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Una vera e propria miniera di posti di lavoro, possibilità di crescita, innovazione tecnologica. La green economy è tutto questo e molto di più. Ed è un settore in cui l’Italia sta dimostrando la sua eccellenza in tutto il mondo. Lo dimostrano i dati di GreenItaly 2016, il settimo rapporto di Fondazione Symbola e Unioncamere,
Una vera e propria miniera di posti di lavoro, possibilità di crescita, innovazione tecnologica. La green economy è tutto questo e molto di più. Ed è un settore in cui l’Italia sta dimostrando la sua eccellenza in tutto il mondo. Lo dimostrano i dati di GreenItaly 2016, il settimo rapporto di Fondazione Symbola e Unioncamere, promosso in collaborazione con il Conai e con il patrocinio del ministero dell’Ambiente.
Il 26,5 per cento delle imprese italiane dell’industria e dei servizi con dipendenti hanno investito in prodotti o tecnologie green tra il 2010 o il 2015, o hanno in programma di farlo entro la fine di quest’anno. In totale, stiamo parlando di più di 385.000 imprese che hanno scelto di fare qualcosa per ridurre il proprio impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di Co2. Quelle del settore manifatturiero sono più attive della media: si raggiunge infatti il 33 per cento del totale.
Scrivono nell’introduzione al rapporto Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola, e il presidente di Unioncamere Ivan Lo Bello:
Queste imprese ci dicono qual è il posto che possiamo occupare nel mondo: non quello della competitività fatta di bassi prezzi e dumping ambientale e sociale, ma proprio quello della qualità, che sta nel dna del sistema produttivo italiano ed è fatta di personalizzazione e cura dei dettagli, di attenzione alle competenze e al capitale umano, di coesione, bellezza, innovazione e, appunto, sostenibilità.
.@GiuTripoli : imprese che investono green esportano di più, assumono di più, innovano e fatturano di più. #GreenItaly #ItaliachefaItalia pic.twitter.com/07iqKRxLla
— Fondazione Symbola (@SymbolaFondazio) 21 ottobre 2016
Lavorare per l’efficienza energetica, la tutela dell’ambiente, le soluzioni smart e a basso impatto significa accantonare metodi di produzione ormai obsoleti, per imboccare strade inesplorate. Non a caso, nel 2015 il 22,2 per cento delle imprese della Green Italy ha sviluppato nuovi prodotti e servizi, contro l’11,4 per cento di tutte le altre. In termini di digitalizzazione, il confronto è impietoso: l’82 per cento delle imprese green ha aperto un sito o dei canali sui social media, ha processi digitalizzati e va alla ricerca di nuove competenze digitali, contro il 53 per cento di tutte le altre.
I risultati premiano queste scelte. Il 18,7 per cento delle imprese della nostra green economy esporta all’estero, mentre la media generale è del 10,9 per cento. E tra il 2014 e il 2015 il 25,9 per cento di loro ha visto aumentare il fatturato, contro il 16,8 per cento di tutte le altre.
La green economy non è appannaggio solo di pochi territori, ma è ormai una realtà consolidata su tutto il territorio nazionale. La regione d’eccellenza è la Lombardia, che ospita quasi un quinto delle imprese italiane che investono nell’ambiente (oltre 69.000; nella sola Milano se ne contano 22.590). La seguono, un po’ a distanza, Veneto (più di 37.000 imprese green), Lazio (più di 33.600 e oltre una su sette ha sede a Roma) ed Emilia Romagna, che ne conta poco più di 33.000.
In un’Italia in cui nella categoria dei cosiddetti Neet (giovani che non studiano né lavorano) rientra quasi un ragazzo su tre di età compresa tra i 20 e i 24 anni, è fondamentale chiedersi quali siano le più promettenti fonti di occupazione. E, ancora una volta, la risposta è una: la sostenibilità ambientale. Ad oggi, le imprese green italiane garantiscono 2.964.000 posti di lavoro, pari al 13,2 per cento dell’occupazione complessiva nazionale, e per il 53,4 per cento si tratta di contratti a tempo indeterminato. Il contributo dei green jobs al pil italiano è stimato per il 2015 a 190,5 miliardi di euro, vale a dire il 13 per cento del totale.
E non è finita qui: quest’anno l’economia “verde” garantirà altre 249.000 assunzioni, tra green jobs in senso stretto e figure ibride con competenze green. Si tratta del 44,5 per cento della domanda di lavoro non occasionale, percentuale che sale al 66 per cento nel settore ricerca e sviluppo. Una dimostrazione in più del fatto che innovazione e responsabilità ambientale vadano a braccetto.
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