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Situazione siccità sempre più grave: l’unica buona notizia è che le falde acquifere sono state poco intaccate, ma servono investimenti.
Il New York Times rivela la strategia del presidente Donald Trump: imporre paletti agli studi sul clima per ottenere risultati coerenti con le sue politiche.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump vuole ad ogni costo imporre al mondo la propria visione negazionista sui cambiamenti climatici. E, per riuscirci, ha deciso di lanciare un attacco alla scienza. A spiegarlo è una lunga analisi apparsa il 27 maggio sul New York Times, che riferisce in che modo il miliardario americano stia lavorando per modificare i risultati di rapporti, ricerche e studi di climatologi, fisici e geologi americani.
President Trump’s attacks on climate science are horrible and dangerous. This administration has repeatedly and systematically worked to undermine our efforts to combat climate change. https://t.co/qBh177jsra
— Senator Patty Murray (@MurrayCampaign) 29 maggio 2019
“Nel prossimo futuro – scrive il prestigioso quotidiano – la Casa Bianca avvierà un piano volto a smantellare le iniziative assunte dall’amministrazione Obama al fine di limitare le emissioni di gas ad effetto serra”. Per riuscirci, però, Trump deve poter avere a disposizione studi scientifici che siano “coerenti” con la propria politica.
In che modo? Imponendo ai ricercatori una metodologia utile ad ottenere dei risultati meno catastrofici in termini di riscaldamento climatico. Così, ad esempio, il direttore (scelto da Trump) della United States Geological Survey (Usgs), James Reilly – un ex astronauta e geologo specializzato in giacimenti petroliferi – ha ordinato un profondo cambiamento all’interno del proprio istituto.
The Trump administration’s brilliant plan to address the economic impacts of climate change: pretend it doesn’t exist by undermining settled science. https://t.co/uT7TjkXsdK #ScienceNotSilence (feat. @CoralMDavenport and @mikiebarb via @nytimes)
— Sierra Club (@SierraClub) 29 maggio 2019
“Tutti gli studi prodotti – spiega il New York Times – dovranno utilizzare unicamente modelli climatici computerizzati che predicano l’impatto del clima di qui al 2040. E non più al 2100, come fatto fino ad ora. Ciò poiché gli effetti più importanti si produrranno nella seconda parte del secolo”.
In questo modo, l’allarme sarà decisamente ridotto. E tra i rapporti che verranno distorti ci sarà anche il National Climate Assessment, prodotto da numerose agenzie ogni quattro anni dal 2000. Nell’ultima edizione, gli scienziati avevano affermato che – nel caso in cui le emissioni di CO2 continuassero a crescere al ritmo attuale – alla fine del secolo di potrebbe arrivare ad una temperatura di ben otto gradi superiore rispetto ai livelli pre-industriali. Contro gli 1,5-2 gradi indicati dall’Accordo di Parigi come il limite massimo per evitare la catastrofe.
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“Siamo di fronte ad un tentativo di politicizzare la scienza, spingendola in una direzione che sostenga le loro scelte”, ha commentato Philip B. Duffy, presidente del Woods Hole Research Center ed ex dirigente della National Academy of Sciences. Da parte sua, invece, l’attuale portavoce dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente, il “trumpiano” James Hewitt, ha affermato che “i modelli utilizzati in precedenza non erano accurati e si basavano sui peggiori scenari in termini di emissioni, non riflettendo la realtà”.
Una volta modificati i modelli, secondo l’analisi del New York Times, il lavoro si concentrerà sul cambiamento dei risultati delle ricerche. A tale scopo lavorerà il 79enne William Happer, un uomo che nel 2014 affermò che “prendersela con la CO2 è come quando Hitler se la prendeva con i poveri ebrei”.
Anche il nostro giornale si è occupato di tale controverso scienziato. Nel 2015, in piena Cop 21 di Parigi, l’associazione Greenpeace pubblicò un’inchiesta che fece il giro del mondo. Alcuni militanti ambientalisti si spacciarono per emissari di grandi imprese, contattando alcuni professori di prestigiose università come quelle di Princeton e della Pennsylvania. Tra i quali proprio Happer.
In the next few months, the Trump administration will complete the rollback of the most significant federal effort to curb greenhouse-gas emissions, initiated during the Obama administration https://t.co/FuJQdqBzke
— The New York Times (@nytimes) 27 maggio 2019
Gli fu così proposto di scrivere un rapporto per conto di “una compagnia petrolifera del Medio Oriente”. L’attivista di Greenpeace che lo contattò disse di essere un consulente in pubbliche relazioni con sede a Beirut, in Libano. E fu del tutto esplicito: “Le scrivo per conto di una società preoccupata per l’impatto che potrebbe avere la Cop 21 che si terrà tra poche settimane. Pensiamo che, tenendo conto del suo importante lavoro sul tema, un breve articolo scritto o firmato da lei possa rappresentare un’operazione importante per il nostro cliente”.
Happer accettò senza remore, e precisò che il suo onorario per il servizio era di 250 dollari l’ora. Il docente, però, chiese che la somma non fosse versata direttamente a lui ma alla “CO2 Coalition”, un’associazione climatoscettica che lo avrebbe poi rimborsato. Il falso emissario chiese allora ad Happer se fosse possibile mantenere segreta la forma di finanziamento: “Se scrivo da solo l’articolo – rispose lo scienziato – non vedo alcun problema a precisare nel testo che l’autore non ha ricevuto alcun compenso per il testo”. Contattato dal quotidiano Le Monde, il docente non commentò, né smentì la ricostruzione di Greenpeace.
Sarà dunque proprio Happer, riferisce ancora il New York Times, a coordinare lo sforzo nel tentativo di “orientare” la scienza per conto di Trump. Va detto però che “non tutte le agenzie scientifiche sembrano accettare tale cambiamento”. Un portavoce della National Oceanic and Atmospheric Administration al quale è stato chiesto se i ricercatori adotteranno limitazioni nei modelli, ha affermato che “non è previsto alcun cambiamento allo stato attuale”.
Thank you, @nytimes, for making this @nytclimate, the top story on your website. The Trump administration’s cover up of the findings of climate science is absolutely the most consequential news of the day. #EndClimateScience pic.twitter.com/o3Ckfazkdo
— EndClimateSilence.org (@EndClimtSilence) 28 maggio 2019
Tuttavia il rischio concreto è che diventi nel prossimo futuro molto difficile capire quali studi sul clima provenienti dagli Stati Uniti siano davvero attendibili. “Si tratta di un atteggiamento arrogante e di una mancanza di rispetto verso i progressi della scienza”, ha aggiunto Johan Rockström, direttore dell’Istituto Potsdam sugli Impatti dei cambiamenti climatici. “Nessuno nel mondo fa scienza in questo modo – ha commentato sconsolato Michael Oppenheimer, docente di geoscienze a Princeton -. È come progettare automobili senza cinture di sicurezza e airbag”.
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