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Il vulcano Taal, il secondo più attivo delle Filippine, erutta da giorni causando scosse sismiche e ricoprendo di fumo e cenere tutta l’area. L’allerta vulcanica è di 4 su 5 e potrebbero essere evacuate mezzo milione di persone.
“È piccolo ma pericoloso”. Il vulcano Taal, nelle Filippine, ha iniziato a eruttare il 12 gennaio dopo un’esplosione di vapore e rocce, seguita da una colonna di fumo e cenere alta oltre 800 metri che ha riempito il cielo. Dal cratere sono iniziati a uscire spruzzi di lava e si continuano a registrare attività sismiche ripetute, portando l’Istituto filippino di vulcanologia e sismologia (Phivolcs) a temere “una pericolosa eruzione esplosiva” imminente.
La velocità dell’escalation dell’attività vulcanica di Taal ci ha colti di sorpresa.Maria Antonia Bornas, responsabile ricerca scientifica Phivolcs
Il livello d’allerta vulcanica è stato infatti dichiarato a 4 (su un totale di 5) ed è stata ordinata l’evacuazione delle aree limitrofe ad alto rischio in un raggio di 14 chilometri dal cratere del vulcano. Secondo le autorità 38.200 persone sono già state evacuate, molte delle quali hanno trovato rifugio temporaneo in scuole e palestre, ma l’ordine potrebbe interessare le oltre 400mila persone che vivono dentro l’area designata.
Il vulcano Taal è uno dei più piccoli al mondo ma è il secondo più attivo del paese: negli ultimi 500 anni ha eruttato 30 volte, l’ultima è stata nel 1977 e quella invece più significativa risale al 1911 quando l’eruzione uccise 1.500 persone. Non a caso il vulcano Taal si trova sulla cintura di fuoco del Pacifico, un’area caratterizzata da frequenti terremoti ed eruzioni vulcaniche, ed è descritto come un vulcano complesso: non ha infatti un unico cono vulcanico ma diversi punti d’eruzione che sono cambiati nel corso del tempo. Il vulcano sorge in mezzo al lago Taal, uno specchio d’acqua grande circa 230 chilometri quadrati che si è formato a seguito di eruzioni preistoriche e da cui la popolazione locale dipende, a circa 70 chilometri dalla capitale Manila.
L’enorme nube di cenere e fumo ha infatti inghiottito tutta la zona, ricoprendo le strade, i campi e le abitazioni con uno strato di cenere e terra che è diventato fango a causa delle precipitazioni, complicando le operazioni di evacuazione e creando uno scenario spettrale. Alcune cittadine, come quelle di Batangas e Cavite, sono rimaste infatti senza elettricità e acqua potabile e l’area è stata raggiunta da squadre della Croce rossa per fornire assistenza sanitaria, beni di prima necessità e supporto psicologico. Le cadute di cenere non hanno risparmiato la capitale, che ha visto paralizzare le sue attività tra domenica e lunedì a causa dell’aria irrespirabile e della poca visibilità: sono state chiuse le scuole, uffici pubblici, cancellati numerosi voli ed è stato ordinato ai cittadini di indossare maschere – che però sono in poco tempo diventate introvabili.
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L’ultimo aggiornamento ufficiale del 14 gennaio da parte del Phivolcs conferma che l’allerta vulcanica rimane a livello 4, considerando che le scosse continuano (ne sono già state registrate oltre 300 da domenica) e che questo fa presagire attività vulcanica nelle prossime ore che potrebbe scatenare addirittura uno tsunami. Per questo, le autorità invitano a rispettare gli ordini di evacuazione – alcuni residenti sono voluti tornare per recuperare i propri averi, controllare il proprio bestiame e le proprie abitazioni – e di tutelarsi dall’esposizione al fumo e la cenere che, se prolungata, può causare malattie gravi. Infine, il Phivolcs dichiara che il suo monitoraggio in tempo reale continua e consiglia di allargare la zona d’evacuazione da 14 a 17 chilometri dal cratere: oltre 900mila persone sono quindi considerate potenzialmente a rischio dal vulcano.
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