Editoriale

Il “festival” di Yulin è solo un’operazione commerciale. Oltre che una crudeltà

Il 21 giugno è cominciato il “festival” della carne di cane a Yulin, in Cina. Fortunatamente, diminuisce il numero dei cittadini che la consumano.

Non è una tradizione. Il “festival” di Yulin non trova alcuna giustificazione come evento tradizionale cinese e anche se lo fosse, sarebbe impossibile condonare l’efferata crudeltà di cui si macchia ogni anno. È in realtà un’operazione commerciale messa in piedi nel 2010 dai venditori di carne di cane, con l’obbiettivo di contrastare il calo delle vendite registrato all’epoca – senza successo.

Nonostante questi sforzi per promuovere il consumo di carne di cane, i sondaggi rivelano che, proprio a Yulin, il 75 per cento degli abitanti non mangia regolarmente carne di cane. Alla prima edizione della manifestazione, si stima siano stati 15mila i cani uccisi, una cifra che si è ridotta a tremila grazie alla pressione esercitata dalla popolazione cinese in primis, ma anche da numerosissime azioni e voci a livello internazionale.

Festival di Yulin
Alcuni cani rinchiusi a Yulin © Humane Society International

Yulin, l’operato di Humane Society International

Una di queste è Humane Society International (Hsi) che da anni lavora concretamente per fermare il commercio di carne di cane e gatto in Asia che, secondo le nostre stime, coinvolge trenta milioni di cani e dieci milioni di gatti. Sebbene la Cina abbia introdotto forti restrizioni legali al raggio d’azione delle ong straniere come Hsi, continuiamo ad avere una presenza sul campo attraverso i nostri partner e attivisti cinesi che non si danno per vinti. Alla vigilia della famigerata manifestazione, hanno tratto in salvo 386 cani. Sull’autostrada in direzione Yulin, hanno avvistato un camion che li trasportava, stipati in piccole gabbie metalliche, nel caldo soffocante e, grazie al fondamentale intervento della polizia locale di Shaanxi, lo hanno bloccato, potendo trarre in salvo tutti gli animali.

Molti versano in cattive condizioni fisiche con infezioni agli occhi e problemi cutanei. L’attivista Lin Xiong, presente sul posto, ci ha raccontato dell’orrore al quale ha testimoniato: cani affamati, disidratati, visibilmente malati e dai volti pietrificati dalla paura; lo ha definito “un camion dall’inferno”. Ora, assieme al nostro rifugio partner Vshine e altre strutture, ci occuperemo di loro, ma la strada verso il recupero non sarà semplice. Le ferite più profonde sono quelle legate al trauma dell’accalappiamento e del trasporto. Come sottolinea il mio collega Peter Li, specialista in politica cinese di Hsi, il “festival” di Yulin è un esempio del commercio di carne di cane che avviene ogni giorno in Cina, alimentato per la gran parte da ladri di cani che prendono gli animali dalle strade e dai cortili; molti dei 386 salvati indossavano un collare.

Festival di Yulin
Lucky, trovato fuori da un negozio di carne di cane, è stato salvato dagli attivisti © Vshine/Humane Society International

Aumenta la consapevolezza della popolazione cinese

La collaborazione tra gli attivisti e la polizia, che ha permesso di cambiare il destino di questi 386 animali – una cifra che non si avvicina minimamente al totale dei cani che alle termie del “festival” saranno stati uccisi – dimostra che una parte crescente della popolazione cinese vuole porre fine al commercio di carne di cane. La maggior parte delle persone in Cina non mangia abitualmente i cani. Infatti, la carne di cane viene consumata solo raramente dal 20 per cento dei cinesi.

A livello nazionale, un sondaggio condotto dalla società cinese Horizon e commissionato dalla China Animal Welfare Association in collaborazione con Humane Society International e Avaaz, ha rivelato che la maggior parte dei cittadini cinesi (il 64 per cento) vuole che il “festival” di Yulin venga fermato e più della metà (il 51,7 per cento) ritiene che il commercio di carne di cane dovrebbe essere completamente vietato. La posizione degli attivisti è chiara: “Se tutte le Forze dell’ordine in Cina seguissero un approccio a tolleranza zero nei confronti dei trafficanti di cani, sarebbe la fine del commercio di cani. Il massacro legato al consumo della carne di cane getta vergogna sul nostro paese e quindi continueremo a lottare finché non vedremo la fine di questa sofferenza”.

Festival di Yulin
Fortunatamente, il numero di animali macellati è diminuito © Humane Society International

Segnali positivi arrivano anche da altre parti dell’Asia, dove si registra un consumo di carne di cane e gatto, più o meno diffuso, e dove Hsi lavora per contrastarlo.

  • In Corea del Sud sono 17 gli allevamenti di cani da carne che dal 2015 Hsi ha chiuso, salvando oltre 2.500 animali che hanno trovato case amorevoli negli Stati Uniti, in Canada, nel Regno Unito e nei Paesi Bassi. I sondaggi d’opinione mostrano che la maggioranza dei coreani (l’84 per cento) non consuma carne di cane o non intende farlo in futuro, e una task force del governo sta attualmente discutendo un divieto con il presidente Yoon Suk-yeol e la first lady Kim Keon-hee, favorevoli a porre fine a questa pratica.
  • In Indonesia, secondi i sondaggi, la stragrande maggioranza della popolazione non mangia i cani. Infatti, solo il 4,5 per cento lo fa e il 93 per cento degli indonesiani è a favore di un divieto a livello nazionale.
  • La carne di cane è vietata a Hong Kong, Singapore, in Taiwan, Thailandia, nelle Filippine, nonché nelle città cinesi di Shenzhen e Zhuhai, nella provincia di Siem Reap in Cambogia e in cinque città e reggenze in Indonesia.

Il cambiamento è possibile

Il lavoro di Humane Society International dimostra che per portare un cambiamento reale non si può generalizzare e puntare il dito contro l’Asia. È necessario lavorare insieme, portando proposte e aiuti concreti, educando e sostenendo attivisti e autorità. Ma anche le persone per le quali il commercio di carne di cane è fonte di reddito. Ad esempio, il nostro programma in Corea del Sud, che ci ha permesso di chiudere numerosi allevamenti, aiuta gli allevatori a passare a mezzi di sussistenza alternativi, rispettosi degli animali e maggiormente redditizi, come la coltivazione di piante di peperoncino o la distribuzione di cisterne di acqua.

La maggior parte degli allevatori con cui Hsi ha lavorato ha sperimentato una crescente pressione familiare, sociale e finanziaria volta alla cessazione delle attività di allevamento dei cani. Inoltre, grazie alla crescente sensibilità per il benessere degli animali e con oltre sei milioni di cani da compagnia nelle case coreane, la domanda di carne di cane è in costante diminuzione. Siamo fiduciosi che anche la Cina sia su questa strada.

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