Diritti animali

Mattanza di delfini nella baia di Taiji, attivisti sfidano il Giappone sfruttando un cavillo

Due organizzazioni ambientaliste hanno lanciato una sfida legale senza precedenti al Giappone, con l’obiettivo di salvare i delfini.

I delfini sono cetacei, quindi mammiferi, e non pesci, lo sanno anche i bambini. Eppure in Giappone sarebbero percepiti da gran parte della popolazione come pesci e questo errore potrebbe essere sfruttato per aiutare proprio i delfini. L’organizzazione londinese Action for dolphins e l’ong giapponese Life investigation agency, secondo quanto rivelato dal quotidiano britannico The Guardian, avrebbero infatti lanciato una sfida legale senza precedenti al Giappone, con l’obiettivo di fermare la caccia annuale dei delfini nella baia di Taiji, città della prefettura occidentale di Wakayama.

Manifestazione contro la caccia ai delfini nella baia di Taiji in Giappone
La diffusione del film The cove, che mostra la mattanza dei delfini nella baia di Taiji, è stata vietata in Giappone © Oli Scarff/Getty Images

Delfini senza protezione

“I delfini sono erroneamente considerati pesci in Giappone, e quindi le leggi nazionali che proteggono i mammiferi dalla crudeltà non vengono correttamente applicate a questi animali”, ha dichiarato al Guardian Sarah Lucas, amministratrice delegata di Action for dolphins. Le due organizzazioni hanno dunque presentato una causa al tribunale di Wakayama, sostenendo che “i delfini sono biologicamente mammiferi e che la crudeltà inflitta loro a Taiji è illegale secondo le stesse leggi del Giappone”.

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L’orrore di Taiji

Le nefandezze che avvengono nelle baia di Taiji sono diventate note grazie al documentario vincitore di un premio Oscar, The cove – La baia dove muoiono i delfini, uscito nel 2009. Il film, che ha sollevato reazioni di sdegno in tutto il mondo, mostra la baia diventare rossa del sangue delle migliaia di delfini massacrati con lo scopo di rifornire l’industria alimentare, mentre decine di esemplari, scampati allo sterminio delle proprie famiglie, vengono catturati e ridotti in schiavitù per essere venduti a acquari, parchi acquatici e miliardari privati. I delfini vengono spinti dai pescatori nella baia, dove finiscono intrappolati nelle reti.

Come muore un delfino

Se il cavillo trovato dalle due organizzazioni dovesse avere successo la caccia ai delfini a Taiji potrebbe cessare. “Non si tratta di giudicare la moralità del Giappone – ha spiegato Angie Plummer, portavoce di Action for dolphins – ma di chiedere che vengano rispettate delle leggi nazionali, stiamo cercando di depoliticizzare il dibattito”. La crudeltà con cui vengono cacciati questi mammiferi marini, secondo Sarah Lucas, è infatti innegabile. “Il metodo utilizzato per uccidere i delfini è eccezionalmente crudele, vengono colpiti ripetutamente con un’asta metallica nella parte posteriore del collo per lesionare il midollo spinale e nella ferita aperta viene inserito un tappo di legno per prevenire la perdita di sangue. Ciò significa che i delfini muoiono in modo lento e doloroso”.

Gabbie in cui vengono imprigionati i delfini a Taiji
Il massacro dei delfini nella baia di Taiji si svolge tra il 1° settembre e il 1° marzo di ogni anno © Joe Chisholm/Flickr

Vengono uccisi troppi delfini

Secondo gli attivisti i pescatori giapponesi, con l’appoggio di Yoshinobu Nisaka, il governatore della prefettura di Wakayama, violano sistematicamente le leggi sul benessere degli animali e superano le quote di catture stabilite dal governo. Nella causa, le due organizzazioni hanno presentato prove che documenterebbero la cattura illegale di oltre 400 cetacei, in eccesso dunque rispetto alle quote previste, negli ultimi cinque anni. Le quote di cattura, secondo la legge giapponese, dovrebbero infatti includere non solo i delfini che vengono uccisi o catturati, ma anche quelli che vengono catturati e rilasciati, a volte dopo diversi giorni, e che muoiono in seguito a causa dei danni inflitti. I funzionari della prefettura di Wakayama non hanno ancora commentato la notizia, mentre i pescatori, dal canto loro, sostengono di non aver alcuna intenzione di interrompere la caccia ai delfini che costituisce una fonte vitale di reddito per l’economia locale.

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