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I compiti delle vacanze sono utili, oppure rischiano di essere addirittura controproducenti? Pareri a confronto e alcuni consigli per affrontarli al meglio
È uno tra gli argomenti più dibattuti di sempre, classico tormentone estivo insieme all’afa e alla prova costume: i compiti delle vacanze. Sono davvero necessari? Contribuiscono alla cultura dei bambini, ne migliorano la preparazione e ne allenano le giovani menti, oppure “servono” soltanto a rovinare le agognate ferie (non solo ai piccoli, talvolta, ma anche ai loro genitori)?
Sull’argomento, manco a dirlo, circolano le opinioni più disparate. Nemmeno tra gli addetti ai lavori esiste infatti un punto di vista unanime sui compiti delle vacanze. E se l’attuale ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, ha invitato gli insegnanti a “non esagerare”, ripetendo l’esortazione già lanciata in occasione delle ultime festività natalizie, per la maggior parte di maestri e professori i compiti delle vacanze restano ancora un elemento irrinunciabile. Si va dalle liste di libri da leggere durante l’estate ai temi, fino ai classici libri con esercizi di riepilogo, passando per le soluzioni più creative come i diari di viaggio da presentare alla classe al ritorno dalle vacanze.
La consuetudine tanto radicata di assegnare agli studenti di tutte le età una quantità variabile di compiti da svolgere durante le vacanze dipende forse dal fatto che l’Italia è uno dei paesi europei in cui la chiusura estiva delle scuole dura di più (13 settimane circa, rispetto, per esempio, alle 6 della Germania, 9 di Francia e Austria, 11 della Spagna e 6 dell’Olanda). Una pausa tanto lunga, in assenza di esercizi da fare a casa, potrebbe forse complicare la ripresa autunnale delle attività scolastiche. È il parere di alcuni docenti, psicologi e pedagogisti, secondo i quali un trimestre di ozio totale sarebbe dannoso per gli studenti. La pensa così Manuela Cantoia, Docente di psicologia cognitiva dell’Università E-Campus, che in una intervista alla Repubblica ha dichiarato: «I compiti per le vacanze servono a non perdere l’allenamento allo studio, l’importante è che siano personalizzati rispetto alle specifiche esigenze dello studente».
Non mancano, però, voci autorevoli che reputano i compiti estivi solo una seccatura, una prassi non necessaria al benessere dei bambini, e che pertanto dovrebbe essere abolita senza troppi rimpianti. È il caso, per esempio, di Maurizio Parodi, pedagogista e dirigente scolastico genovese che al tema ha dedicato un libro (Basta compiti!, 2016, Sonda Editore) e un sito. Secondo Parodi, i bambini sono ormai sovraccarichi di impegni scolastici ed extrascolastici, per cui necessitano di un tempo di riposo in cui ricaricare le batterie e dedicarsi al cosiddetto “gioco libero”, sostanzialmente negato durante l’anno a causa di agende fitte e ritmi serrati. Il docente, che ha lanciato una petizione online, firmata da quasi 35.000 persone, per chiedere l’abolizione definitiva dei compiti per casa (non solo quindi durante le vacanze), ritiene che i compiti siano dannosi anche perché finiscono col suscitare odio per la scuola e repulsione per la cultura. Dello stesso parere il pediatra milanese Italo Farnetani, docente alla Libera Università degli studi di Scienze umane e tecnologiche di Malta. «Bambini e adolescenti non devono fare assolutamente i compiti durante le vacanze: le scuole chiudono non per mandare in ferie gli insegnanti, ma far riposare gli alunni – ha dichiarato in una recente intervista ad AdnKronos Salute – Per il loro benessere è necessario permettere loro di staccarsi completamente dallo stress legato all’apprendimento».
A sostegno della tesi “no ai compiti delle vacanze”, ci sarebbero anche i dati del Pirls 2016, una indagine internazionale che, tra le altre cose, indaga periodicamente l’abilità di Lettura dei bambini di quarta elementare. Secondo l’ultimo aggiornamento, pubblicato nella primavera del 2019, hanno ottenuto un punteggio più alto gli alunni che ricevono una dose minima di compiti per casa, spesso neppure ogni giorno. Più nel dettaglio, quando il compito per casa richiede un impegno di oltre 60 minuti, il punteggio scende a 531 punti, mentre i bambini chiamati a cimentarsi con un lavoro che richiede meno di 15 minuti hanno ottenuto un punteggio medio di 552 punti.
Al di là dei pareri controversi di esperti e addetti ai lavori, i compiti delle vacanze sono ancora una realtà per la maggior parte degli studenti italiani, e di conseguenze delle loro famiglie. Come fare per affrontarli al meglio ed evitare che diventino un problema per tutti? Per prima cosa, è sempre valido il consiglio di non ritrovarsi a settembre con tutto il lavoro ancora da svolgere. Meglio, invece, cercare di distribuire i compiti durante l’intero periodo di chiusura delle scuole, stabilendo insieme al bambino dei ritmi da seguire: un’ora al giorno, per esempio, oppure un certo numero di pagine da leggere o di esercizi da eseguire tutti i pomeriggi. In alternativa, specie con i bambini più grandi, si può scegliere di dedicare ogni giorno della settimana a una determinata materia, garantendo comunque dei momenti di totale riposo nel fine settimana.
È importante, in ogni caso, non mostrarsi troppo inflessibili, concedendo delle deroghe in momenti di maggiore stanchezza o in occasione di giornate particolari e prevedendo una pausa di completo relax nelle prime settimane dopo la fine dell’anno scolastico. Un sistema che può rendere meno ingrato il lavoro può essere quello di condividere con i propri figli il tempo dedicato allo studio, sfruttandolo per esempio per leggere un libro, rispondere a delle email, sistemare la contabilità o lavorare da casa mentre i bambini fanno i compiti. Un altro spunto potrebbe essere quello di leggere i libri consigliati per l’estate dai professori, così da poter poi condividere pareri e riflessioni coi propri figli. Sarebbe invece del tutto controproducente sostituirsi a loro nello svolgimento dei compiti delle vacanze, perché finirebbe col deresponsabilizzarli e minare la loro fiducia in se stessi. Meglio lasciare che sbaglino, piuttosto che “fare al posto loro”.
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