
Dal colpo di stato del 2021 in Myanmar ci sono stati oltre 4mila morti e la repressione va peggiorando. L’appello dell’Onu per mettere fine alla tragedia.
Decine di corpi ritrovati nel corso dell’avanzata verso Mosul. L’Onu teme si tratti di esecuzioni sommarie. Summit a Parigi della coalizione internazionale.
Alcuni reparti delle forze militari irachene si trovano a pochi chilometri dall’ingresso nella città di Mosul. Sostenute da uomini e mezzi della coalizione internazionale, le truppe governative hanno dunque guadagnato terreno nei primi dieci giorni di battaglia per liberare la metropoli, controllata dal 2014 dai combattenti dello Stato Islamico.
“Sul nostro fronte siamo ormai a cinque o sei chilometri da Mosul”, ha dichiarato il generale Abdelghani al-Assadi, comandante delle unità speciali anti-terrorismo. L’obiettivo è ora di attendere che anche gli altri gruppi avanzino nelle periferie, al fine di poter organizzare un attacco coordinato sulla città. Se infatti a nord-est anche i peshmerga curdi sono ormai nelle vicinanze di Mosul, a sud l’esercito regolare deve ancora percorrere parecchi chilometri.
La coalizione, inoltre, vuole evitare che i combattenti radicali islamici riescano a ritirarsi verso la Siria, rifugiandosi in particolare a Raqqa, ultimo grande bastione controllato dall’Isis. Per questo le unità della Hachd al-Chaabi (forze paramilitari sciite di mobilitazione popolare) hanno ricevuto l’ordine di tagliare le vie di accesso tra Mosul e la Siria. “La nostra missione è di impedire la fuga dell’Isis”, ha confermato il portavoce Jawad al-Tulaibaw, che ha però aggiunto di attendersi “una battaglia violenta e difficile”.
Ma la stessa presenza delle forze Hachd al-Chaabi ha fatto emergere tensioni: i dirigenti iracheni curdi, assieme agli arabi sunniti, si sono opposti al loro impiego. E anche la Turchia ha storto il naso, arrivando ad inviare truppe a est di Mosul nonostante la richiesta reiterata da parte del governo di Bagdad di non farlo.
In attesa della guerriglia urbana, gli abitanti di Mosul (circa un milione e mezzo di persone) vivono ore di angoscia. La maggior parte della popolazione non è ancora fuggita, probabilmente perché costretta a restare in città dai militari Isis. Questi ultimi, infatti, avrebbero già utilizzato i civili come scudi umani sui tetti di alcuni palazzi.
Secondo le Nazioni Unite, circa novemila persone sono state costrette a lasciare le loro case durante i combattimenti nelle periferie della seconda più grande città dell’Iraq. Intanto la stessa Onu riferisce notizie inquietanti: informazioni “preliminari” parlano di probabili esecuzioni sommarie di decine di persone, effettuate dai miliziani Isis. Giovedì 20 ottobre sono stati ritrovati infatti i corpi di 70 civili uccisi nel villaggio di Touloul Nasser, a sud di Mosul. Altri 50 ex poliziotti sarebbero stati massacrati domenica 23 ottobre. “Temiamo che notizie di barbarie di questo genere continueranno ad arrivare”, ha confessato il portavoce dell’Unhcr, Rupert Colville.
Intanto ieri a Parigi si sono riuniti i ministri della Difesa di tredici paesi (su sessanta totali) della coalizione: erano presenti tra gli altri i membri dei governi di Usa, Regno Unito, Francia, Canada e Australia. “La riconquista di Mosul – ha dichiarato il presidente della repubblica francese François Hollande – non è un obiettivo a sé stante. In gioco c’è l’avvenire politico dell’intera regione”. Nel corso del summit si è parlato anche delle operazioni che si intendono svolgere a Raqqa, così come delle contromisure da adottare nel momento in cui i combattenti volontari affluiti da tutto il mondo in Siria e Iraq torneranno nei loro paesi d’origine, non di rado in Europa.
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