
Venticinque esperti si confrontano su comunità energetiche, nucleare di nuova generazione, biocarburanti e termovalorizzazione dei rifiuti: “Serve coraggio e una coscienza collettiva”.
Il fenomeno dell’eutrofizzazione dei mari, ovvero l’aumento delle alghe dovuto alla presenza di sostanze come l’azoto, il fosforo e lo zolfo disciolte nell’acqua, ha degli effetti disastrosi sull’ecosistema acquatico. La proliferazione degli organismi vegetali, come le alghe, comporta la carenza di ossigeno e il blocco della circolazione delle correnti del mare impedendo la normale crescita
Il fenomeno dell’eutrofizzazione dei mari, ovvero l’aumento delle alghe dovuto alla presenza di sostanze come l’azoto, il fosforo e lo zolfo disciolte nell’acqua, ha degli effetti disastrosi sull’ecosistema acquatico. La proliferazione degli organismi vegetali, come le alghe, comporta la carenza di ossigeno e il blocco della circolazione delle correnti del mare impedendo la normale crescita e lo sviluppo della fauna marina. La causa di questi disastri ambientali è la mancanza di rispetto per il pianeta e per la vita delle generazioni future da parte dell’uomo. Lo sfruttamento spietato del mare per l’industria della pesca, il riscaldamento globale e gli scarti industriali tossici o domestici riversati nelle acque sono la causa dell’eutrofizzazione e quindi della perdita degli habitat marini.
Gruppi di scienziati in tutto il mondo si stanno dedicando alla soluzione di questo crescente problema attraverso vari sistemi di raccolta delle alghe in eccesso per la produzione di biocarburanti e biogas. Un esempio è il progetto Seafarm promosso dall’Università KTH in Svezia. I ricercatori capeggiati dal professore Fredrik Grondahl sono riusciti a produrre biogas dalle alghe raccolte lungo le coste della città di Stromstad, stimando che dall’eccesso di alghe lungo la costa di Trelleborg si potrebbe ricavare il corrispettivo di 2,8 milioni di litri di gasolio. Le cifre pubblicate dall’Enea sul confronto della resa delle alghe con le colture oleaginose per la produzione di biodiesel è significativa. Con un ettaro di suolo coltivato a mais si ottengono 152 chilogrammi di biocarburante, 562 con la soia, per arrivare a 51.927 con le microalghe a basso contenuto di olio e 121.104 chilogrammi con quelle a elevato contenuto d’olio.
Un progetto simile è nato in Italia a Marghera (Venezia) dove l’Autorità portuale di Venezia e l’Elnag s.r.l. si sono impegnate nella costruzione di una centrale di biomasse per la produzione di energia dalle alghe diatomee. Questo tipo di alga autoctona della laguna veneta viene raccolta e messa in incubatori dove, attraverso la fotosintesi, viene prodotto idrogeno e monossido di carbonio e, dopo il passaggio in una turbina a gas, convertito in energia sufficiente per l’autonomia dell’impianto, di tutto il porto e di parte del centro storico.
L’obiettivo dell’Unione europea è quello di incrementare del 10 per cento entro il 2020 la produzione di biocarburanti dalle alghe, dimostrando così che la lavorazione delle alghe è davvero la frontiera di una nuova economia, uno sviluppo produttivo sostenibile per salvare il pianeta.
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