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Strade bloccate, aeroporto preso d’assalto, migliaia in piazza. Barcellona ha reagito duramente alle condanne del leader indipendentisti catalani.
Erano passati soltanto pochi minuti dalla condanna, da parte della giustizia spagnola, di nove dirigenti indipendentisti catalani e già le strade di Barcellona cominciavano a riempirsi. “Non possiamo restare a casa senza fare nulla”, si dicevano i militanti. Le loro organizzazioni, nello stesso momento, annunciavano manifestazioni “che dureranno a lungo”.
La sentenza a danno dei leader del movimento indipendentista è stata giudicata in effetti da una parte degli osservatori europei particolarmente dura. Le pene sono state comprese infatti tra 9 e 13 anni di reclusione, per i reati di sedizione e malversazione a danno dello stato. I sette magistrati si sono espressi all’unanimità, condannando di fatto i dirigenti per essersi “ribellati”.
I have no right to comment on Catalan independence. It is for the Catalans to decide. BUT, the rest of us must rise up against politicians being sentenced to long prison stretches in the heart of Europe for pursuing political agendas mandated by voters https://t.co/kxLAoBznj4
— Yanis Varoufakis (@yanisvaroufakis) October 14, 2019
Si tratta dell’applicazione di norme che ha un solo precedente nella storia recente della Spagna (ovvero dal ritorno alla democrazia dopo la dittatura del generalissimo Franco). Era il 23 febbraio 1981: all’epoca, il procedimento fu avviato nei confronti del generale Tejero, per aver guidato un tentativo di colpo di stato.
Due anni fa, infatti, il 1 ottobre 2017, si è tenuto un referendum attraverso il quale i cittadini catalani hanno votato a favore di una dichiarazione unilaterale di indipendenza. Il re di Spagna Filippo VI aveva parlato di “condotta irresponsabile che può mettere in pericolo la stabilità economica e sociale di tutta la Spagna”. Ciò nonostante, poche settimane dopo il parlamento della Catalogna ha approvato, venerdì 27 ottobre, l’avvio di un “processo costituente” con l’obiettivo di raggiungere l’indipendenza dalla Spagna.
L’allora primo ministro Mariano Rajoy aveva reagito immediatamente, chiedendo di destituire l’esecutivo della Catalogna, a cominciare dal presidente Carles Puigdemont. Al contempo, la procura generale spagnola aveva annunciato l’apertura di un procedimento contro il Parlamento catalano per “ribellione”. https://www.youtube.com/watch?v=06xMBzqC_jY Lo stesso Puigdemont era stato quindi costretto a rifugiarsi in Belgio per sfuggire ad un mandato di cattura. E, a Barcellona, i lealisti nei confronti di Madrid erano scesi in piazza per dichiarare la loro volontà di non abbandonare la Spagna.
Dopo la sentenza del 14 ottobre 2019, la questione catalana torna ora ad occupare le prime pagine dei giornali europei. Nel pomeriggio, a Barcellona il centro storico era già attraversato da parecchie migliaia di persone, che reclamavano “libertà per i prigionieri politici”. Il corteo si è quindi incamminato verso l’aeroporto della città, al fine di tentare di occuparlo.
Acostar la labor del #Govern d’Espanya a la ciutadania de tot el país, a les persones a les quals servim. Amb aquest objectiu hem celebrat el Consell de Ministres a Barcelona. Treballem des de la política i el diàleg per donar resposta a les necessitats de la societat espanyola. pic.twitter.com/xotGCsxYZ5
— Pedro Sánchez (@sanchezcastejon) December 21, 2018
La polizia in tenuta anti-sommossa ha caricato a più riprese alcune centinaia di militanti che hanno cercato di accedere ai terminal. I manifestanti hanno risposto lanciando pietre e incendiando dei cassonetti. Il bilancio, secondo fonti sanitarie, è stato alla fine di 53 feriti. Mentre sono stati 108 i voi annullati dal gestore dello scalo Aena. “Le strade rimarranno nostre”, hanno assicurato gli indipendentisti. Per questo il primo ministro socialista Pedro Sanchez ha inviato dei rinforzi per aiutare le forze dell’ordine presenti sul posto.
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