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La filariosi cardiopolmonare nei cani è in aumento per la crisi climatica e la diffusione delle zanzare vettori. In questi casi la profilassi è fondamentale
La filariosi cardiopolmonare è una malattia subdola e, spesso, letale che può essere contratta dai nostri cani sia in aree metropolitane che extraurbane. I vettori responsabile della trasmissione della malattia sono zanzare di genere diversi, tra cui la Aedes albopictus, la cosiddetta zanzara tigre, ormai radicata sul territorio nazionale. I cambiamenti climatici, sia naturali che creati dall’uomo, e la movimentazione di animali, sia domestici che selvatici, hanno aumentato il potenziale infettivo della filariosi cardiopolmonare. Se i vettori aumentano e allargano i loro territorio, infatti, continuerà ad aumentare il numero di animali infestati. Per cercare di capire meglio la filariosi e i meccanismi che si instaurano per la sua diffusione fra la popolazione canina abbiamo chiesto il parere della dottoressa Chiara Dissegna, medico veterinario.
Perché si diffonda la filariosi, è necessario un clima con temperature e umidità adeguate, indispensabili per mantenere vive le colonie di zanzare e permettere la maturazione delle microfilarie all’interno del vettore stesso. Non a caso qualche anno fa la malattia era più diffusa tra i cani da caccia che frequentavano zone paludose dove era più facile entrare in contatto con gli insetti vettori. Ma ormai, complici i cambiamenti climatici, la trasmissione della filariosi avviene anche nelle zone metropolitane. Un esempio? La diffusione della zanzara tigre in città, che può riprodursi anche in piccoli contenitori, come i sottovasi in balconi e terrazze.
E c’è un altro particolare di cui tener conto. L’urbanizzazione e la cementificazione ha permesso lo sviluppo di zone che trattengono il calore durante il giorno, creando microclimi che facilitano lo sviluppo delle larve di filaria all’interno della zanzara vettore anche nei mesi più freddi, allungando così la stagione della trasmissione. La filariosi è una malattia molto diffusa nel cane. Al contrario, la patologia colpisce i gatti con una prevalenza del 20% in meno rispetto ai cani. I felini infestati presentano un minor numero di parassiti adulti rispetto a quelli che si trovano invece nella specie canina e, il trattamento preventivo per evitare che il gatto sviluppi gli adulti della filaria solitamente non è necessario, in quanto la carica parassitaria è bassa.
La trasmissione della filariosi cardiopolmonare si riduce nei mesi invernali, ma ormai il rischio di trasmissione non è mai pari a zero durante tutto l’arco dell’anno. Ad oggi, la sfida maggiore per ridurre la diffusione della filariosi è la lotta al vettore. La chemioprofilassi nei cani è comunque fondamentale perché riduce il serbatoio per il parassita, ma con la crisi climatica e la conseguente modifica di molti habitat naturali che permettono lo sviluppo delle zanzare, il pericolo diventa sempre più pressante e presente per i nostri amici a quattro zampe.
Per la profilassi della filariosi cardiopolmonare si utilizzano obbligatoriamente i farmaci prescritti dal medico veterinario con l’obbligo di ricetta medica specifica. Se l’anamnesi è “muta”, cioè se non si sa se in precedenza sono stati effettuati trattamenti contro la filaria (magari perché si è appena adottato un cane adulto), è opportuno eseguire un test per valutare la presenza dell’antigene e di microfilarie. In questo modo si evitano ritardi nella diagnosi di eventuali infezioni subcliniche e si inizia subito con la terapia più adatta.
I farmaci più utilizzati (ivermicetina, moxidectina, selamectina, milbemicina ossima) appartengono alla classe dei cosiddetti lattoni macrolici. La loro azione sulle larve precardiache si ottiene con somministrazioni ripetute a dosaggi molto bassi e per questo motivo hanno un rapporto tossico/terapeutico molto buono. Se utilizzati seguendo le indicazioni riportate sul foglio illustrativo, e se vengono seguite scrupolosamente le indicazioni del proprio curante, questi medicinali possono essere considerati dei farmaci sicuri. La loro somministrazione deve avvenire, comunque, per via orale oppure tramite iniezione periodica effettuato dal veterinario curante.
Attenzione, però. Alcuni cani (come i collie, i bobtail, i border collie), che hanno un alterata funzionalità della glicoproteina P per una mutazione genetica, sono estremamente sensibili a vari farmaci utilizzati in per prevenire la filariosi cardiopolmonare, tra cui proprio i lattoni macrolici. E’ opportuno, quindi, decidere insieme al medico veterinario quale farmaco somministrare in questi casi per evitare problemi anche gravi al nostro quattrozampe.
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