
La mancanza di dati ufficiali è un problema per il controllo del mercato legale di animali, soprattutto per le catture di quelli selvatici.
Sia l’elefante di foresta sia quello di savana, per la prima volta inclusi entrambi nella lista rossa della Iucn, rischiano di scomparire. Quali sono le cause e le soluzioni.
La prima mappatura del genoma della famiglia Elephantidae ha svelato che in Africa esistono due specie di elefanti, non una come si pensava fino a tre anni fa: l’elefante di savana e l’elefante di foresta.
L’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn), che in passato aveva classificato l’elefante africano come “vulnerabile”, ha finalmente incluso entrambe le specie nella “lista rossa” degli animali a rischio estinzione, ma il suo verdetto non è positivo. Mentre l’elefante di savana è ritenuto “in pericolo”, quello di foresta è addirittura “in pericolo critico”, il più alto livello di allarme.
Appena mezzo secolo fa, nel continente africano vivevano circa 1,5 milioni di elefanti. Stando all’ultimo censimento del 2016, ora ce ne sono soltanto 415mila. La popolazione di elefanti di foresta, che si differenziano perché leggermente più piccoli e sono distribuiti principalmente nel bacino del Congo, è diminuita dell’86 per cento dal 1990; quella di elefanti di savana, il cui gruppo più numeroso è nel Botswana, si è ridotta di oltre il 60 per cento negli ultimi cinquant’anni.
Le minacce più serie per i pachidermi sono la crisi climatica e la conseguente siccità, il bracconaggio dovuto in larga parte alla domanda di avorio, la perdita di habitat e i conflitti con la popolazione locale. Il bracconaggio, in particolare, si è ormai trasformato in un fenomeno che coinvolge anche i gruppi terroristici e la criminalità organizzata, visto il guadagno che può derivare dal commercio illegale di parti di animali selvatici.
Fermare i trafficanti sarà solo il primo passo per salvare gli elefanti. “Se non invertiamo la tendenza, rischiamo di assistere all’estinzione di questi animali. A minacciarli non è solo il poaching, ma la progressiva distruzione dell’habitat naturale per fare spazio ai terreni agricoli”, avverte Benson Okita-Ouma, co-presidente del gruppo della Iucn incaricato di occuparsi dell’elefante africano. “Se non inizieremo a pianificare in modo appropriato l’utilizzo delle terre, questi mammiferi continueranno a essere uccisi in modo indiretto anche se fermeremo la caccia illegale”.
Risulta quindi fondamentale che ai pachidermi venga riservato lo spazio che meritano, come avvenuto nel caso degli elefanti di foresta che vivono nelle aree protette del Gabon e della Repubblica del Congo e degli elefanti di savana che popolano l’area di conservazione transfrontaliera del Kavango-Zambezi, estesa sul territorio di cinque diversi paesi. I passi da compiere per impedire la scomparsa di queste specie iconiche sono chiari, senza contare che l’averle finalmente distinte permetterà di studiarle meglio e di strutturare dei piani d’azione su misura per entrambe.
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