La capitale dello Sri Lanka ha sottratto le plaudi che la circondano ai rifiuti, grazie agli sforzi delle istituzioni e della comunità.
Come fermare il deserto con l’apicoltura
Le api come alleate nella conservazione della biodiversità e nel mantenimento degli ecosistemi terrestri. Non solo, l’apicoltura come strumento di cooperazione e come miglioramento della sicurezza alimentare in tutta l’area mediterranea. È questo, riassunto in poche righe, il “Mediterranean CooBeeration: una rete per l’apicoltura, la biodiversità e la sicurezza alimentare”. Il progetto, iniziato
Le api come alleate nella conservazione della biodiversità e nel mantenimento degli ecosistemi terrestri. Non solo, l’apicoltura come strumento di cooperazione e come miglioramento della sicurezza alimentare in tutta l’area mediterranea.
È questo, riassunto in poche righe, il “Mediterranean CooBeeration: una rete per l’apicoltura, la biodiversità e la sicurezza alimentare”. Il progetto, iniziato nel febbraio 2014 e co-finanziato dall’Unione europea, è promosso da Felcos Umbria in collaborazione con Apimed (Federazione apicoltori del Mediterraneo), il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (Undp), il dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari (Disafa) dell’Università di Torino, il dipartimento di Scienze Agrarie (Dipasa) dell’Università di Bologna e l’Istituto Agronomico della Tunisia (Inat) e si è sviluppato tra l’Italia, il Libano, il Marocco, la Tunisia, l’Algeria e i Territori Palestinesi. Mettendo in contatto realtà spesso lontane tra loro ma culturalmente legate nei secoli.
“Il progetto propone una nuova concezione delle api e dell’apicoltura come bene comune globale, patrimonio indispensabile e inalienabile di tutti noi”, spiega Vincenzo Panettieri, presidente di Apimed (Federazione apicoltori del Mediterraneo) e direttore tecnico del progetto. “Si tratta di un percorso concreto per la protezione dell’apicoltura che dovrà essere sostenuto e realizzato attraverso politiche mirate, orientamenti giuridici, incentivi e iniziative pratiche”.
L’apicoltura aiuta a conservare la biodiversità
L’apicoltura diventa così non solo un’antica pratica per la produzione di miele, ma uno strumento di cooperazione internazionale e di indagine scientifica sul campo.
“Oltre alla ricaduta economica in agricoltura, che è senza dubbio molto positiva, le api, e dunque l’apicoltura, sono essenziali per la nostra alimentazione e, grazie al servizio di impollinazione, sono tra i più importanti fattori che contribuiscono alla diversità degli ecosistemi terrestri”, sottolinea Panettieri. “Le api sono dunque da considerarsi un elemento strutturale utile a garantire la biodiversità e la sicurezza alimentare”.
Grazie alla collaborazione con il dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Bologna e quello di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino e al progetto dei ricercatori ed esperti di apicoltura Claudio Porrini e Monica Vercelli, è stato possibile studiare qual è il contributo attivo delle api nel mantenimento della biodiversità e nel ripristino delle aree degradate, prossime alla desertificazione. Con diversi laboratori sul campo in Liguria e in Tunisia (aree con biotopi molto simili), si è dimostrato come la presenza delle api in una determinata area possa contribuire all’aumento dell’impollinazione delle essenze autoctone e alla loro diffusione. Grazie alla loro presenza, c’è un incremento delle popolazioni vegetali.
“Abbiamo tentato di dimostrare il binomio indissolubile tra ape e flora, fondamentale nella gestione delle problematiche legate alla vegetazione”, spiega la ricercatrice. “In questo modo abbiamo instaurato uno scambio scientifico costante tra i ricercatori, che ha portato ad un miglioramento delle azioni volte alla conservazione e ripristino degli ambienti degradati”.
L’apicoltura nella cooperazione internazionale
Ma le api in questo caso servono anche per avvicinare popoli e culture. “Il progetto Mediterranean CooBeeration è prima di tutto una bella storia di costruzione di relazioni positive di amicizia e scambio reciproco tra persone, popoli e territori che si affacciano sul Mediterraneo”, racconta Lucia Maddoli vice direttrice Felcos Umbria e coordinatrice internazionale del progetto.
“È stata un’esperienza arricchente di scambio culturale reciproco, che ha permesso da un lato di far emergere e condividere tradizioni legate all’apicoltura, che da secoli accomunano i popoli del Mediterraneo. E, nello stesso tempo, di costruire un pensiero e una visione comune di un futuro possibile, incentrato su un’idea di sviluppo sostenibile, fondato sull’armonia tra uomo e ambiente e sulla valorizzazione e uso sostenibile delle risorse”.
Il progetto ha riscosso molto successo in tutta l’area mediterranea, destando l’interesse intorno all’apicoltura e alle pratiche ad essa legata. “La grande domanda di formazione e richiesta di partecipazione alle formazioni previste dal progetto, unitamente alla solida rete di relazioni e collaborazione che si è creata tra le diverse associazioni di apicoltori mediterranei, sono certamente un segnale del grande interesse, coinvolgimento e vitalità delle comunità locali sui temi e sulle attività di CooBeeration”.
Nasce la Carta dei Mieli del Mediterraneo
E non poteva che avere anche un risvolto pratico, economico, di valorizzazione dei prodotti tipici, Mediterranean CoBeeration. Per questo nasce la Carta dei Mieli del Mediterraneo, approvata nel corso del 7° Forum dell’Apicoltura del Mediterraneo a Tunisi che “è il primo documento che uniforma sotto il profilo tecnico un prodotto alimentare importante che aiuta a garantire da un lato la presenza dei prodotti locali nel mercato globale, dall’altro la possibilità di contrastare la commercializzazione di miele di dubbia qualità e provenienza nel Mediterraneo”, spiega Panettieri. Nasce così un prodotto unico, il miele del Mediterraneo, che racconta molto di quelle terre. Legate al sole, al mare e spesso all’estrema vicinanza col deserto.
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