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L’ikebana richiede un’attenta osservazione del materiale e del suo ambiente naturale, poiché è necessario comprendere la sua realtà per poi utilizzarlo
I fiori, nell’antico Giappone, hanno sempre fatto parte delle
offerte che erano fatte alle divinità scintoiste,
giacché le forme della natura erano considerate loro
manifestazioni dirette.
Possiamo perciò affermare che all’origine dell’ikebana vi
sia la Natura vivente stessa, fonte inesauribile di materie prime e
d’ispirazione.
Il significato originario ha dato vita al primo stile, detto Rikka
cioè “elevare i fiori”, con composizioni imponenti che si
sviluppano verticalmente.
Successivamente ne sono nati altri: come il Seika, in cui il senso
armonico e proporzionale degli elementi ha lo scopo di rendere
comprensibile il significato di “ridare vita ai fiori” o il Nageire
“buttare via l’intenzione e il pensiero”, tentare, quindi, di
ascoltare la voce del fiore che ci dice come vuole essere,
accentuando l’apparente casualità della composizione.
L’ikebana richiede un’attenta osservazione del materiale e del suo
ambiente naturale, poiché è necessario comprendere la
sua realtà per poi utilizzarlo, creandone una nuova.
Il Gendaika, ovvero “stile moderno”, in cui le forme, i materiali e
le direzioni di movimento sono più liberi e personalizzati,
ha proprio l’intenzione di evidenziare la soggettiva
espressività dell’autore.
Benché il materiale non possa mai essere utilizzato nella
sua forma naturale, il principio di composizione fondamentale
è la ricerca della semplicità, mirata a far risaltare
il singolo elemento.
Il contrario della ridondanza che caratterizza le composizioni
occidentali dove i singoli elementi sono mortificati.
L’occhio occidentale è tentato di trovare una spiegazione
simbolica, il consiglio è, invece, di lasciare all’occhio
una visione d’insieme e una al particolare, in modo da stimolare,
alla sensibilità personale, immagini, ricordi, visioni ed
emozioni.
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