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“Pagheresti 20 euro per un caffè?” è la campagna contro l’evasione fiscale promossa da Oxfam Italia. Una candid camera spiega perché siamo tutti raggirati.
Alzi la mano chi di voi pagherebbe 20 euro per un caffè. Un barista della città di Prato ha provato a domandarlo direttamente ai propri clienti. Alla cassa, quando ciascuno di loro si è avvicinato, ha battuto scontrini da 20, 21, 22 euro. La reazione è immaginabile: chi si arrabbia, chi la butta a ridere, chi minaccia di chiamare i carabinieri.
Il barista allora spiega le sue ragioni: “I clienti che vi hanno preceduto non hanno pagato. Io devo fare tornare i conti alla fine della giornata, e perciò sono costretto a chiedere a voi di farvi carico di quello che non è stato fatto dagli altri”.
Oxfam spiega che è esattamente quello che accade a ciascuno di noi, ogni giorno, per via delle evasioni ed elusioni fiscali utilizzate da numerose multinazionali di tutto il mondo per cercare di massimizzare i profitti. Con le pubbliche amministrazioni che sono costrette a far pagare alti livelli di tasse e imposte alla “gente comune”. Per questo l’associazione ha lanciato il Tax Justice Blogging Day, e lanciato una raccolta di firme per chiedere al governo italiano di agire.
Di recente i membri del G20 hanno chiesto all’Ocse, per la prima volta, di consegnare ai ministri dell’Economia, entro il prossimo anno, una lista nera dei “paesi non cooperativi” in tema di evasione fiscale. Secondo Pascal Saint Amans, direttore del Centre for Tax Policy and Administration dell’Ocse, si tratta di un messaggio «molto forte: ora più che mai la lotta ai paradisi fiscali è una delle priorità».
Di diverso avviso le organizzazioni che lottano per la trasparenza: “È positiva – spiega Mikhail Maslennikov, policy advisor sulla disuguaglianza economica di Oxfam Italia – la proposta di criteri oggettivi per stabilire se un Paese faciliti pratiche di elusione o evasione fiscale. Ma è indispensabile formulare standard aggiuntivi per contrastare gli abusi fiscali da parte delle grandi corporation, per contrastare la corsa al ribasso nella tassazione d’impresa. E l’Ocse di questo non si sta occupando. Bisogna superare le pratiche fiscali dannose, i regimi fiscali agevolati, gli incentivi o i vantaggi fiscali concessi alle compagnie non residenti, senza che a loro sia chiesto di condurre una sostanziale attività economica sul proprio territorio”.
Tutto ciò è fondamentale, conclude Maslennikov, “altrimenti le dichiarazioni del G20 si riveleranno solo una presa d’atto di deboli accordi già adottati in passato e che secondo l’Ocse sono già rispettati da noti paradisi discali come Cayman, Bermuda e Lussemburgo”.
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