
L’installazione artistica che ha abbattuto il muro tra Messico e Stati Uniti grazie a delle altalene rosa si è aggiudicata il premio come miglior design del 2020.
Il Co-Housing nasce in Scandinavia intorno alla fine degli anni ’60, si tratta di un microquartiere a misura d’uomo, solidale ed ecosostenibile.
Immaginate un microquartiere a dimensione d’uomo grande quanto
un borgo tradizionale, un insediamento collettivo ecosostenibile,
progettato in modo da facilitare lo sviluppo del rapporto di
amicizia e di
comunità, e recuperare dimensioni perdute della
mutualità, della solidarietà
e del vicinato. Un vero e proprio villaggio urbano abitato da 20/40
famiglie e single che, sceltisi, decidono di condividere beni e
servizi. Un luogo sano, rispettato e curato, dove è
possibile adottare stili di vita orientati alla condivisione e al
reciproco aiuto.
Immaginate che le abitazioni di questo microquartiere, costruite
con risparmi di costi e benefici di natura ecologica, dove
coesistono spazi privati (la propria abitazione) e spazi comuni,
godano di servizi condivisi come il micronido, la lavanderia, la
palestra, il locale hobby, la serra-orto condominiale, con
coltivazioni biologiche e biodinamiche, la cucina per le feste e le
cene collettive, la piscina, la biblioteca, l’appartamento per gli
ospiti, il laboratorio fai-da-te e, dulcis in fundo, un centro
servizi per pagare le bollette.
Bene, tutto questo non è un sogno ma si chiama invece
cohousing, e in piccola scala è una nuova concezione
derivata dal concetto di Unitè d’Habitation di Le
Corbusier. Il cohousing rappresenta oggi l’esperienza quotidiana di
migliaia di persone in tutto il mondo che hanno scelto di vivere in
una comunità residenziale a servizi garantiti e
condivisi.
Il termine cohousing, utilizzato appunto per definire gli
insediamenti abitativi composti da abitazioni private, corredate da
ampi spazi, coperti e scoperti, destinati all’uso comune, con costi
e benefici di natura ecologica, è nato come una risposta
contemporanea alla “solitudine sociale”, all’emarginazione
dell’individuo nel quartiere, al suo desiderio di ridurre la
complessità della vita, dello stress e
dei costi di gestione delle attività quotidiane. Infatti, da
un’analisi condotta negli Usa, risulta che condividendo servizi
come il carsharing (co-proprietà e uso comune
dell’automobile) e quelli sopra descritti, ogni nucleo abitativo di
una comunità cohousing ha un risparmio del 15/20% sul
bilancio familiare.
Il cohousing, dunque, è una realtà che va
affermandosi anche in Italia e per le sue caratteristiche –
equilibrio tra privato e sociale, ambiente sicuro e accogliente per i
bambini, stile di vita pratico e spontaneo,
comunità inter-generazionale, disegno e costruzione
ambientale che dà priorità al pedone e all’uso dello spazio
aperto – rappresenta una delle soluzioni più
interessanti per le sfide sociali e ambientali di oggi e del futuro
prossimo.
Maurizio Torretti
Immagine: Ibsgaarden cohousing project, in
Danimarca
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