beneficiare personalmente di un altro atto legislativo legato alla legge Curtis: nel 1902, ai sensi della legge sella distribuzione di terre Kaw (redatto da Curtis stesso) lui e i suoi figli ricevettero la piena proprietà, nota come “tassa di titolo semplice”, di terre Kaw in Oklahoma. Questa è senza dubbio la parte più controversa dell’eredità di Curtis. Tuttavia, va notato che è molto improbabile che il legislatore sarebbe stato in grado di contrastare l’appropriazione e l’assegnazione a privati delle terre dei nativi da parte del governo degli Stati Uniti, una tendenza che era già stata avviata con la colonizzazione. Considerando il potere di queste forze, si potrebbe sostenere che Curtis non avrebbe avuto una carriera politica, figuriamoci una carriera di successo, se fosse stato un convinto difensore dei diritti dei nativi americani.

Il senatore Charles Curtis e il suffragio femminile

Charles Curtis prestò servizio alla Camera fino al 1907, quando la legislatura dello stato del Kansas lo elesse senatore. Svolse un mandato, continuò a spingere per aumentare le tasse e influenzò pesantemente la legge Payne-Aldritch, che comportò un aumento delle tasse sulle merci importate al punto da causare una spaccatura nel partito repubblicano. A causa di questa scissione Curtis perse il suo seggio al Senato nel 1913. Tuttavia l’anno successivo, con la ratifica del diciassettesimo emendamento, la popolazione poté votare direttamente i propri rappresentanti al Senato per la prima volta. Grazie alla sua leggendaria vicinanza agli elettori e al generale orientamento dell’epoca verso i candidati conservatori, Curtis fu in grado di riconquistare il suo seggio al Senato. Venne scelto per il ruolo chiave di party whip, una carica che ha la funzione di garantire che i rappresentanti votino secondo la linea del partito.

Suffragette, New York, 1917
Una parata per il suffragio femminile sulla Fifth Avenue, a New York, nel 1917 © Wikimedia Commons

Nel 1918 i repubblicani ottennero la maggioranza al Senato e il ruolo di Curtis divenne ancora più importante. Nei due anni successivi, fu un convinto sostenitore del suffragio femminile e svolse un ruolo fondamentale nel processo che portò all’estensione del voto alle donne nel 1920. Un giornalista dell’epoca disse che “nessuno lo ha mai accusato di essere un progressista, ma le femministe hanno comunque visto in lui un alleato, e una delle azioni politiche di cui è andato più fiero è stato il suo ruolo di spicco nella lotta per il diciannovesimo emendamento”.

La scalata politica

Alla convention nazionale repubblicana del 1920 Curtis fece parte di un piccolo gruppo di figure influenti che portarono alla nomina di Warren G. Harding. Quando Harding vinse le elezioni presidenziali, Curtis entrò nella cerchia ristretta del potere politico degli Stati Uniti. Nel 1925 divenne il leader di maggioranza, e il senatore conservatore della Pennsylvania George Wharton Pepper osservò che Curtis “mostrava un notevole talento nel conseguimento di buoni risultati per il suo partito da quelle che nel gergo internazionale vengono chiamate ‘conversazioni’ con l’altra parte. Era insolitamente abile nel fare affari”.

Charles Curtis, Calvin Coolidge e Grace Coolidge
Il senatore Charles Curtis (a destra) insieme al presidente Calvin Coolidge e alla First Lady Grace Coolidge nel giorno dell’inaugurazione (4 marzo 1925) © Wikimedia Commons

Durante gli anni Venti Curtis iniziò a nutrire ambizioni presidenziali e si vociferava che fosse il candidato più promettente alla vicepresidenza nel 1924. Tuttavia, si ritirò dalla contesa perché sua moglie Anna si era ammalata. Anna morì il 29 giugno 1924. Nel 1927 il presidente Coolidge, che aveva assunto la carica dopo la morte di Harding ed era stato riconfermato nelle elezioni del 1924, annunciò che non si sarebbe candidato l’anno successivo. La maggioranza della popolazione suppose che Coolidge intendesse fare di Curtis il suo successore. Quest’ultimo organizzò una campagna piuttosto discreta per le primarie repubblicane del 1928, continuando a dedicare la maggior parte della sua attenzione al suo lavoro al Senato. Herbert Hoover fu il favorito per tutta la campagna e alla fine vinse le elezioni. Curtis si era espresso contro di lui durante un discorso in Kansas, e i due non erano mai stati in ottimi rapporti. Tuttavia i repubblicani decisero che Curtis sarebbe stato il candidato perfetto per accompagnare Hoover nella corsa alla presidenza.

Charles Curtis, il primo vicepresidente di colore

Il 6 novembre 1928 i cittadini statunitensi elessero Herbert Hoover come presidente degli Stati Uniti. Così Charles Curtis divenne il primo vicepresidente con origini nativo-americane, e la prima persona di colore (sebbene questa terminologia non fosse in uso all’epoca) nella storia del paese. Fu un risultato notevole, considerando anche che Curtis era stato solo il terzo nativo americano in assoluto ad essere eletto alla Camera e il secondo a vincere un seggio al Senato. Durante il suo mandato come vicepresidente, continuò a dimostrare il suo sostegno alle donne: la sua segretaria, Lola M. Williams, fu la prima donna in assoluto a raggiungere una carica elevata negli Stati Uniti.

Curtis si dimostrò sempre molto orgoglioso della sua eredità culturale, e adornò il suo ufficio con manufatti dei nativi americani e posò per alcune foto indossando copricapi tradizionali. Sfortunatamente i rapporti tra Hoover e il secondo in comando non migliorarono, e a quest’ultimo raramente venne chiesto di partecipare alle riunioni di gabinetto e non venne mai consultato per questioni sugli affari di stato. Hoover era un intellettuale, un idealista politico, mentre la politica per Curtis era una questione personale.

 

La presidenza Hoover fu segnata dal crollo del mercato del 1929 e dalla conseguente Grande Depressione, che l’amministrazione non riuscì a mitigare. Curtis, allontanato dai corridoi del potere, divenne quasi una figura di scherno. Venne persino creata una sua caricatura nel musical di George e Ira Gershwin a Broadway “Of Thee I Sing”, che includeva il personaggio di Alexander Throttlebottom, un vicepresidente che poteva visitare la Casa Bianca solo come turista. Quando Hoover e Curtis corsero contro Franklin D. Roosevelt nel 1932, persero le elezioni in maniera schiacciante. Questo segnò la fine della carriera politica di Curtis, che decise di rimanere a Washington per esercitare la professione legale finché morì nel febbraio 1936.

Un’eredità complessa

La vicepresidenza di Curtis non è stata molto attiva o determinante e, purtroppo, non ha portato a un aumento immediato della rappresentanza politica dei nativi americani. Tuttavia il solo fatto che sia stato in grado di raggiungere tale posizione è una testimonianza della sua resilienza e delle sue capacità politiche. La sua eredità come primo vicepresidente di colore, secondo senatore nativo americano e terzo membro del congresso indigeno può ancora essere considerata un precedente essenziale all’aumento della rappresentanza che abbiamo visto negli ultimi anni.

I nativi americani rimasero privi di rappresentanza al senato fino al 1993, quando Ben Campbell, un politico del Colorado con origini Cheyenne del nord, ottenne un seggio alla Camera alta. La situazione alla Camera dei rappresentanti è stata leggermente migliore, in questa sede quindici nativi americani hanno vinto un seggio da quando Curtis si è trasferito al senato nel 1907. In particolare, le ultime tre sono donne: Sharice Davids, una democratica del Kansas eletta nel 2019, la democratica del New Mexico Deb Haaland sempre nel 2019, e Yvette Herrell, una repubblicana che rappresenta il secondo distretto congressuale del New Mexico, che è stata votata nelle scorse elezioni il 3 novembre. Davids ha anche fatto la storia diventando la prima persona nativa americana lgbt a far parte del Congresso. La sua storia, proprio come quella di Harris, ci dà ragione di sperare che la società americana stia finalmente andando verso una rappresentanza politica che rifletta più realisticamente la diversità del tessuto sociale negli Stati Uniti.

L’elezione di Harris alla vicepresidenza, proprio come il continuo successo di “The Squad” (il gruppo democratico di donne progressiste di colore al Congresso, composto da Alexandria Ocasio-Cortez, Ilhan Omar, Ayanna Pressley e Rashida Tlaib) sembra indicare che il predominio di uomini bianchi nella politica statunitense si stia lentamente disfacendo. Mentre le loro storie guadagnano importanza, vale anche la pena guardare indietro ai precedenti storici, alle eccezioni al dominio monoculturale degli uomini bianchi, per conoscere gli individui che hanno superato ostacoli quasi insormontabili per raggiungere i vertici del potere. Curtis è sicuramente tra queste eccezioni: un nativo americano, orgoglioso delle sue radici, che divenne vicepresidente. La sua eredità è più varia e profonda di quanto possa sembrare a prima vista e c’è ancora molto da imparare dalla sua storia. La sua difesa del suffragio femminile si ricollega alla maggiore partecipazione politica delle donne, e in particolare delle donne di colore, che gli Stati Uniti stanno vivendo nel presente.

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