Riduzione dei consumi di gas in Europa, chi ci guadagna e chi ci rimette

L’Europa taglierà del 15 per cento, su base volontaria, i consumi di gas: il ruolo della Germania, le proteste della Spagna, la situazione italiana.

  • L’Unione europea ha raggiunto un accordo per ridurre il consumo di gas fino alla fine di marzo.
  • La riduzione sarà del 15 per cento, ma flessibile, e volontaria, a meno di emergenze.
  • L’Italia, proprio grazie alla flessibilità, potrà diminuire i consumi anche solo del 7 per cento.

L’Unione europea ha raggiunto un accordo per ridurre il consumo di gas da qui alla prossima primavera, per far fronte ai tagli delle forniture provenienti dalla Russia in seguito al conflitto avviato da Mosca in Ucraina. I ministri dell’Energia dei 27 Paesi membri, nella giornata di martedì 26 luglio, hanno raggiunto un accordo quasi unanime – l’Ungheria è stata l’unica a non approvarlo – sulla base di una proposta della Commissione europea (alla quale sono state apportate alcune determinanti modifiche), che punta a ridurre i consumi fino a un massimo del 15 per cento, su basa volontaria, nel periodo tra il 1 agosto e il 31 marzo 2023.

Con l’approvazione del nuovo piano, tutti i consumatori – pubbliche amministrazioni, famiglie, proprietari di edifici pubblici, fornitori di energia elettrica, industrie – sono chiamati a prendere provvedimenti per risparmiare gas. Nel frattempo, la Commissione si impegna ad accelerare le misure per diversificare le fonti di approvvigionamento, anche attraverso acquisti comuni, in modo che l’Unione possa contare su fornitori alternativi. Nel frattempo, però, chi ci guadagna e chi ci rimette da questo accordo?

Obbligazioni verdi, Unione europea
I governi europei si sono accordati su un piano di riduzione dei consumi di gas © Jeremy Bezanger/Unsplash

I punti chiave dell’accordo sulla riduzione del consumo di gas

Questi i dettagli dell’accordo raggiunto su quella base dai ministri dell’Energia:

  • In seguito alle lamentele e alle critiche di alcuni paesi tra cui Spagna, Portogallo, Polonia, è stata alla fine introdotta una flessibilità dell’obiettivo, che sarà modulabile sulla base delle esigenze, del livello di stoccaggio raggiunto dai singoli paesi, e anche delle capacità di esportazione dell’eventuale parte di gas non utilizzata, secondo un principio di solidarietà: l’Italia, ad esempio, in virtù dei progressi fatti già negli scorsi mesi, dovrà ridurre i consumi solamente del 7 per cento.
  • Il Consiglio europeo (e non la Commissione, come previsto nella proposta) avrà inoltre la possibilità di dichiarare, previa consultazione degli Stati membri, uno stato di “allarme dell’Unione” per motivi di sicurezza legati all’approvvigionamento e di imporre una riduzione obbligatoria della domanda di gas, e ulteriori misure. Lo stato di allarme dell’Unione può scattare in presenza di un rischio sostanziale di grave penuria di gas o di una domanda eccezionalmente elevata.
  • Entro la fine di settembre gli Stati membri dovranno aggiornare i piani nazionali di emergenza per definire le modalità con cui intendono raggiungere l’obiettivo di riduzione, e riferire alla Commissione ogni due mesi sui progressi compiuti in tal senso. Gli Stati membri che chiedono forniture di gas appellandosi al principio di solidarietà saranno tenuti a dare prova di quanto fatto per ridurre la domanda interna.

Come detto, non sono mancate le polemiche intorno all’accordo, accettato da molti paesi solo dopo l’introduzione di quel meccanismo di flessibilità che, come detto, premia l’Italia in virtù del fatto che Roma ha già raggiunto una capacità del 71 per cento di stoccaggio di gas: il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani ha spiegato infatti che “per noi non poteva andare meglio, considerando che abbiamo già previsto un programma di risparmio uguale, se non superiore al 7 per cento”.

Le critiche della Spagna e il ruolo della Germania

Il paese che è stato maggiormente recalcitrante all’accordo, a parte ovviamente l’Ungheria di Viktor Orban che lo ha definito “irrealizzabile”, è stato la Spagna, al punto che la ministra per la Transizione Teresa Ribera ha dichiarato chiaro e tondo che “stiamo stati costretti a dire di sì” a un accordo che “non soddisfa tutti coloro che vorrebbero che fosse la questione fosse stata affrontata anche dal loro punto di vista”. Il riferimento, neanche troppo velato, alla Germania, vera ispiratrice di questo accordo.

Quello di Berlino è infatti il governo più penalizzato dalla crisi energetica, vista la forte dipendenza della prima economia europea dal gas russo: solamente da pochi giorni, con la riapertura del gasdotto Nord Stream I rimasto chiuso per venti giorni, la Germania è uscita da una fase critica che l’aveva portata, già in estate, a dover far ricorso alle riserve di gas stoccate, in una fase in cui invece tutti gli altri paesi ne stanno accumulando in vista dell’inverno. Anche la Spagna risulta alla fine tra i paesi che potranno abbattere di qualche punto la riduzione dei consumi.

La Germania, sulla base della proposta della presidente della Commissione Ursula von der Leyen, è però avvantaggiata dalla posizione geografica e dalla presenza di infrastrutture che la rendono un paese potenzialmente esportatore.

Dieci anni fa non ci fu solidarietà durante la crisi finanziaria

Al contrario della Spagna e del Portogallo che, per limiti infrastrutturali e perché collegati all’estremità occidentale del Continente, possono di fatto quasi solo ricevere gas. Ribera, secondo quanto spiegato da El Pais, avrebbe fatto presente alla Commissione che “non ha senso che ci siano paesi che riducono del 15 per cento la domanda di gas se poi non possono inviare ciò che non hanno consumato in altri stati dell’Unione, perché i gasdotti non hanno capacità o perché il paese ricevente non dispone di impianti di rigassificazione per prelevare il gas liquefatto che viene inviato”. Lo stesso concetto di solidarietà, ha rimarcato inoltre il governo spagnolo, non è stato applicato quando dieci anni fa ad essere in difficoltà, per motivi in quel caso finanziari, erano paesi come la stessa Spagna o la Grecia.

Ursula von der Leyen ha commentato l’accordo spiegando che “agendo insieme per ridurre la domanda di gas, tenendo conto di tutte le specificità nazionali rilevanti, l’Ue ha assicurato solide basi per l’indispensabile solidarietà tra gli Stati membri di fronte al ricatto energetico di Putin”. Giusto in tempo utile perché l’annuncio di Gazprom di voler ridurre ulteriormente i flussi di gas in arrivo dalla Russia fosse accolto con un pizzico di preoccupazione in meno.

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