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Un gruppo di scienziati vuole creare un archivio che raccolga i suoni tipici degli ecosistemi acquatici, con l’intento di comprenderli e tutelarli meglio.
Anche le specie diverse dalla nostra si scambiano “messaggi vocali”, riuscendo così a mettersi in contatto fra di loro anche a chilometri di distanza. E quelle che popolano gli ecosistemi acquatici – siano essi caratterizzati dalla presenza di acqua dolce o salata – sfruttano le sonorità più svariate. I giovani pesci pagliaccio, che nascono sotto forma di larve, riescono a raggiungere le scogliere coralline ascoltando il rumore da esse generato. I delfini cacciano sfruttando l’ecolocalizzazione, tecnica simile al sonar. Le rane gracidano durante la notte, gli aironi emettono richiami per attirare le femmine o difendere il nido, i castori rosicchiano i tronchi producendo dei rumori caratteristici. Persino i venti, le correnti, le superfici che si ghiacciano durante l’inverno e quelle che si fondono per colpa del riscaldamento globale producono suoni.
Per questo una squadra internazionale di ricercatori sottolinea l’importanza di catalogare queste melodie – come pure i rumori provocati dalle attività umane – in una singola piattaforma digitale, la Libreria globale dei suoni biologici subacquei (Glubs). Delle circa 250mila specie marine conosciute, gli scienziati ritengono che tutti i 126 mammiferi emettano suoni. Almeno cento invertebrati e mille delle 34mila varietà di pesci note nel mondo sono soliti farlo, ma gli esperti ritengono che molti altri suoni siano in attesa di essere scoperti e classificati.
“Gli habitat più estesi sul Pianeta sono proprio quelli acquatici”, spiega Miles Parsons dell’Istituto australiano di scienze marine, fra gli autori dello studio pubblicato su Frontiers in ecology and evolution. “Con la perdita di biodiversità e le attività umane che alterano i paesaggi sonori sott’acqua, c’è bisogno di documentare, quantificare e individuare le fonti da cui provengono queste musiche prima che spariscano”.
L’obiettivo del database proposto sarebbe quello di monitorare la vita sottomarina, identificare le specie presenti e persino i dialetti regionali. Per esempio, i canti delle balenottere comuni cambiano dall’emisfero nord a quello sud e si differenziano anche a seconda della stagione, mentre i suoni emessi dai pesci pagliaccio rosa durante il combattimento variano dal Madagascar all’Indonesia.
Si spera che il ricorso a una piattaforma isolata consentirà l’uso dell’intelligenza artificiale per identificare rumori sconosciuti, permettendo così agli scienziati di monitorare le condizioni di salute delle barriere coralline, dell’ambiente pelagico (in mare aperto) e degli ambienti d’acqua dolce. L’idea è quella di coinvolgere anche i cittadini comuni chiedendo loro di contribuire alla creazione dell’archivio digitale. Riunendo le “playlist” già esistenti relative a rane, pesci e altre specie acquatiche, i ricercatori sono convinti di poter decifrare ninne nanne, inni e canti di alcuni degli ecosistemi più variopinti sulla Terra. Provate a chiudere gli occhi e immaginare di sentirli. Non sarebbe affascinante?
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