Le ondate di caldo estremo hanno un grave impatto anche sul lavoro
In 20 anni sono state persi 677 miliardi di ore
Le perdite sono stimate i 2.100 miliardi di dollari all’anno
L’impatto dei cambiamenti climatici non si misura solamente osservando l’aumento della temperatura media globale, la fusione delle calotte polari o la perdita di biodiversità. L’effetto serra presenta ripercussioni dirette anche sul mondo del lavoro, ed in particolare sul numero di ore perse a causa delle ondate di caldo estremo.
Perso l’equivalente di 155 milioni di impieghi a tempo pieno
Nel periodo compreso tra il 2001 e il 2020, secondo quando indicato da uno studio pubblicato sulla rivista Environmental research letters, sono infatti ben 677 miliardi le ore di lavoro mancate, ogni anno, in media, in tutto il mondo. Il che equivale a circa 155 milioni di persone impiegate a tempo pieno. Un danno che, tradotto in termini economici, significa perdite per 2.100 miliardi di dollari all’anno.
#India loses 259 bn labour hours annually due to heat: Study
Come riferito dal quotidiano francese Novetich, le regioni che maggiormente sono colpite, in questo senso, sono quelle del sud-est asiatico. L’India, in particolare, registra circa la metà delle perdite mondiali complessiva, con l’equivalente di 62 milioni di posti di lavoro. Ma anche nazioni costiere come la Cambogia o isole come Tuvalu (quest’ultima nel Pacifico occidentale) hanno perso circa due mesi di lavoro per ciascun cittadino attivo, a causa in particolare delle ondate di caldo estremo.
“Per il caldo estremo perdite equiparabili a quelle provocate dalla pandemia”
“Queste perdite annuali – hanno precisato i ricercatori – sono sono assimilabili numericamente a quelle patite durante i lockdown a causa della pandemia provocata dalla diffusione del coronavirus. È stato stimato infatti che le chiusure abbiamo comportato la perdita dell’equivalente di 130 milioni di posti di lavoro a tempo pieno, a livello mondiale”.
Gli stessi autori dello studio hanno aggiunto che “gli impatti legati alle ondate di caldo associate ad alti tassi di umidità equivalgono o superano quelli provocati da altre cause di problemi di salute. È il caso dell’inquinamento dell’aria o della mancanza di acqua potabile”.
In Africa australe, e più precisamente in nazioni come il Sudan o la Sierra Leone, il caldo umido comporta perdite che ormai superano il 10 per cento del prodotto interno lordo. Mentre attorno al 5 per cento sono situati stati come Vietnam, Bangladesh e Indonesia. Per la Cina, le ondate di caldo estremo implicano una perdita dell’1,3 per cento. I settori più colpiti sono quello agricolo, forestale, della pesca e delle costruzioni. Gli autori della ricerca concludono che, di questo passo, nel 2100 potrebbe essere perso il 4 per cento del Pil mondiale soltanto a causa di tali fenomeni estremi.
Per attuare un vero Green new deal, abbiamo punti di forza, ma dobbiamo assolutamente fare di più: ecco cosa emerge dalla Relazione sullo stato della Green economy presentata e discussa a Ecomondo 2019
Le ondate di calore e il caldo eccessivo ci faranno lavorare meno e in maniera meno produttiva, già nel 2030. L’agricoltura il settore maggiormente colpito, ma avremo problemi nel turismo, nella raccolta dei rifiuti, nell’edilizia.
Gli eventi climatici estremi hanno portato il Malawi a una situazione di emergenza. Attraverso loss and damage, il paese ha ottenuto l’aiuto della Scozia.
Una crescita economica di 22mila miliardi di euro, 65 milioni di nuovi posti di lavoro e 700mila morti premature evitate, da qui al 2030. Ecco cosa significa lavorare per il clima.
Numeri, ma non solo. Nelle decisioni degli investitori rientrano anche aspetti molto diversi da quelli che siamo soliti immaginare. In primis, il clima.
L’industria del ciclismo offre impiego ad un numero maggiore di persone rispetto a cave e miniere. Si potrebbe arrivare ad un milione di posti di lavoro entro il 2020.