Donald Trump impone dazi sulle importazioni di pannelli solari asiatici

Donald Trump ha deciso di imporre dazi doganali sui pannelli solari in arrivo dall’Asia. Una misura che potrebbe colpire duramente il settore delle rinnovabili negli Stati Uniti.

I pannelli solari provenienti dall’Asia, in arrivo negli Stati Uniti, saranno sottoposti d’ora in poi a pesanti dazi doganali. Una tassa del 30 per cento per i primi tre anni, che scenderà successivamente al 15 per cento. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump è passato così dalle parole ai fatti: una misura ultra-protezionistica con la quale punta – teoricamente – a salvaguardare le produzioni americane.
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I dazi doganali di Donald Trump applicati anche sulle lavatrici

Assieme ai pannelli solari, i diritti doganali saranno applicati anche sulle lavatrici: il 20 per cento sui primi 1,2 milioni di pezzi ad uso domestico, che salirà al 50 per cento per le importazioni ulteriori. La decisione è stata assunta, va detto, sulla base di una raccomandazione che è stata avanzata dall’International Trade Commission, organismo composto da deputati repubblicani e democratici.

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Trump ha annunciato dazi doganali sulle importazioni di pannelli solari © Scott Olson/Getty Images

Secondo Jeff Fettig, proprietario della fabbrica statunitense di elettrodomestici Whirlpool, “si tratta di una vittoria per i lavoratori e per i consumatori americani”. Il dirigente ha anche assicurato che i dazi consentiranno di creare nuovi posti di lavoro in Ohio, Kentucky, Sud Carolina e Tennessee. Ma c’è chi ritiene, al contrario, che la decisione possa comportare conseguenze non indifferenti per il mercato americano delle fonti rinnovabili.

Negli ultimi 5 anni moltiplicate per sei le importazioni di pannelli solari cines

Fondamentali nel processo di transizione energetica, infatti, i pannelli solari potrebbero andare incontro ad una crescita non indifferente del prezzo medio. Un fattore che potrebbe scoraggiare i consumatori. Il governo di Washington ha tuttavia deciso di ascoltare le lamentele di un’impresa in fallimento, la Suniva, e della filiale americana del gruppo tedesco SolarWorld. Entrambe le aziende avevano puntato il dito contro l’impennata delle importazioni di pannelli solari, in particolare provenienti dalla Cina.

Trump ha imposto dazi del 30 per cento sui pannelli solari importati negli Stati Uniti. È una decisione stupida, cattiva per la Terra e che colpirà l’industria, ma che in realtà è un passo indietro temporaneo. I pannelli rappresentano il 30 per cento del costo di un impianto, per cui i diritti doganali varranno il 10 per cento del totale. Ciò porterà indietro il costo al 2016. Al ritmo attuale di calo, in un anno e mezzo si tornerà ai prezzi attuali. Inoltre i diritti si applicano ai soli pannelli al silicio, non ad esempio al film sottile Ramez Naam

Secondo i dati forniti all’amministrazione di Donald Trump, il quantitativo di prodotti asiatici sul mercato degli Stati Uniti si sarebbe moltiplicato per sei negli ultimi cinque anni. Tanto da portare ad un crollo dei prezzi. Che forse ha colpito alcune imprese a stelle e strisce ma che ha senza dubbio fornito un impulso determinante al settore (del quale hanno giovato anche le imprese americane della filiera). Non a caso, la decisione del governo americano ha provocato la dura reazione dell’Associazione delle industrie dell’energia solare, secondo la quale la nuova politica ritarderà o impedirà la finalizzazione di stanziamenti per miliardi di dollari. E farà perdere al comparto delle rinnovabili 23mila posti di lavoro.

Meno negativa l’opinione di Ramez Naam – esperto di sistemi energetici e ambientali – secondo il quale occorre relativizzare l’impatto dei dazi e tenere presente che il settore sarà in grado di rispondere all’offensiva.

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Secondo l’associazione degli industriali del settore solare, l’imposizione di dazi doganali alle importazioni di pannelli solari asiatici potrebbe comportare la perdita di 23mila posti di lavoro negli Stati Uniti © Tim Boyle/Getty Images

Nel 2002 ci provò George W. Bush, ma dovette fare marcia indietro

Occorrerà verificare, inoltre, quale sarà l’opinione in merito dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). Esiste infatti un precedente che potrebbe bloccare il piano di Donald Trump. La legge sulla quale quest’ultimo si è basato per invocare una “necessità di salvaguardia” del sistema produttivo americano risale infatti al 1974. Da allora, è stata utilizzata una sola volta: nel 2002 dall’allora presidente George W. Bush, per proteggere l’acciaio americano. Ma in quel caso Washington dovette fare marcia indietro, proprio perché il Wto censurò la decisione.

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