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La Russia taglia del 40 per cento l’approvvigionamento di gas verso la Germania. E questa accende le centrali a carbone per risparmiare più gas possibile.
La Germania riaccende le centrali a carbone dopo che la Russia ha ridotto del 40 per cento l’afflusso di gas naturale che passava dal gasdotto North Stream 1. Il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck, del partito dei Verdi, è stato chiaro: si tratta di una mossa necessaria per permettere agli impianti di stoccaggio del gas di riempirsi per in vista del prossimo inverno.
“La situazione è grave”, ha detto Habeck. “Dobbiamo e faremo tutto il possibile per immagazzinare quanto più gas possibile in estate e in autunno. Gli impianti di stoccaggio del gas devono essere pieni verso l’inverno. Questa è la massima priorità”. La Germania dipende fortemente dal gas di Mosca – come molte nazioni europee – per alimentare le sue case e l’industria pesante, ma era riuscita a ridurre le sue importazioni: prima dell’inizio della guerra in Ucraina, il 55 per cento del gas tedesco proveniva dalla Russia. Di recente, questa percentuale era scesa al 35 per cento.
Ma con l’ulteriore taglio deciso dal presidente russo Putin, la situazione, secondo il ministero dell’Economia, si è fatta insostenibile. “L’aumento dei prezzi è la strategia di Putin per turbarci e dividerci”, ha aggiunto Habeck.
A marzo, i legislatori tedeschi hanno approvato una legge sullo stoccaggio del gas che stabilisce che gli impianti di stoccaggio devono essere quasi pieni all’inizio del periodo di riscaldamento per superare l’inverno in sicurezza.
I livelli di “riempimento” – che a inizio anno erano ai minimi storico ed è per questo che è stata fatta una legge – rispecchiano quindi un principio di precauzione: entro il 1 ottobre, gli impianti di stoccaggio devono essere pieni all’80 per cento, che diventerà 90 per cento entro il 1 novembre. E al 1 febbraio dovranno ancora essere al 40 per cento. Habeck ha anche annunciato il ritorno alle centrali elettriche a carbone “per un periodo di transizione”.
La decisione della Russia di tagliare l’approvvigionamento di gas verso la Germania fa seguito alla scelta da parte dei tedeschi di non pagare il combustibile in rubli. A marzo, infatti, Putin ha minacciato che avrebbe bloccato le consegne di gas ai paesi “ostili” che si rifiutavano di pagare in rubli, piuttosto che in euro o dollari, come indicato nei contratti. Da allora, il colosso energetico statale russo Gazprom ha offerto ai clienti una soluzione. Gli acquirenti potevano effettuare pagamenti in euro o dollari su un conto presso la Gazprombank russa, la quale avrebbe poi convertito i fondi in rubli per poi trasferirli su un secondo conto da cui verrebbe effettuato il pagamento alla Russia.
Molte società europee si sono rifiutate di conformarsi e così la Russia è passata al contrattacco. Ufficialmente, il colosso energetico russo ha affermato di aver ridotto le consegne di gas perché la società tedesca Siemens Energy aveva ritardato la restituzione di alcune turbine che necessitavano di riparazioni. Siemens aveva portato le turbine in una delle sue fabbriche canadesi per la manutenzione, affermando poi quanto fosse “impossibile” restituire l’attrezzatura alla Russia a causa delle sanzioni che il Canada aveva imposto a Mosca.
Che si tratti o no di un pretesto, la realtà è amara e sotto gli occhi di tutti: la Germania – e con essa buona parte dell’Europa – non riesce a smarcarsi dal ricatto dei combustibili fossili. Così, mentre le fonti pulite e rinnovabili potrebbero rappresentare la soluzione, le centrali a carbone tornano a inquinare, producendo emissioni pericolose per l’ambiente e alimentando i cambiamenti climatici.
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