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Dalla Fundaciò di Barcellona il catalano Joan Mirò al Mudec di Milano. 100 opere per ripercorrere la storia di un artista che ha segnato l’arte moderna.
Arriva a Milano Joan Mirò, al Mudec, Museo delle Culture in zona Tortona, ormai una consolidata novità nel panorama culturale della città. Sono 100 le opere esposte, non solo dipinti ma qualcosa che nessuno si aspetta. Una mostra moderna perché multimediale e attiva. L’arte che prende vita e diventa altre forme espressive.
“La forza della materia” è il titolo della mostra esposta adesso a Milano al Mudec che analizza un aspetto dell’opera dell’artista catalano forse poco conosciuto. Quando guardiamo un suo quadro infatti, spesso ci colpisce per la sua semplicità: uno dei suoi scopi dichiarati era quello di ricercare questa semplificazione della realtà che rimanda sia all’arte primitiva, ma al tempo stesso è punto di riferimento per l’impostazione di un nuovo vocabolario di simboli e strumento utile a raggiungere una nuova percezione della cultura materiale. La materia è al centro di questo percorso che presenta opere dal 1931 al 1981: 50 anni di cambiamenti, crescita, innovazione con un’attenzione alla materia, come strumento espressivo ma anche fine a se stessa.
La mostra è viva e richiede e offre partecipazione: musica di sottofondo, postazioni virtuali, video sono tutte tappe di un percorso dentro l’opera e la vita di Mirò. La maggior parte di ciò che è esposto proviene dalla Fundaciò Mirò di Barcellona, da visitare assolutamente se si ama quest’artista, anche se quella al Mudec è una bella e curata sintesi (per 12 € di biglietto).
Emergono in questo percorso tutte le fasi, anche contrastanti tra loro, dell’arte di Mirò, che vengono suddivise in 4 sezioni all’interno della mostra: negli anni 20 per esempio fu lui stesso a dire “Sono completamente disgustato dalla pittura, mi interessa solo lo spirito puro e uso gli strumenti canonici del pittore solo per essere sicuro che i miei colpi vadano a segno”. Mirò voleva “assassinare la pittura” e per questo si dedicò a tecniche e supporti alternativi.
Lavorava poi non dimenticando la cornice della sua arte e quindi ciò che accadeva nel mondo e nella sua Spagna: le due Guerre, la dittatura, tutto lo influenza a suo modo, così le tele e gli altri supporti si lacerano, bruciano, si smaterializzano.
L’allestimento contribuisce a rendere chiaro questo continuo mutare: le prime sale sono buie, come se si fosse nel sogno che Mirò spesso dipinse; altre, dedicate alla scultura bronzea, sono invece più ricche di luce.
Il consiglio è quello di non essere diffidenti e provare l’esperienza di indossare visore e cuffie e immergersi nell’arte e nella vita di Mirò. In pochi minuti si gira nello studio dell’artista, si vede il cielo di Maiorca, quasi si toccano le sue tele. Un esperimento riuscito quello multimediale applicato all’arte.
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