Nella notte tra il 18 e il 19 dicembre del 2022 è stato annunciato l’accordo più importante mai raggiunto a livello internazionale per la tutela della biodiversità. Un “patto di pace con la natura” raggiunto dopo quattro anni di negoziati, al termine della Cop15, la quindicesima Conferenza mondiale sulla diversità biologica, che si è tenuta a Montréal, in Canada. Benché infatti l’intesa abbia rappresentato un compromesso al ribasso su alcuni aspetti, a partire dai finanziamenti concessi alle nazioni più povere e agli obblighi in capo alle aziende private, è stato confermato l’impegno più importante: rendere area protetta il 30 per cento del Pianeta, tutelando al contempo le popolazioni indigene.
Nature must be at the 💚 of sustainable development.
Ahead of #BiodiversityDay, see how we support over 140 countries through our Nature Pledge to meet and implement ambitious targets #ForNature.
Scomparso il 25 per cento degli uccelli in Europa in 40 anni
È vero, sono passati solo cinque mesi dalla conclusione della Cop. Ma di tempo da perdere non ce n’è davvero più se si vorranno scongiurare le conseguenze più gravi – in termini ambientali ma anche, ad esempio, per la salute umana – legate alla perdita di biodiversità. È per questo che le notizie negative che continuano a susseguirsi sul tema non possono che far temere una mancanza di azioni concrete da parte del governi di tutto il mondo. La giornata mondiale della biodiversità, che si celebra lunedì 22 maggio, rappresenta un’occasione per ricordare al mondo l’importanza capitale della conservazione della natura.
Solo negli ultimi giorni abbiamo scoperto che il numero di uccelli presenti in Europaè calato del 25% negli ultimi 40 anni, a causa dell’agricoltura intensiva, dell’uso di fertilizzanti e pesticidi chimici e degli impatti dei cambiamenti climatici. Dal Canada è arrivata la notizia che, benché l’obiettivo del 30 per cento di aree protette sul Pianeta riguardi anche gli oceani, il governo ha autorizzato nuove trivellazioni petrolifere perfino in aree marine protette.
Negli oceani di tutto il mondo 400 “zone morte”
Sappiamo inoltre che la diminuzione di ossigeno negli oceani ha portato ormai alla creazione di più di 400 “zone morte” in tutto il mondo, secondo uno studio dell’università della Virginia. Erano “soltanto” 150 nel 2003, secondo i dati delle Nazioni Unite. Una situazione che minaccia più di un terzo dei mammiferi marini presenti sulla Terra.
Di fronte a questo scenario, il paragone con la colpevole e irresponsabile inazione sulle emissioni di gas ad effetto serra appare inevitabile. “Non dobbiamo ripetere con la biodiversità gli stessi errori che stiamo facendo sul clima”, ha affermato a chiare lettereBruno Oberle, direttore dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Uicn).
Guterres: “I cittadini del mondo intero alzino la voce”
Per questo, l’11 maggio il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterresha lanciato un nuovo appello alla comunità internazionale: “La biodiversità sta crollando esattamente come accade alla Terra. Un milione di specie sono sull’orlo dell’estinzione. Dobbiamo porre fine a questa guerra incessante e insensata contro la natura: mettiamoci al lavoro per attuare gli impegni dello storico accordo raggiunto alla Cop 15”.
Humanity’s war on nature is ultimately a war on ourselves.
It’s time for the world to adopt a far-reaching biodiversity framework — a true peace pact with nature — and deliver a green, healthy future for all. #COP15pic.twitter.com/FWYxqE449K
Ai nostri governi non mancano né le conoscenze scientifiche, né i mezzi, né i quadri giuridici internazionali per agire. Ciò che manca è la “necessità politica”: esecutivi e parlamenti si muovono solo quando si genera una massa critica, una richiesta dal basso, una spinta dall’elettorato che impone risposte. Con le parole di Guterres: “Dalle scuole ai luoghi di lavoro, dalle comunità religiose ai social network, ovunque i cittadini del mondo intero alzino la voce”. Finché non lo faremo, sulla biodiversità come sul clima, difficilmente si farà abbastanza.
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Crogiolarsi al sole sulla spiaggia, per le tartarughe marine, non è una questione di relax, né di tintarella, ma di salute. Uscire dall’acqua di tanto in tanto e sostare sotto i raggi caldi consente a questi animali di regolare la propria temperatura corporea, favorendo anche il buon funzionamento del sistema immunitario e della digestione. Colpa