La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
Si è conclusa il 2 novembre la Cop16 sulla biodiversità, in Colombia. Nonostante le speranze, non arrivano grandi risultati. Ancora una volta.
La volpe è uno degli animali selvatici più conosciuti e amati. Protagonista di favole e proverbi, è una delle specie più adattabili e astute in natura.
Cosa vi viene in mente se si nomina la volpe? Di certo la furbizia e le favole di Esopo che vedono questa adattabile abitante dei boschi come protagonista assoluta. Una volta, al crepuscolo, ho avuto la fortuna di vederne una. Era impegnata nella ricerca di qualcosa in un grosso cespuglio nel bosco che circonda la mia casa. Fulva, snella, aveva le dimensioni di un cane di stazza media (per intenderci come il mio Mirtillo, un incrocio cocker che pesa sui 15 chili). È stato un attimo ed è scomparsa all’improvviso così come si era materializzata. Mi è venuta voglia di saperne di più su questi astuti animali che ci accompagnano da secoli e ho chiesto l’aiuto di etologi e biologi. Ecco cosa mi hanno raccontato.
La volpe rossa (Vulpes vulpes) è la specie più adattabile e maggiormente distribuita tra tutti i carnivori. L’estrema flessibilità comportamentale ha da sempre reso lo studio di questa specie complesso e difficile nella generalizzazione dei singoli risultati delle ricerche. “Le caratteristiche principali riconoscibili della volpe rossa sono la sua forma snella, il muso appuntito e lungo, le orecchie grandi e appuntite, gli arti relativamente brevi e la folta coda”, spiega la dottoressa Margherita Carretti, naturalista ed etologa di Selvatiche Armonie.
“La volpe ha un mantello rossiccio su dorso, testa e coda, mentre spalle, base delle orecchie e lati del corpo appaiono grigiastri per la presenza di peli neri e bianchi. Le parti inferiori del corpo e la pettorina sono bianche, mentre la coda, lunga e folta, è rossastra con l’estremità candida. Il mantello invernale è caratterizzato da una colorazione più grigiastra ed è particolarmente folto per la presenza di peli lunghi e di un fitto sottopelo (borra). In aprile e maggio inizia la muta annuale e il mantello invernale viene sostituito da quello estivo di colore più fulvo e con peli più corti”.
La volpe, grazie alla sua spiccata capacità di adattamento, occupa un’ampissima gamma di ambienti. Predilige luoghi dove l’eterogeneità ambientale assicura una varietà di risorse, come rifugi, tane, location idonee all’accoppiamento e, soprattutto, fonti di cibo diverse. Preferisce costruire le proprie dimore nei boschi, nelle vicinanze di corsi d’acqua, e sembra evitare i posti frequentati dall’uomo facilmente raggiungibili.
La versatilità delle volpi risiede sia nelle loro abitudini alimentari non “specializzate”, sia nella capacità di trovare un rifugio temporaneo ovunque: nei cespugli come nei pagliai, nei campi di cereali come fra le rocce e nelle tubazioni abbandonate. “Alcuni ambienti sono comunque più adatti di altri nell’ospitare popolazioni numerose di questi predatori. E sono le aree con composizione mista di bosco fitto e pascolo che sono quelle dove troviamo le densità più alte delle colonie di volpi. Queste zone contengono una grande varietà di cibi che consentono il loro sostentamento anche nelle stagioni in cui alcune risorse alimentari vengono meno”, sottolinea Carretti.
“Nonostante la caccia, la volpe è diffusa ovunque in Italia, in qualsiasi ambiente, compreso quello urbano. E si trovano esemplari dai nevai alpini fino alle spiagge mediterranee. Non ci sono dati precisi, ma la specie sembra in buona salute e in crescita sostanzialmente ovunque e sembra riprendersi molto rapidamente dalla caccia e dalle malattie. Chiunque sistemi una fototrappola in qualsiasi posto non recintato in Italia, nel giro di qualche notte, riprenderà almeno una volpe”, dice Mauro Belardi, biologo e presidente del gruppo Eliante. Ecco spiegato, quindi, come sia possibile vederne una ai confini di Milano, in un habitat però popolato da piccole prede che possono garantirle il sostentamento: uccellini nel nido, scoiattoli, conigli nani e, perché no, cucciolate di gatti inselvatichiti.
La volpe è presente su tutto il territorio italiano, comprese la Sardegna e la Sicilia, fatta eccezione per le isole minori. In Sardegna si trova, per esempio, una sottospecie di dimensioni inferiori (la cosiddetta Ichnusae). A seconda della disponibilità alimentare, dell’idoneità ambientale e del regime di caccia adottato, la densità delle popolazioni di volpe varia notevolmente nelle varie regioni.
Secondo la legge 157 dell’11 febbraio 1992, “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”, la volpe fa parte dell’elenco di specie cacciabili, ma solo nel periodo indicato dai legislatori e cioè dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio. “Sebbene la legislazione abbia da decenni abrogato il concetto di specie nociva, di fatto la volpe è cacciata in base a piani di contenimento, poiché in Italia non esiste una caccia a questi animali come ‘tradizione’, come per esempio avviene in Inghilterra”, continua Belardi.
In passato le volpi sono state anche oggetto di caccia per contenere la rabbia silvestre di cui sono portatrici. Al momento questa malattia è assente dal nostro paese, ma torna periodicamente proprio per il flusso migratorio degli animali nell’habitat circostante. Le volpi sono generalmente territoriali quando vivono in gruppo: i soggetti dei gruppi famigliari, detti “residenti”, difendono il proprio territorio che non si sovrappone con gli altri vicini, però esistono anche volpi che preferiscono la vita solitaria e vengono definite “itineranti”. Ecco spiegato come questi animali si trovino spesso da soli in territori limitrofi ai luoghi abitati dall’uomo e possano essere colpevoli di piccole e grandi razzie alimentari per il loro sostentamento.
“La volpe è un predatore, ma si ciba anche di carcasse o altri resti, a seconda delle disponibilità. Fino al ritorno dei grandi predatori (orso, lupo, sciacallo, lince) questo animale è stato per lungo tempo il più grande mammifero di questo tipo in Europa occidentale. Oggi non lo è più, anzi può a sua volta essere predata da altri super-predatori come, appunto, i lupi”, racconta Mauro Belardi.
Grazie alla sua capacità di adattamento e, quindi, di colonizzare ambienti diversi, la volpe rossa vanta la più ampia distribuzione geografica tra tutti i carnivori. Può sopravvivere sia nelle regioni fredde di America, Europa e Asia settentrionale sia all’estremo climatico opposto, cioè nelle zone desertiche con almeno 76 millimetri di pioggia l’anno, fra cui i deserti australiani. “La taglia ridotta e l’alta capacità adattativa, tipica di un mammifero non specializzato, le hanno permesso di colonizzare ambienti tanto diversi come le isole dell’oceano Artico; deserti; montagne fino a quote di 4mila metri e oltre; aree densamente popolate come i sobborghi di villaggi e metropoli”, spiega Carretti. Uno studio condotto negli Stati Uniti rivela che, a causa del riscaldamento globale, la volpe rossa si sta espandendo sempre più a nord entrando in conflitto con quella artica.
Ma come possiamo evitare che questo piccolo predatore arrivi anche in territori metropolitani, diventando nocivo per le altre specie viventi e procurando danni all’ambiente? “Alla base del fenomeno dell’inurbamento della volpe si riconoscono almeno due fattori: il primo vede l’aumento del numero di individui a livello nazionale come probabile causa dell’ampliamento delle sue aree di distribuzione, fino al raggiungimento delle zone cittadine. Il secondo, invece, trova risposta nella grande variabilità comportamentale e capacità di adattamento delle volpi, che permette loro di vivere anche in ambiente urbano, al di fuori del loro habitat naturale.
Il contenimento del numero di individui e la gestione sul territorio di questi animali è ottenibile senza ricorrere all’abbattimento, agendo sulle condizioni ambientali che ne assecondano la presenza. Diventa quindi indispensabile rimuovere le possibili fonti alimentari e impedire l’accesso a risorse come alimenti per animali domestici e rifiuti, oltre che proteggere gli animali domestici di bassa corte (conigli, galline, ecc.) con recinzioni appropriate,” aggiunge Margherita Carretti.
È assolutamente sconsigliato avvicinare le volpi e offrire loro cibo, come a ogni altro animale selvatico. Questo comportamento, all’apparenza innocuo e spesso motivato dalla volontà di aiutare, comporta invece grandi rischi per gli animali che potrebbero sviluppare forme di abitudine all’uomo capaci di comprometterne la naturale diffidenza.
A questo punto è bene concludere con le parole dell’etologa: “Il tutto può portare le volpi ad avere sempre meno timore e avvicinarsi ai centri abitati, mettendo a rischio la loro sopravvivenza. Nel periodo in cui ho lavorato presso il Cras (Centro di recupero della fauna selvatica) della mia provincia, ho conosciuto decine di volpi abituate all’uomo, alcune persino prese in natura da cucciole e fatte crescere in casa. Questo passato, di stretto contatto con l’uomo, aveva sviluppato in loro un grado di confidenza con le persone tale da non poter più permettere la loro normale vita in natura, condannandole così ad un’esistenza di reclusione in cattività. Se davvero vogliamo aiutare gli animali selvatici è importante conoscere e rispettare la loro indole naturale, osservandoli da lontano, senza avvicinarli e interferire con la loro quotidianità. Nel caso trovassimo un animale selvatico ferito o in difficoltà è importante contattare tempestivamente il Cras più vicino o le forze dell’ordine: il loro intervento è l’unico in grado di aumentare le sue possibilità di sopravvivenza, a differenza delle azioni improvvisate del privato cittadino non adeguatamente formato”.
Le volpi, quindi, possono e devono vivere in natura senza procurare e procurarsi problemi con il contatto umano. È l’uomo che, per primo, deve imparare a conoscerle e a rispettarle, favorendo una reciproca convivenza in questo momento storico così difficile e perturbante. Per noi, come per gli altri animali che ci circondano.
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