
Temendo la presenza di rifiuti tossici, la Groenlandia ha interrotto l’estrazione dell’uranio. Ora potrebbe essere costretta a ricominciare. O a pagare 11 miliardi di dollari.
Da Greenpeace cifre drammatiche sull’inquinamento, per la salute ma anche per l’economia: 4,5 milioni di morti premature, 2.900 miliardi di euro bruciati. Un modo per convincere gli Stati che riconvertire conviene.
L’inquinamento atmosferico minaccia la nostra salute ma anche la nostra economia. Causando milioni di morti premature ogni anno e aumentando i rischi di infarto, cancro ai polmoni e asma, con un costo economico di migliaia di miliardi di dollari. Ogni anno, inoltre, circa 40mila bambini al di sotto dei cinque anni muoiono per malattie dovute all’esposizione alle pm 2.5, le polveri sottili di dimensioni medie, derivato dalla combustione di combustibili fossili. E, sempre tra i più piccoli, sono 4 milioni i nuovi casi di asma che si registrano ogni anno.
Ma non è tutto: l’inquinamento comporta anche quasi 2 miliardi di giorni di assenze da lavoro per malattia, con una perdita economica pari a circa 101 miliardi di dollari all’anno. È questo il prezzo che tutti noi paghiamo per colpa dei combustibili fossili: a rivelarlo sono i dati del nuovo rapporto di Greenpeace Aria tossica: il costo dei combustibili fossili, realizzato con il supporto del Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea).
Our briefing on the results and methodology is available here:https://t.co/y4F0ikGMrL
— Centre for Research on Energy and Clean Air (@CREACleanAir) February 12, 2020
Dati estremamente allarmanti: si stima infatti che nel mondo si registrino 4,5 milioni di morti premature ogni anno, 56 mila delle quali in Italia, anche se il costo maggiore in termini di vite umane ricade su nazioni lontane dell’Europa (la Cina, l’India, ma anche gli Stati Uniti).
Leggi anche: Inquinamento dell’aria, cosa respiriamo ogni giorno
Ma non è tutto: Greenpeace e Crea hanno provato a quantificare, per la prima, i danni derivanti dalle fonti fossili anche da un punto di vista strettamente economico. Il che dovrebbe far comprendere anche imprese e governi, magari interessati più al profitto che alla salute dell’uomo e del pianeta, che è comunque vantaggioso trovare delle alternative “pulite”.
Bruciare carbone, petrolio e gas ha un prezzo che paghiamo nell’aria che respiriamo… abbiamo deciso di calcolarlo e i risultati sono scioccanti: in Italia si stimano all’incirca 56mila morti premature e 61 miliardi di dollari all’anno. #CleanAirNow https://t.co/Amev2uLQkx — Greenpeace Italia (@Greenpeace_ITA) February 12, 2020
Secondo Greenpeace, infatti, le perdite economiche sono pari a 2.900 miliardi di dollari, equivalenti al tre per cento del prodotto interno lordo mondiale. Qualcosa come cioè 8 miliardi di dollari al giorno. La Cina continentale, gli Stati Uniti e l’India sostengono i costi più elevati dell’inquinamento dell’aria causato dai combustibili fossili, pari rispettivamente a 900, 600 e 150 miliardi di dollari all’anno. L’Italia arriva “solamente” a 61 miliardi. Incentivi al carbone, distruzione di habitat naturali, spese mediche sono tutti fattori che contribuiscono al conto salato che i singoli stati pagano all’inquinamento.
See the results mapped by economic area:https://t.co/BnL93Qe8nH
— Centre for Research on Energy and Clean Air (@CREACleanAir) February 12, 2020
Anche per questo motivo, spiega Greenpeace Italia “è essenziale che il governo italiano non faccia passi indietro sull’abbandono del carbone al 2025, come invece l’ultima versione del Pniec, il Piano nazionale integrato energia e clima, sembrerebbe suggerire. Occorre andare con coraggio e decisione verso le energie rinnovabili, abbandonando false soluzioni come il gas. E i grandi attori privati come banche e assicurazioni devono smettere di elargire finanziamenti ai combustibili fossili”. Transizione verso le rinnovabili, forme di mobilità pubblica e meno impattanti sono alcune delle soluzioni future prospettate dall’associazione ambientalista.
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