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Nel 2017 il cemento è aumentato di 52 chilometri quadrati, anche in zone a rischio idrogeologico. La legge per lo stop al consumo di suolo entro il 2050 è ferma da due anni in parlamento.
È come se, ogni due ore, sorgesse una piazza delle dimensioni (notevoli) di piazza Navona. A questo ritmo, pari a un consumo di suolo 52 chilometri quadrati, si è continuato a edificare in Italia per tutto il 2017, nonostante i continui allarmi dei geologi e una legge sul consumo del suolo che da anni ormai giace in Parlamento in attesa di una approvazione definitiva.
I dati sul consumo di #suolo dell’ultimo rapporto di @ISPRA_Press e @SNPAmbiente: costruiamo una Piazza Navona ogni due orehttps://t.co/ueXJREupPk pic.twitter.com/QRLLV7T0Hn
— Kyoto Club (@Kyoto_Club) 17 luglio 2018
L’allarme arriva dal rapporto annuale dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) sul consumo di suolo in Italia nel 2018: un consumo che negli ultimi 12 mesi è stato “ad oltranza” nonostante la crisi economica: tra nuove infrastrutture e cantieri (che da soli coprono più di tremila ettari), si invadono aree protette e a pericolosità idrogeologica sconfinando anche all’interno di aree vincolate per la tutela del paesaggio – coste, fiumi, laghi, vulcani e montagne – soprattutto lungo la fascia costiera e i corpi idrici, dove il cemento ricopre ormai più di 350 mila ettari, circa l’8 per cento della loro estensione totale. E così, come detto, la superficie naturale si assottiglia di altri 52 chilometri quadrati negli ultimi 365 giorni: In altre parole, costruiamo ogni due ore un’intera piazza Navona, al ritmo di 2 metri quadrati al secondo, stabile in tutta Italia ma in crescita nel Nord-Est del paese.
L’Ispra sottolinea che quasi un quarto (il 24,61 per cento) del nuovo consumo di suolo netto tra il 2016 e il 2017, avviene all’interno di aree soggette a vincoli paesaggistici. I nuovi edifici, già evidenti nel 2017, soprattutto nel Nord Italia, rappresentano il 13,2 per cento del territorio vincolato perso nell’ultimo anno. Spostandosi sul fronte del dissesto idrogeologico, il 6 per cento delle trasformazioni del 2017 si trova in aree a pericolosità da frana ed oltre il 15 per cento in quelle a pericolosità idraulica media. Il consumo di suolo non tralascia neanche le aree protette: quasi 75 mila ettari sono ormai totalmente impermeabili.
La maglia nera delle trasformazioni del suolo 2017 va al Parco nazionale dei Monti Sibillini, con oltre 24 ettari di territorio consumato, seguito da quello del Gran Sasso e Monti della Laga, con altri 24 ettari di territorio impermeabilizzati, in gran parte dovuti a costruzioni ed opere successive ai recenti fenomeni sismici del Centro Italia. I parchi nazionali del Vesuvio, dell’Arcipelago di La Maddalena e del Circeo sono invece le aree tutelate con le maggiori percentuali di suolo divorato.
“Prima di cementificare, si provveda a considerare il costo sociale per il cittadino – ha dichiarato @SergioCosta_min. “Occorre ripensare al paradigma ambientale. Siamo in ritardo ma ancora in tempo”. Il Ministro ha, infine, sottolineato l’urgenza di agire: “Se non ora, ieri!”. pic.twitter.com/oBknQVC5mv — ISPRA (@ISPRA_Press) 17 luglio 2018
Il rapporto stima anche i danni economici provocati dal consumo di suolo: ben un miliardo di euro tra danni provocati, nell’immediato, dalla perdita della capacità di stoccaggio del carbonio e di produzione agricola e legnose degli ultimi 5 anni. La cifra aumenta, se si considerano i costi di circa 2 miliardi all’anno provocati dalla carenza dei flussi annuali dei servizi di ecosistemi che il suolo naturale non potrà più garantire in futuro (tra i quali regolazione del ciclo idrologico, dei nutrienti, del microclima, miglioramento della qualità dell’aria, riduzione dell’erosione).
Da oltre 2 anni, esattamente dal maggio del 2016, la Camera dei deputati ha approvato un disegno di legge che prevede lo stop totale al consumo del suolo entro il 2050, ma da quel giorno la legge non è mai più arrivata al Senato per l’approvazione definitiva. Il rapporto dell’Ispra si chiude allora con tre scenari possibili per il futuro: il primo ipotizza una rapida approvazione della legge, che porterebbe a un ulteriore consumo di massimo 800 chilometri quadrati entro il 2050. Il secondo scenario invece stima un ulteriore consumo di suolo superiore ai 1600 chilometri quadrati nel caso in cui si mantenesse la velocità registrata nell’ultimo anno. Nel terzo e peggiore scenario si arriverebbe a superare gli 8 mila chilometri quadrati (pari a 15 nuove città di medie dimensioni!) nel caso in cui la ripresa economica portasse di nuovo la velocità a valori medi o massimi registrati negli ultimi decenni.
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