Lo scorso anno quasi 14 milioni di persone hanno visitato l’arcipelago delle Canarie. Troppi per i 2 milioni di abitanti.
Che cosa è lo zen?
Alla domanda “che cosa è lo zen” non si può rispondere con una semplice formula; è come se cercassimo di conoscere l’intima natura della vita
Alla domanda “che cosa è lo zen” non si può rispondere con una semplice formula; è come se cercassimo di conoscere l’intima natura della vita, descrivendone semplicemente le varie forme. Così lo zen. Per sua natura sfugge a qualsiasi definizione. Come la vita, si può e non si può capire. Come la vita, si può cogliere con l’intuizione, si può percepirne lo spirito attraverso la pratica.
La tradizione fa risalire l’origine dello zen al momento in cui il Budda raggiunse l’illuminazione. Dopo la sua morte, la predicazione del Budda fu variamente interpretata e rielaborata, e ciò diede origine a diversi filoni, tutti ispirati al pensiero originale, ma ognuno sviluppatasi in una direzione diversa. Fu Bodhidarma, nel 527 d. C., che – con il proposito di ritornare allo spirito originale della predicazione del Budda – introdusse il Buddismo in Cina.
Lo zen nasce praticamente dall’incontro tra gli sviluppi più elevati della filosofia indiana con il taoismo e con la peculiare natura della mentalità cinese, pragmatica e intrisa di confucianesimo; con l’aggiunta, infine di quel quidi indefinibile che vi impresse Bodhidarma.
Dalla scuola Mahayana, una delle correnti del buddismo che incise più profondamente sul carattere dello zen, si attinge il concetto di “buddità essenziale” implicita in ogni esistenza in tutti i livelli della creazione, da cui consegue la più completa tolleranza e accettazione verso ogni essere e ogni cosa. Anche la finalità ultima dello zen è la stessa del buddismo: la libertà dello spirito.
Dal taoismo deriva il concetto dell’eterno fluire della vita in cui non hanno mai termine i processi di crescita e di mutamento; in cui tutto è nuovo ed eterno allo stesso tempo; in cui l’uno e il molteplice rappresentano la stessa identica realtà.
Taoista è anche il principio del wu wei, il “non fare”, così importante nello zen, il fluire in sintonia con gli eventi, il dominarli addattandovisi.
Lo spirito pratico della mentalità cinese porta lo zen a eliminare ogni traccia di intellettualismo e a concentrare l’attenzione sulla vita di tutti i giorni nei suoi vari aspetti. I più profondi valori dello spirito devono esprimersi attraverso l’azione e il lavoro, in ogni momento della giornata.
D’altra parte lo spirito umanista, innato nella visione cinese, porta a porre l’accento sull’uomo, sull’esperienza quotidiana e sulle esperienze concrete. La sapienza, per un cinese, non può mai comportare una fuga dal mondo. E’ proprio quest’interesse sull’uomo, sulla condizione umana e sul mondo, che ha portato la prospettiva filosofica cinese, di cui anche lo zen si è fatto interprete, a elevare la compassione allo stesso livello della sapienza.
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