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I candidati che avevano a cuore l’ecologia non hanno raggiunto il ballottaggio in Francia. I programmi di Macron e Le Pen appaiono deludenti.
Tra una settimana esatta, domenica 7 maggio, gli elettori francesi saranno chiamati a scegliere il successore di François Hollande alla presidenza della Repubblica. A contendersi la poltrona dell’Eliseo saranno il candidato di centro Emmanuel Macron e la leader di estrema destra Marine Le Pen. Stampa, radio e televisioni transalpine hanno passato ai raggi x i loro programmi, giungendo alla conclusione, come sottolineato dal quotidiano Libération, che “la grande sconfitta del primo turno è stata l’ecologia”.
Già nello scorso mese di febbraio, Nicolas Hulot– presidente dell’omonima fondazione ambientalista, nonché “inviato speciale” del governo alla Cop 21 di Parigi – aveva sottolineato come per alcuni candidati il tema appaia decisamente secondario. “Riassumendo per sommi capi – aveva spiegato – a destra si percepisce una reale indifferenza, se non un’avversione manifesta su alcune questioni”. Al contrario, “a sinistra dopo anni in cui l’ecologia è stata trattata con troppa superficialità, si nota un cambiamento”.
Il riferimento era ai programmi del candidato socialista Benoît Hamon e di quello della France Insoumise Jean-Luc Mélenchon, che avevano inserito la lotta ai cambiamenti climatici e la transizione ecologica al centro dei loro progetti economici e sociali. “Tuttavia, i risultati del primo turno – prosegue il quotidiano transalpino – non sembrano affatto promettenti per l’ambiente. Con Emmanuel Macron e Marine Le Pen la questione ambientale non accede al ballottaggio”.
Prendiamo la candidata di estrema destra. Nel 2014, con l’obiettivo di non lasciare il tema completamente nelle mani della sinistra, Le Pen aveva fondato un collettivo, battezzato Nouvelle Ecologie (Nuova Ecologia), basato sulla nozione di “ambientalismo patriottico”. Una declinazione nazionalista della questione climatica che appare decisamente poco convincente. La leader del Fn sostiene d’altra parte anima e corpo la modernizzazione della filiera nucleare e chiede perfino una moratoria per bloccare l’eolico.
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Le cose non migliorano per quanto riguarda i trasporti. Se la Le Pen sostiene lo sviluppo dei motori a idrogeno, infatti, è al contempo contraria all’introduzione di tassazioni specifiche contro il diesel: si tratta di proposte che la candidata ha bollato come “ecologia punitiva”. Quanto alla protezione della biodiversità, l’ultra-conservatrice francese, punta ad affidarla ai cacciatori. Infine, sull’Accordo di Parigi la leader dell’ultradestra francese è stata più che chiara: “È un documento zoppo e inapplicabile”.
E Macron? Il candidato centrista sembra aver incardinato pienamente la propria strategia ambientale nell’ambito del suo posizionamento politico. “La caratteristica fondamentale della sua campagna è di aver sempre cercato di non prendere posizione in modo marcato. È quella che chiamo la strategia di estremo centro”, ha sottolineato al quotidiano Reporterre Thibaut Rioyfreyt, ricercatore presso la facoltà di Scienze politiche di Lione.
Nonostante il suo movimento “En Marche!” sia stato appoggiato durante la campagna da alcuni esponenti storici dell’ambientalismo francese, come nel caso di Daniel Cohn-Bendit, “il programma – prosegue l’analisi del quotidiano parigino – non contiene vere idee innovatrici in tema di ecologia e le sue dichiarazioni sulla questione sono state poche, vaghe e spesso incoerenti. Quasi tutto ciò che viene proposto esiste già”.
Un esempio per tutti: al fine di “liberare la Francia dalle energie fossili”, l’ex ministro dell’Economia e banchiere di Rothschild propone di chiudere le quattro centrali a carbone ancora operative in Francia, di bloccare lo sfruttamento dello shale gas (ma mantenendo un’apertura alla ricerca, così come sugli Ogm) e di aumentare il costo per l’acquisto da parte delle imprese dei cosiddetti “diritti ad inquinare”. “Ma si tratta di tutte misure che sono o già promesse da Hollande in passato, o addirittura sono già legge dello stato – sottolinea Libération -. Inoltre, si fissano alcuni obiettivi, ma non viene spiegato concretamente come ci si dovrebbe arrivare”.
Ancor più deludente la politica annunciata sul nucleare: esclusa ogni ipotesi di abbandono dell’atomo sulla scorta di quanto deciso ad esempio in Germania, Macron conferma l’idea lanciata da Hollande di ridurre, entro il 2025, al 50 per cento il peso dei reattori nel mix energetico francese (rispetto all’attuale 75 per cento). “Ma anche in questo caso non specifica come vuole agire per centrare l’obiettivo. Secondo la Corte dei Conti, infatti, occorrerebbe chiudere l’equivalente di 17-20 reattori sui 58 oggi in servizio, cifre che salgono a 27-31 secondo i calcoli di Greenpeace. Mentre il solo impegno assunto è la chiusura della vecchia centrale di Fessenheim, in Alsazia”. E anche in quest’ultimo caso non si tratta di nulla di straordinario, dal momento che lo stop è già stato programmato da tempo per il 2019.
In tema di trasporti, poi, Macron ha rifiutato l’idea di arrivare a superare il diesel entro il 2025. Ha promesso unicamente di allineare la fiscalità del gasolio a quella della benzina, entro il 2022: ma anche in questo caso si tratta di una misura già prevista dalle amministrazioni precedenti.
Non a caso, lo stesso Cohn-Bendit durante la campagna elettorale ha ammesso: “Sull’ecologia bisogna dare un aiutino al piccolo Emmanuel…”. La scelta di domenica 7, insomma, sarà tra un’ambientalista “patriottica” e un candidato che occorre aiutare prima ancora di cominciare.
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