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È vietato anche solo affermare di non voler assumere persone non etero, secondo la Corte di giustizia europea

L’ex deputato Carlo Taormina aveva dichiarato di non voler assumere persone Lgbt. Per la Corte di giustizia europea ciò viola il diritto comunitario.

Affermare pubblicamente di non voler assumere una persona Lgbt nella propria società rappresenta una violazione del diritto dell’Unione europea. E in questo senso rende possibile l’avvio di un’azione giudiziaria presso un tribunale di uno stato membro e la condanna delle persone coinvolte

Le dichiarazioni anti-Lgbt dell’ex deputato Carlo Taormina

La sentenza è stata emessa dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella giornata di giovedì 23 aprile. I giudici comunitari erano stati chiamati ad esprimersi in merito alla vicenda che ha visto protagonista l’avvocato ed ex parlamentare di Forza Italia Carlo Taormina. La disputa risale al 2014: all’epoca, il legale fu invitato a partecipare alla trasmissione radiofonica della Rai “La zanzara”. L’ex deputato aveva definito gli omosessuali “gente malata”. Aggiungendo di provare alla loro vista “crisi di rigetto: mi viene il vomito”. E, appunto, aveva affermato che non avrebbe mai assunto nel proprio studio legale una persona gay.

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Una manifestazione per i diritti Lgbt negli Stati Uniti © Chip Somodevilla/Getty Images

Di fronte a tali dichiarazioni l’associazione Avvocatura per i diritti Lgbt – Rete Lenford aveva depositato una denuncia, ipotizzando un caso di discriminazione. Un’azione legale che ha avuto successo: in primo e secondo grado i giudici di Bergamo e di Brescia avevano condannato Taormina. Quest’ultimo fece però ricorso in Cassazione, e la massima corte di giustizia italiana aveva deciso di sollecitare la Corte europea. Obiettivo: capire se delle semplici dichiarazioni, anche se non in riferimento ad un caso concreto, potessero costituire comunque una violazione del diritto.

“La libertà di espressione ha dei limiti” secondo i giudici europei

Ebbene, secondo la Corte con sede nel Lussemburgo, “delle dichiarazioni omofobe rappresentano una forma di discriminazione sul lavoro, nel momento in cui vengono pronunciate da una persone suscettibile di avere un’influenza determinante sulla scelte in termini di assunzioni”. Un tribunale nazionale, dunque, può condannare tale comportamento, anche “in assenza di una persona lesa identificabile”.

In merito poi alla libertà di espressione alla quale Taormina aveva fatto appello, la Corte europea ha spiegato che essa “non rappresenta un diritto assoluto. Il suo esercizio può comportare delle limitazioni, a condizione che queste siano previste dalla legge e rispettando il principio di proporzionalità”.

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