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Resilienza, la nuova frontiera delle discipline ambientali, è un termine già usato nella scienza dei materiali, in psicologia, in biologia, in informatica.
Nei diversi campi d’impiego del termine, la resilienza è riassumibile come capacità di resistere e riprendersi in modo accettabile da uno stress. È cambiamento adattativo, non è una condizione statica, e può essere allenata e migliorata.
In ingegneria, nella tecnologia dei materiali, la resilienza indica la proprietà che alcuni materiali hanno di riacquistare la forma originaria o conservare la struttura dopo esser stati sottoposti a schiacciamento o deformazione. La prova di resilienza a cui si sottopongono i materiali (con la macchina del pendolo di Charpy) consiste nel far cadere una mazza per gravità, con posizione, velocità ed energia note, misurando Il valore dell’energia assorbita dal materiale in Joule. Con il resiliometro si misura la resa elastica di una gomma, anche qui un pendolo che urta un campione della gomma in esame.
In psicologia è la capacità di far fronte agli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà. È la bravura nel riprendere il proprio percorso mantenendo il proprio stato d’animo, restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre. Una funzione psichica che si modifica nel tempo in rapporto all’esperienza, ai vissuti, e che si può allenare con ottimismo, impegno, autocontrollo, gusto per la sfida. Il concetto sta affermandosi anche nell’analisi delle comunità sociali nei contesti successivi a cataclismi naturali o ad eventi tremendi come attentati terroristici, rivoluzioni o guerre.
In biologia è la capacità di un organismo di autoripararsi dopo un danno. Quando specie animali e vegetali presentano alti tassi di resilienza vengono definite specie a strategia r (r-strategist). Si affidano a un fattore ‘r’ elevato per utilizzare risorse temporanee, perché adattate a vivere in ambienti soggetti a variazioni molto brusche e imprevedibili. In generale tutti i molluschi sono r-strategist.
In informatica, l’indice di fragilità si indica la capacità di un sistema di adattarsi alle condizioni d’uso e di resistere all’usura in modo da garantire la disponibilità dei servizi erogati.
In ecologia, il termine sta suscitando un interesse in crescita esponenziale, rispetto alla sua declinazione ecologica-ambientale. Si comincia a parlare di resilienza in città. Cosa vuol dire?
In genere i luoghi artificiali, edificati, altamente antropizzati, hanno una capacità molto ridotta sia di resistere agli shock ambientali (ondate di caldo, inondazioni, eventi meteo estremi) sia di recuperare poi dai danni. Cioè, dopo un uragano o un incendio, i luoghi artificiali rimangono danneggiati. Significa che hanno una bassa, scarsa o addirittura nulla resilienza.
Al contrario, molti luoghi naturali hanno un’alta resilienza: gli alberi resistono, il tessuto delle loro radici frena valaghe e siccità, le piante rinascono, gli animali ripopolano la zona, la vita – anche dopo stress, eventi traumatici o disastrosi – si rigenera.
In ecologia è dunque la capacità di un’area, un ecosistema, una comunità vitale di resistere ai colpi, di attutirne gli effetti devastanti, di ritornare al suo stato iniziale, dopo una perturbazione che l’ha allontanata da quello stato.
La natura può essere molto resiliente. Per esempio gli ecosistemi mediterranei, caratterizzati da una storia di variabilità di molti fattori ambientali, hanno evoluto una forte resilienza a eventi naturali quali incendi, forti mareggiate, crollo di costoni rocciosi. Le specie tipiche di questi ambienti riescono a ricolonizzare velocemente le aree distrutte o fortemente degradate. La gariga montana e la gariga costiera, la vegetazione dei pendii franosi, la macchia mediterranea hanno tutte sviluppato e possiedono un’elevata resilienza. La quale pare quindi direttamente proporzionale alla variabilità delle condizioni ambientali e alla frequenza di eventi a cui si sono adattate le specie o gli insiemi di specie. Ma siamo in un’era di cambiamenti climatici, quindi le perturbazioni sono e saranno sempre più frequenti, a causa sia di eventi naturali, sia delle attività antropiche.
Per questo gli esperti sono al lavoro per definire i modi per aumentare la resilienza degli ambienti in cui viviamo. Secondo le prime indicazioni, sarebbero favorite le città più piccole e più verdi. Gli alberi la aumentano, quindi aumentare le aree verdi e alberate in città potrebbe servire. È una buona idea studiare come aumentare la capacità di adattamento delle città. E intanto allenare anche la nostra.
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