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Ex bambini di strada guidano i turisti nella vita nascosta della capitale. Sono 11 milioni i bambini che in India vivono sui marciapiedi.
Nella notte tra il 7 e l’8 gennaio, sull’account Instagram non ufficiale dell’artista britannico Banksy è comparsa una foto. Un’immagine che rappresenta al meglio tutte le parole spese finora sull’attentato terroristico compiuto nella redazione del settimanale satirico francese Charlie Hebdo, in rue Nicolas Appert a Parigi. Nell’immagine si vede una matita, ieri. Seguita
Nella notte tra il 7 e l’8 gennaio, sull’account Instagram non ufficiale dell’artista britannico Banksy è comparsa una foto. Un’immagine che rappresenta al meglio tutte le parole spese finora sull’attentato terroristico compiuto nella redazione del settimanale satirico francese Charlie Hebdo, in rue Nicolas Appert a Parigi.
Nell’immagine si vede una matita, ieri. Seguita da una matita spezzata, oggi. Che si trasforma in due matite, domani.
I tre terroristi che alle 11:30 di mercoledì 7 gennaio 2015 sono entrati nella redazione di Charlie Hebdo uccidendo 12 persone, tra cui quattro vignettisti e due agenti di polizia, ferendone altre 11, hanno simbolicamente dichiarato guerra a delle matite con delle armi da fuoco. Le hanno spezzate, le hanno fatte cadere a terra mentre erano all’opera nelle mani dei loro proprietari durante una riunione di redazione. Le hanno sporcate e hanno imbrattato i fogli su cui le punte stavano tracciando nuovi tratti.
Per pochi istanti è parso che i terroristi avessero vinto. Che la polvere da sparo presente nei proiettili fosse davvero più forte della grafite all’interno delle matite. Poi dalle matite spezzate ne sono nate decine, centinaia, migliaia che hanno affollato per ore, a partite dal tardo pomeriggio di ieri, le piazze di molte città europee. Matite che si sono affrettate a scrivere la frase “Je suis Charlie”, io sono Charlie, su fogli sporchi, riciclati da stampe venute male.
Del resto il direttore di Charlie Hebdo, Stephane Charbonnier, 47 anni, “Charb” sulle sue vignette, anche lui tra le vittime dell’attentato, lo aveva detto: “Non ho paura delle rappresaglie”. Forse perché sapeva che le sue vignette e quelle degli altri artisti che lavoravano per Charlie Hebdo sarebbero comunque sopravvissute a qualsiasi minaccia, a qualsiasi censura.
Oggi, molti di quei giornali che fino a ieri non si sarebbero mai sognati di ospitare le sue vignette, le hanno pubblicate in prima pagina. Un omaggio che va oltre il riconoscimento del coraggio delle persone che lavoravano per Charlie Hebdo. Un gesto che vuole proteggere il diritto alla libertà di stampa e di espressione di ognuno di noi.
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