Ginecologi obiettori, c’è una petizione per escluderli dagli ospedali

Una petizione per dire basta ai ginecologi obiettori di coscienza negli ospedali pubblici italiani. La raccolta di firme, indirizzata al primo ministro Matteo Renzi insieme ai presidenti delle Camere e ai ministri competenti, è stata avviata su Change.org in seguito alla vicenda di Catania, in cui una giovane donna è morta subito dopo aver perso

Una petizione per dire basta ai ginecologi obiettori di coscienza negli ospedali pubblici italiani. La raccolta di firme, indirizzata al primo ministro Matteo Renzi insieme ai presidenti delle Camere e ai ministri competenti, è stata avviata su Change.org in seguito alla vicenda di Catania, in cui una giovane donna è morta subito dopo aver perso i gemelli che portava in grembo da 19 settimane. Sulla tragedia sono ancora in corso le indagini, che dovranno appurare se l’obiezione di coscienza abbia avuto effettivamente un qualche ruolo nella morte della trentaduenne, come sostenuto fin da subito dai suoi familiari e negato risolutamente dai responsabili del nosocomio in cui è avvenuto il decesso, l’ospedale Cannizzaro.

I ginecologi obiettori in Italia

Anche se la drammatica vicenda catanese potrebbe non avere nulla a che fare con i ginecologi obiettori di coscienza, la raccolta di firme online raccoglie un’istanza molto sentita da una parte dell’opinione pubblica italiana. La legge che disciplina l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg), la 194 del 1978, prevede per i ginecologi la possibilità di dichiararsi obiettori di coscienza per motivi etici, rifiutandosi dunque legittimamente di effettuare interventi di aborto elettivo. Una scelta che è ammessa anche in altri paesi europei, pur se con alcune limitazioni, ma che in Italia risulta di gran lunga più gettonata che all’estero, soprattutto in alcune aree del paese. Attualmente, infatti, ha optato per l’obiezione il 70 per cento dei ginecologi italiani, con punte addirittura più alte in alcune regioni del centro-sud. Nel Molise, ad esempio, si registra il 93,3 per cento di ginecologi obiettori, il 90,2 per cento in Basilicata, l’87,6 per cento in Sicilia, l’86,1 per cento in Puglia, l’81,8 per cento in Campania, l’80,7 per cento nel Lazio e in Abruzzo. Ma anche nella settentrionalissima provincia autonoma di Bolzano l’obiezione di coscienza arriva al 92,9 per cento (elaborazione Istat su dati del Ministero della Salute, pubblicati nel 2015).

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In Italia i ginecologi obiettori sono la maggioranza

Le difficoltà di chi vuole abortire

Percentuali bulgare, a causa delle quali molte donne che hanno deciso di interrompere la gravidanza si trovano costrette a spostarsi alla ricerca di un ospedale in cui sia possibile effettuare l’aborto entro i termini previsti dalla legge, rimbalzando talvolta da un nosocomio all’altro e dovendo in molti casi rivolgersi a strutture di una regione diversa dalla propria. E anche le italiane che sono riuscite ad abortire senza trasferimenti o liste d’attesa infinite riferiscono talvolta di atteggiamenti ostili da parte di medici e infermieri obiettori, di assistenza negata nel post operatorio, di mortificazioni psicologiche e pratiche umilianti imposte loro nonostante non siano obbligatorie, come la perizia psichiatrica prima dell’interruzione. Tanto che nell’aprile del 2015, accogliendo un ricorso presentato dalla Cgil, il Comitato dei diritti sociali del Consiglio d’Europa ha stabilito che per le donne italiane è ancora troppo difficile interrompere una gravidanza indesiderata (pur accogliendo, pochi mesi dopo, “gli sviluppi positivi” offerti dai dati presentati dal governo italiano relativi al numero di Ivg in proporzione alle richieste e al numero dei ginecologi obiettori). Al di là di questo, la sentenza del Consiglio d’Europa sottolinea anche che i medici italiani non obiettori sono di fatto discriminati rispetto alla maggioranza dei colleghi. I pochi ginecologi che non fanno obiezione, infatti, finiscono in pratica col fare solo o quasi interruzioni di gravidanza, condizionando inevitabilmente la propria carriera.

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La legge 194 garantisce alle donne il diritto all’interruzione di gravidanza entro i primi 90 giorni

Stop all’obiezione negli ospedali pubblici

A rendere ancora più controverso il fenomeno tutto italiano dei ginecologi obiettori di coscienza ci sono stati infine casi documentati di medici che si dichiaravano obiettori nelle strutture pubbliche ma non esitavano a praticare privatamente interruzioni di gravidanza a pagamento. Al di là dei recentissimi fatti del Cannizzaro di Catania, di obiezione di coscienza sulla legge 194 si discute in Italia da trent’anni. La petizione lanciata dall’associazione politica Democrazia Atea, che chiede di non ammetterla più all’interno delle strutture pubbliche, è solo l’ultimo passo di un dibattito che interessa temi cruciali come l’autodeterminazione delle donne, la laicità dello stato e il diritto alla salute.

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