Crisi climatica. I ricchi potranno difendersi, i poveri no

L’allarme del relatore speciale delle Nazioni Unite Philip Alston: la crisi climatica e il sistema economico attuale produrranno un nuovo apartheid mondiale.

Da una parte il mondo ricco, che sarà in grado di investire per adattarsi. Dall’altra quello povero, che patirà le conseguenze peggiori e spesso non avrà i mezzi per fronteggiarle. La crisi climatica esacerberà, nei prossimi decenni, le disuguaglianze esistenti nel mondo. Rendendo ancora più evidenti le storture sociali generate dal sistema economico di matrice liberista. Il tutto, tra l’altro, senza che esiste ancora una giustizia climatica capace di porvi, almeno parzialmente, rimedio.

140 milioni di persone perderanno la casa di qui al 2050 a causa della crisi climatica

L’allarme è arrivato da Philip Alston, relatore speciale delle Nazioni Unite sui temi della povertà e dei diritti umani. In un rapporto pubblicato il 25 giugno il dirigente ha spiegato che “i cambiamenti climatici minacciano di annullare gli avanzamenti che sono stati effettuati negli ultimi decenni in materia di riduzione della povertà”. Arrivando a generare una situazione di “apartheid climatico”.

Il testo, che sarà presentato la settimana prossima al Consiglio dei Diritti dell’uomo a Ginevra, afferma inoltre che, già entro il 2050, gli sconvolgimenti del clima priveranno 140 milioni di persone di una casa nei paesi in via di sviluppo.

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Volontari cercano di salvare le persone colpite da un’inondazione nello stato del Kerala, in India © AFP/Getty Images

“È qualcosa di perverso – ha spiegato Alston -. Le popolazioni povere sono responsabili solo di una minima parte delle emissioni globali di gas ad effetto serra, eppure è sulle loro spalle che graverà il peso più grande dei cambiamenti climatici. Rischiamo di andare incontro ad uno scenario nel quale i ricchi potranno difendersi dalle ondate di caldo e dalla fame, mentre il resto del mondo si ritroverà abbandonato”.

“Le popolazioni più povere si ritroveranno abbandonate”

Il relatore speciale non ha lesinato critiche neppure allo stesso Alto commissariato Onu per i diritti umani, spiegando che esso non sta lavorando nel modo giusto: “Mentre un’autentica crisi minaccia i diritti di moltissime persone, l’approccio utilizzato continua ad essere quella del ‘caso per caso’. In questo modo si ragiona settorialmente, e ciò è tremendamente insufficiente”.

“Gli stati – ha concluso Alston – hanno l’opportunità di sfruttare la situazione per affrontare finalmente problemi economici e sociali troppo a lungo ignorati. Inclusi quelli legati alla sicurezza sociale, all’accesso al cibo, alle cure mediche, alla necessità di poter avere un lavoro decente”.

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