Cosa sono e come funzionano i corridoi umanitari

Durante i conflitti, come nel caso dell’Ucraina, il diritto internazionale disciplina l’invio di aiuti ai civili attraverso corridoi umanitari.

“Penso alle persone anziane. A tutti coloro che in questo momento cercano un rifugio. Alle mamme in fuga con i loro bambini. Sono nostri fratelli e sorelle per i quali occorre aprire urgentemente corridoi umanitari e predisporre l’accoglienza”. Alla preghiera dell’Angelus di mercoledì 28 febbraio, papa Francesco ha lanciato un appello affinché siano organizzati gli aiuti a favore della popolazione in Ucraina.

Cos’è e come funziona il diritto internazionale umanitario

Raggiungere i civili nelle zone di guerra, tuttavia, non è mai semplice. Quando scoppia un conflitto armato, nel giro di pochi giorni chi vive sotto le bombe o ha dovuto lasciare la propria casa ha bisogno di tutto: cibo, acqua, medicinali, abbigliamento, kit per potersi lavare. A tale scopo, dapprima la Convenzione di Ginevra, quindi una serie di risoluzioni delle Nazioni Unite hanno disciplinato gli interventi a favore delle popolazioni “colpite da eventi catastrofici”. Siano essi causati da disastri naturali o provocati, come appunto nel caso dei conflitti armati, dall’uomo.

Le regole del diritto internazionale umanitario riguardano in particolare il diritto d’accesso, anche se va detto che le risoluzioni Onu non hanno carattere giuridicamente obbligatorio, salvo nel caso in cui siano adottate dal Consiglio di sicurezza. La disciplina che esse indicano, tuttavia, conferma “la sovranità, l’integrità territoriale e l’unità nazionale” degli Stati. E riconosce il fatto che, in prima battuta, l’onere degli aiuti alle vittime di situazioni di emergenza resti in capo alla nazione nella quale si verificano le catastrofi. Tuttavia, lo stesso diritto internazionale umanitario prende atto anche del fatto che, in tali situazioni, possano essere necessari grandi macchine di soccorso. Ciò al fine di limitare le sofferenze della popolazione civile e con l’obiettivo di limitare il numero di morti.

Quando furono istituiti i corridoi umanitari e come funzionano

Per questo si concede alle organizzazioni internazionali (ad esempio le agenzie delle Nazioni Unite, come nel caso dell’Alto commissariato per i rifugiati, dell’Unicef, della Fao) di intervenire. Esattamente come nel caso delle ong. Ciò principalmente al fine di garantire un adeguato approvvigionamento di cibo, medicinali e cure mediche, tende o altri beni di prima necessità. In questo senso, come precisato dalla risoluzione A43/131 del 1988, è “indispensabile garantire un accesso alle vittime”.

Proprio a questo scopo, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, con una seconda risoluzione (la A45/100 del 14 dicembre 1990) ha proposto la creazione, in caso di necessità di “corridoi umanitari”. Ovvero varchi lungo i quali potersi muovere in sicurezza, non soltanto al fine di trasportare viveri e materiali sanitari, ma anche per permettere l’evacuazione dei profughi. Inoltre, la presenza di agenzie Onu e organizzazioni della società civile permette di ottenere informazioni dirette e indipendenti sulla situazione reale della popolazione sul territorio.

La nozione di corridoi umanitari non è stata sempre univoca

Tale nozione di corridoi umanitari è stata tuttavia declinata con diverse sfumature nel corso della storia. Numerose risoluzioni del Consiglio di sicurezza hanno infatti menzionato la necessità di creare tali vie di accesso: nel caso ad esempio dei conflitti in Sudan, Iraq, Liberia, Angola, Somalia, Balcani). Ma non sempre ciò si è tradotto in un successo.

siria guerra
Distribuzione di aiuti alimentari in Siria © Handout/Getty Images

Il caso della risoluzione 688 del 5 aprile 1991 è in questo senso emblematico. All’epoca, il Consiglio di sicurezza dovette “insistere” affinché il governo di Bagdad garantisse un accesso immediato sul territorio alle organizzazioni umanitarie internazionali, al fine di aiutare la popolazione durante la prima guerra del Golfo. Raggiungere la popolazione civile risultava, infatti, estremamente complicato. Lo stesso è accaduto, molti anni più tardi, nel caso del conflitto in Siria, ed in particolare nella regione martoriata di Idleb.

Le scorte dei convogli, i prigionieri di guerra, i feriti

Inoltre, raramente i corridoi umanitari, quando esistenti, hanno rappresentato reali zone “franche” nelle quali la popolazione potesse spostarsi liberamente e in sicurezza. Più volte è capitato che le risoluzioni abbiano operato nel quadro più generale di operazioni di peacekeeping (mantenimento della pace), sostenute dall’uso della forza a livello internazionale. È stato il caso del Kurdistan iracheno, della Somalia o ancora dell’intervento Nato in Kosovo. In tali situazioni, di fatto, la nozione di corridoi umanitari non ha preso le forme della creazione di autentiche vie di accesso, ma si è limitata al semplice garantire che i convogli di aiuti fossero scortati da militari armati.

Disposizioni specifiche sono poi previste, ad esempio, per la Croce rossa internazionale e le ong, che sono anche autorizzate – sulla carta – a recarsi nei luoghi in cui si trovano prigionieri di guerra o persone detenute in relazione a conflitti. Più in generale, il diritto umanitario prevede una protezione per i feriti, i malati, i cittadini di nazioni che abbiano dichiarato guerra allo stato nel quale si trovano.

Servono 1,7 miliardi di dollari per fornire aiuti in Ucraina

Nel caso dell’Ucraina non è ancora chiaro se siano stati garantiti corridoi umanitari. Una deputata europea, Manon Aubry, nella giornata di lunedì 28, ne chiedeva l’attivazione “sia per permettere agli aiuti di raggiungere i civili, sia per consentire a questi di fuggire”. Ad oggi, però, non si sa né se né quando ciò verrà fatto.

Ciò che è noto è che numerose nazioni hanno promesso aiuti: gli Stati Uniti hanno stanziato 54 milioni di dollari, l’Italia 110 milioni, i Paesi Bassi 20. La Spagna invierà 20 tonnellate di materiali. Circa sessanta operatori dell’ong Medici senza frontiere sono presenti tra Ucraina e nazioni limitrofe (Polonia, Ungheria, Moldavia, Romania e Slovacchia). Mentre l’associazione Care Internationale, che opera assieme a People in need dal 2014 in Ucraina, sta fornendo i primi aiuti.

Occorre tuttavia un piano ben più vasto di soccorso per la popolazione. Le Nazioni Unite hanno chiesto nella giornata di martedì 1 marzo stanziamenti per almeno 1,7 miliardi di euro con l’obiettivo di fornire aiuti sufficienti in Ucraina. 

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