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Grazie alle alghe è possibile ottenere un biocarburante dalle proprietà chimiche identiche al gas da autotrazione. In Spagna circolano già le prime auto a biometano, mentre in Italia mancano norme appropriate.
Le alghe? Ottime per i cosmetici, specie per contrastare la formazione dei radicali liberi, gustose in cucina, come insegna la tradizione orientale, e funzionali per la realizzazione di oggetti d’uso comune quali materassi, fogli di carta e lampade. Nell’ultimo decennio, però, è emersa con maggiore frequenza un’ulteriore possibilità d’utilizzo di questi organismi naturali dalla struttura semplice. Le alghe, infatti, opportunamente trattate divengono un biocarburante che, nel Sud della Spagna, ha già iniziato ad alimentare le vetture.
La trasformazione delle alghe in carburante avviene in seguito alla coltivazione in bacini d’acqua all’interno dei quali le piante assorbono l’anidride carbonica rilasciata dai rifiuti domestici. Un processo non troppo dissimile da quanto recentemente presentato dal Gruppo industriale Cap che, con la partnership del Gruppo FCA (Fiat-Chrysler), ha realizzato il primo, vero, biometano “a chilometro zero” per autoveicoli, prodotto attraverso i fanghi e le acque reflue della città metropolitana di Milano. Nel caso delle alghe, lo stato dell’arte della trasformazione è appannaggio della società spagnola Aqualia che, nel Sud della penisola iberica, ha ottenuto il primo raccolto nel 2013, perfezionando anno per anno la coltivazione e le tecnologie sino a ottenere un biocarburante con le stesse proprietà chimiche del metano da estrazione.
Il biometano ottenuto negli stabilimenti spagnoli di El Torno Chiclana, in Andalusia, è pressoché identico al gas da autotrazione abitualmente bruciato dai motori dei veicoli bifuel. Può quindi essere destinato alle auto a metano senza alcun accorgimento tecnico. Vale a dire senza alcuna modifica al propulsore o agli altri organi meccanici. L’impianto, inserito nel progetto di ricerca All-gas project, eroga stabilmente carburante per una flotta di Volkswagen UP! impegnate in svariati tour promozionali attraverso il Paese.
Oltre che dalle alghe, il biometano può essere ottenuto dal trattamento dei gas generati da diverse tipologie di biomasse come, ad esempio, la parte umida dei rifiuti urbani, i fanghi, gli scarti agricoli e le deiezioni animali degli allevamenti. In Italia esistono diversi progetti in materia, in primis, come accennato, quello del Gruppo industriale Cap che sfrutta i fanghi e le acque reflue della città metropolitana di Milano. Ad oggi, però, il biometano non può, a causa della mancanza di norme appropriate, essere immesso nella rete di distribuzione. Può solo essere utilizzato… dal produttore stesso! Un “vuoto” legislativo che tarpa le ali sia ai costruttori, ad esempio Fiat, da tempo in prima linea per la diffusione di questo carburante, sia a un comparto industriale in grado di alimentare due milioni di veicoli l’anno, vale a dire circa il doppio dell’attuale parco circolante a metano. Un’opportunità da non perdere, specie considerando che altri Paesi europei, ad esempio Svezia e Olanda, da anni sfruttano il biometano, mentre Francia e Germania hanno emanato leggi favorevoli alla produzione. L’Italia è in ritardo.
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