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Dall’ecoansia a sensazioni positive di unione con la Terra. Conoscere le “ecoemozioni” ci aiuta a capire il nostro rapporto con ciò che ci circonda e come trasformarle in azione.
Il clima cambia e con lui anche le nostre emozioni. No, non stiamo parlando di meteoropatia o sbalzi di umore per una giornata grigia, ma dell’insieme di emozioni che proviamo in relazione all’ambiente naturale che ci circonda e, quindi, anche in relazione ai cambiamenti a cui è soggetto.
Il termine “ecoemozioni” viene usato nell’ambito della psicologia ambientale ed ecologica e descrive il profondo legame emotivo tra gli esseri umani e il pianeta, che può includere emozioni sia positive sia negative.
Le ecoemozioni sono significative perché riflettono il modo in cui le persone elaborano emotivamente la relazione con la natura e la consapevolezza delle sfide ambientali. Possono influire sulla nostra salute mentale, anche negativamente soprattutto se non affrontate, oppure se incanalate positivamente possono essere una forza motivante per intraprendere nuove azioni.
Gli effetti dei cambiamenti climatici non sono più un concetto astratto e distante: la crisi climatica viene a bussare alla nostra porta in modi che non avevamo mai sperimentato e con una potenza fuori dal nostro controllo. Per questo motivo possiamo provare paura, ansia e disagio al pensiero di possibili catastrofi ambientali; tristezza per un ambiente che non vedremo più come lo avevamo conosciuto; oppure un senso di unione nell’affrontare le sfide climatiche basato su una profonda connessione con l’ambiente e con la Terra.
Non solo, quindi, conseguenze fisiche, ma anche sulla salute mentale che spesso vengono ignorate. Non sempre sono facili da riconoscere in quanto sensazioni nuove che hanno bisogno di definizioni, tanto da diventare neologismi nei dizionari di tutto il mondo.
Ma ci sono anche ecoemozioni positive:
I rapporti Lancet Countdown 2022 e 2024 della rivista medica inglese The Lancet evidenziano come le emozioni come l’ecoansia sono una risposta naturale a una crisi reale e tangibile. E che gli eventi e i record climatici del 2023, come l’aumento delle ondate di calore e della siccità estrema, hanno avuto un impatto devastante sulla salute mentale globale, specialmente in contesti vulnerabili. Eppure, solo pochi piani nazionali di adattamento climatico integrano strategie per affrontare le conseguenze sulla salute mentale: solo il 28% dei paesi include misure per la salute mentale nei loro piani climatici, nonostante il legame diretto tra eventi climatici estremi e condizioni psicologiche come ansia, depressione e disturbo da stress post-traumatico (Ptsd).
Proprio mentre i leader discutono alla Cop29 di Baku sulle azioni per contrastare gli effetti della crisi climatica, abbiamo incontrato Stephanny Ulivieri, project lead presso lo Youth and Environment Europe (YEE), che alla Cop29 partecipato a un panel nel padiglione spagnolo per parlare del tema dell’ecoansia e di come canalizzarla al meglio.
“Penso sia importante parlare della paura, perché la paura non c’è solo per il fatto che le giovani generazioni vivranno più tempo con le conseguenze peggiori della crisi climatica. Ma la paura c’è anche a causa della perdita delle tradizioni, degli stili di vita e dell’ecosistema“, afferma Ulivieri. “Ad esempio, una spiaggia che visito abitualmente con la mia famiglia forse tra 10-15 anni non esisterà più, quindi ho perso quella tradizione e quell’ambiente. Per questo penso che sia importante capire e fare più ricerca sul tema delle ecoemozioni, su quale sia l’impatto sui giovani e come possiamo usarle per arrivare a fare qualcosa di buono. Ad esempio penso che l’attivismo aiuti molto a canalizzare queste sensazioni e che serva a lavorare per una comunità e una realtà migliore”.
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