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L’estate sta finendo ed è tempo di fare un bilancio di quanto è avvenuto nel mondo animale. La buona notizia arriva dal Lazio e ci dà un tocco di speranza.
È stata un’estate calda, però con un tocco di speranza, quella dei nostri amici a quattro zampe che hanno dovuto affrontare dei mesi decisamente bollenti sul fronte dei diritti animali. Ma la buona notizia – che chi scrive aspettava da tempo – è arrivata dalla regione Lazio che ha finalmente vietato la detenzione dei cani alla catena e, insieme a loro, di tutti gli animali da compagnia.
Unica eccezione al divieto generale è la possibilità di limitare la loro libertà per motivi di salute, come per esempio a seguito di un intervento chirurgico, condizione che dovrà essere certificata da un medico veterinario che attesti la diagnosi e la durata del trattamento. I trasgressori rischiano attualmente una multa fino a 2.500 euro. Una bella sommetta che, speriamo, dovrebbe scoraggiare chiunque dal portare avanti uno scempio come questo.
Sotto questo punto di vista, tuttavia, la situazione in Italia è delle più variegate. Nel nostro paese, per esempio, l’Emilia-Romagna è stata la prima regione ad aver vietato nel 2013 l’utilizzo della catena per i cani. Sono seguite l’Abruzzo, la Lombardia, il Veneto e la Puglia. Un bel panorama, non c’è che dire. Ma non dimentichiamo che in Italia ci sono regioni che sulla carta appaiono “virtuose”, come l’Umbria e la Campania, e che vietano chiaramente la detenzione dei cani a catena, ma nei fatti invece non prevedono sanzioni, rendendo la norma sostanzialmente non attuabile. Mentre, per esempio, Liguria, Basilicata e Sicilia costituiscono un “buco nero” e non hanno regolamentato la materia, lasciando un vuoto normativo.
L’estate di fuoco dei nostri amici a quattro zampe si è trascinata fra un incendio doloso e le esternazioni animaliste sugli animali selvatici, di allevamento o di famiglia periti durante i roghi, fino al limitare di settembre e del ritorno alle attività lavorative. Poi ecco arrivare una “chicca” di casa nostra che lascia sgomenti. Il ritrovamento, da parte delle guardie zoofile dell’Oipa, di una gattina legata con una catena in una lurida scatola di scarpe in provincia di Pordenone. Sembra che la piccola sia stata lì per tutto il tempo della sua lunga (circa dieci anni) e sfortunata vita, costretta a sguazzare nei suoi bisogni senza poter conoscere la vita vera che ogni felino dovrebbe avere, con gli arti atrofizzati, il pelo pieno di nodi, gli occhi malati e quasi ciechi. Ovviamente c’è stata la denuncia, e l’unanime sdegno sui giornali e sui social. E il cordoglio, perché la gattina non è sopravvissuta ed è morta nello studio veterinario dove era stata ricoverata. Ma alla fine anche lei sarà dimenticata e finirà nell’oblio insieme ai milioni di animali domestici e selvatici torturati, uccisi e abbandonati durante l’ennesima, torrida estate italiana.
A questo punto, una domanda sorge spontanea. Non c’è alcun obbligo di legge che impone di avere con sé un cane, un gatto, un uccellino o altro. Non ci sono vantaggi per la nostra salute, non lo prescrive il medico curante, né l’Agenzia delle entrate ci pignorerà lo stipendio se ci esimiamo dal farlo. E allora perché accanirsi su esseri senzienti che non hanno colpa alcuna?
Forse è tempo che dalle parole – decisamente troppe – si passi ai fatti. E si concepisca un nuovo modo di vivere più rispettoso verso gli animali e tutto ciò che ci circonda. L’estate sta finendo: auguriamoci che la prossima sia migliore sotto tutti i punti di vista.
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