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1.940 pinguini, 2.290 cormorani: è un anno record per la fauna delle Galapagos, grazie al clima favorevole e all’assenza di turisti.
Il 2020 è stato un anno fuori dalla norma anche alle Galapagos, le isole del Pacifico note per la loro incredibile varietà di specie animali (dalle iguane marine, agli albatros, alle tartarughe giganti). Proprio la natura, ora che il turismo internazionale è pressoché paralizzato a causa dell’emergenza sanitaria, si sta riprendendo i suoi spazi. Quest’anno la popolazione di pinguini delle Galapagos (Spheniscus mendiculus) si è attestata sui 1.940 esemplari: bisogna tornare indietro fino al 2006 per trovare un numero così alto. Sono invece 2.290 i cormorani atteri delle Galapagos (Phalacrocorax harrisi). Un record assoluto fin dal 1977, anno in cui è stato avviato il programma di monitoraggio.
Proseguendo sulla linea adottata per gli ultimi tre decenni, il monitoraggio si è focalizzato sulla zona occidentale dell’arcipelago. Per la precisione nelle isole di Fernandina e Isabela, oltre che nelle isolette di Mariela, che si trovano a meno di un chilometro dalle coste di quest’ultima. Gli esperti della Charles Darwin Foundation e del Parco nazionale delle Galapagos si sono messi all’opera tra il 10 e il 19 settembre.
“Eseguiamo il censimento mediante osservazione diretta degli uccelli, muovendoci vicino alla costa a bordo di una piccola barca (o “panga”) e registrando tutti gli individui di tutte le specie che troviamo nella zona marina e costiera. Durante il conteggio il team è esposto a onde, vento, sole, freddo e pioggia”, spiega tramite una nota Gustavo Jiménez-Uzcátegui, scienziato della Charles Darwin Foundation. Quest’ultima prende il nome dal biologo e naturalista britannico che proprio alle Galapagos studiò e catalogò centinaia di specie, ricavandone indicazioni preziose per la teoria dell’evoluzione.
Nel 2007 sono stati circa 173mila i turisti disposti a sobbarcarsi lunghe ore di volo, a costi non certo contenuti, per raggiungere le isole Galapagos. Nel 2019 erano più di 271mila, per il 67,3 per cento stranieri. Un aumento di quasi centomila persone in appena dodici anni. Tutto questo in un territorio remoto, delicato e spesso carente di infrastrutture essenziali. Da tempo diverse organizzazioni ambientaliste si interrogano su quanto possa essere sostenibile questo modello; e la rinascita di pinguini e cormorani proprio nell’anno del coronavirus, che ha pressoché azzerato il traffico aereo per mesi, può dare una parziale risposta.
Il secondo motivo è legato al clima. Stando alle rilevazioni della Noaa, l’Agenzia americana per gli oceani e l’atmosfera, quest’anno la zona è stata interessata da La Niña, un fenomeno che provoca il forte raffreddamento della superficie dell’Oceano Pacifico equatoriale. In pratica si tratta dell’opposto rispetto a El Niño. Un contesto molto favorevole per le specie marine, spiegano i ricercatori, auspicando che l’attuale trend positivo possa continuare.
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