Investimenti sostenibili

Con il bond rinoceronte, la finanza corre in aiuto delle specie in via di estinzione

I rinoceronti neri sono in pericolo, ma si fatica a trovare risorse per i costosi progetti di salvaguardia. Allora entra in gioco un’assoluta novità nel mondo della finanza: il bond rinoceronte.

Se ormai da un decennio nel mondo della finanza si sente parlare di green bond e più di recente sono arrivati anche i sustainability bond, forse in pochi si aspettavano il debutto del rhino bond, il “bond rinoceronte”. Arriverà all’inizio dell’anno prossimo e sarà il primo strumento finanziario orientato a salvare una specie in via di estinzione, premiando gli investitori in caso di successo.

Il tracollo della popolazione di rinoceronte nero

Il rinoceronte nero (Diceros bicornis) vive nelle aree centrali e orientali dell’Africa; in realtà non è di colore nero ma viene chiamato così per distinguerlo dal rinoceronte bianco, che è anche fisicamente più grande.

Come riporta l’Iucn (Unione internazionale per la conservazione della natura), che l’ha inserito nella lista rossa delle specie minacciate, fino alla metà del ventesimo secolo era una delle specie di rinoceronte più numerose, raggiungendo addirittura gli 850mila esemplari. A quel punto, però, hanno preso il via fenomeni come la caccia di frodo e il disboscamento dei terreni per lasciare spazio all’agricoltura, tant’è che nel 1960 erano rimasti solo 100mila animali. Tra gli anni Sessanta e la metà degli anni Novanta il bracconaggio è diventato incontrollabile: nel 1995 erano sopravvissuti solo 2410 rinoceronti neri in tutto il Continente. A renderli prede così ghiotte è il loro corno, che – riporta il Wwf – nella medicina tradizionale cinese viene ridotto in polvere e impiegato per guarire una serie di malattie.

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Da allora la situazione si è lentamente risollevata e lo dimostra il censimento del 2010, che conta 4.880 esemplari. Questo è merito anche della mobilitazione delle associazioni ambientaliste internazionali, che però spesso e volentieri si scontrano con la mancanza di fondi. Ed è qui che vuole intervenire il bond rinoceronte.

rinoceronte nero
Un cucciolo di rinoceronte nero in Kenya. Gli esemplari adulti hanno un’altezza di 140-180 centimetri al garrese, una lunghezza compresa fra i 3,3 e i 3,6 metri e pesano dagli 800 ai 1400 chili © David Clode / Unsplash

Come funziona il bond rinoceronte

Il rhino impact bond è un’obbligazione da 50 milioni di dollari con scadenza a cinque anni, che è stata messa a punto dalla società specializzata Conservation Capital, con l’assistenza di banche come Credit Suisse e Ubs. Sarà sul mercato a partire dal primo trimestre 2020. Come riporta Cnbc, tutti i soldi raccolti verranno spesi per tutelare 700 rinoceronti neri in cinque aree tra il Kenya e il Sudafrica; si tratta all’incirca del 12 per cento della popolazione globale di questa specie.

Chi investirà nel bond avrà la certezza di riavere indietro il suo capitale iniziale, ma riceverà un rendimento soltanto se, allo scadere del quinquennio, la popolazione di rinoceronti neri sarà aumentata. Il traguardo da raggiungere è una crescita pari al 10 per cento.

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“Il rhino impact bond è il primo strumento finanziario al mondo per la conservazione della fauna selvatica. Trasferisce il rischio del finanziamento dai donatori agli investitori, collegando i risultati dell’opera di salvaguardia degli animali al rendimento finanziario”, si legge nella nota diffusa da Conservation Capital. “Alla fine del periodo di cinque anni, un valutatore indipendente verificherà se l’obiettivo del bond rinoceronte è stato raggiunto. Il risultato conseguito determinerà il ritorno per gli investitori”.

Come funzionano i social impact bond

Questo strumento finanziario si basa su un meccanismo che in gergo è chiamato pay by result, che è piuttosto innovativo e finora è stato sperimentato soprattutto in ambito sociale. È il caso dei social impact bond, obbligazioni emesse dal settore pubblico per raccogliere liquidità con cui pagare chi fornisce i servizi di welfare.

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Il primo esperimento risale al 2010: una cordata di investitori acquistò un social impact bond da 5 milioni di sterline, che sarebbero state usate per finanziare i progetti di reinserimento sociale di 3mila detenuti del carcere di Peterborough. Con qualsiasi bond, a meno che l’emittente non fallisca, l’investitore ha la certezza di riavere il capitale che ha investito, più una quota di interesse detta cedola. In questo caso però le condizioni erano particolari: la cedola sarebbe stata pagata soltanto se il tasso di recidiva fosse sceso del 7,5 per cento nell’arco di sei anni. Una scommessa che, alla fine, è stata vinta.

Al di là dei tecnicismi, che sono ancora oggetto di discussione tra gli addetti ai lavori, la parte più stimolante di questo sistema è il ragionamento che sta alla base. Risolvere a monte un problema sociale significa evitare che, in un secondo momento, ne nascano a valanga tanti altri. Risparmiandosi questo costo, lo stato si può permettere di ricompensare i suoi “compagni di squadra”.

 

Foto in apertura © Ikiwaner / Wikimedia Commons

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