
Per un locale, il caffè può essere un importante biglietto da visita per raccontare sostenibilità e innovazione. Ne abbiamo parlato, a Torino, con Giovanni Rastrelli, giovane Amministratore delegato di EDIT.
Il nuovo birrificio Baladin apre a Piozzo, in Piemonte, nelle Langhe. L’inaugurazione di uno stabilimento modernissimo e tutto verde dentro, accanto a una cascina del XIV secolo ristrutturata a metà, ci consente di vedere cosa c’è dentro l’ispirazione di Teo Musso. C’è terra, fatica, musica, circo.
Tra i muri secolari di una cascina, tre fonti d’acqua e una colonia di caprioli c’è un nuovo stabilimento e, presto, ci saranno anche sedie e divani, forno e brace, un negozio di chitarre e ovviamente un pub, presumibilmente al secondo piano. C’è da festeggiare, nel trentennale di Baladin, l’inaugurazione del nuovo ipertecnologico stabilimento di produzione e della ristrutturazione dell’adiacente cascina. A Piozzo, piccolo paese del cuneese, Teo Musso sta dato una forma sempre più grandiosa, personale e concreta al suo sogno di produrre birra. Oggi la sua azienda, Baladin, fattura 25 milioni di euro, per circa un terzo provenienti dalla produzione di birra e il resto dai proventi dei tredici locali attivi in Italia, dell’hotel Riad Baladin di Essaouira in Marocco e dei brewpub realizzati nei negozi Eataly di Roma, New York e Chicago e forse a breve anche Londra.
Il nuovo stabilimento poco fuori Piozzo, in provincia di Cuneo, ha aperto i sui portoni al pubblico per una settimana a metà luglio, tra birra alla spina in degustazione, street food a profusione, pizze e focacce di Gabriele Bonci, acrobazie di trapezisti del Cirque Bidon, brindisi coi compagni di Slow Food e un concerto di Eugenio Finardi.
Quella che era una cascina diroccata, Cascina Coda, sta diventando un parco divertimenti per i golosi amanti della birra, del verde e della musica. 73mila metri quadrati nel verde, una cascina d’origine medievale riadattata a centro didattico e cantina che ospiterà nel prossimo futuro una scuola di apprendistato per i mastri birrai di Pollenzo, un’arena per i picnic, un mercato a chilometro zero nei fine settimana e, tutt’intorno, campi coltivati a orzo e luppolo.
È questa la più recente impresa di Teo Musso, pioniere del movimento brassicolo artigianale italiano, portata avanti di pari passo all’espansione nazionale e internazionale (grazie anche ai buoni uffici dell’illustre socio di minoranza Oscar Farinetti, che ne ospita i prodotti nei vari Eataly e gli darà spazio anche al Fico di Bologna).
Qui a Piozzo ora c’è il suo nuovo maxi stabilimento di produzione. L’impianto per cuocere la birra è da 5.000 litri di capienza per un potenziale produttivo annuo di 50.000 ettolitri. Prima, per capirci, era da 3.500 litri. E non solo.
Gli spazi sono aperti, colorati e ospitali. Ci potranno venire i discenti dell’artigianato brassicolo, i proprietari di locali a vario titolo, i gozzovigliatori di professione o di piacere.
Teo Musso è uno dei capofila storici del fenomeno della birra artigianale che oggi raduna più di 500 microbirrifici in Italia. Ora si sta nuovamente dedicando alla creatività pura, sia nella formulazione delle nuove birre, sia nella costruzione del suo giardino da sogno.
La festa per i trent’anni di attività a metà luglio è stata l’occasione perfetta per vedere da dietro le quinte cosa c’è davvero dentro la birra Baladin, con cosa è fatta, cosa pensa e cosa sogna chi l’ha creata, Teo Musso.
Su un’intera parete dipinta di verde del nuovo stabilimento campeggia la scritta “Perché la birra è terra”. In effetti la birra è pane liquido, è acqua, è cereali. Dunque in realtà tutto proviene dalla terra. Musso questo lo sa e ci tiene a rimarcarlo, a dirlo, ripeterlo e trascriverlo ovunque – anche nelle etichette – sulla spinta del suo orgoglioso amore per il territorio italiano, che trasuda voglia di far capire a tutti che la birra è ancora prima di tutto un prodotto agricolo, terreno, terroso, territoriale. Deve dunque essere un prodotto locale, dato che proviene dai campi coltivati, dal lavoro di mani contadine, dalla passione di piccoli artigiani. E ora può – e secondo lui deve – arrivare ad essere 100 per cento italiana. Difatti ha come obiettivo il 100 per cento di uso di materie prime autoprodotte entro cinque-sette anni, come da progetto presentato al programma europeo Horizon 2020. È già sulla buona strada: oggi Baladin produce da sé l’85% della materia prima, con 400 ettari coltivati a orzo da maltare in diverse regioni e ha il record della prima coltivazione di luppolo italiana. È locale anche l’acqua: il grande birrificio si trova accanto a tre sorgenti di acqua pura.
A come far la birra per riconnetterla alla sua origine, Teo Musso aveva cominciato a pensarci tempo fa. Anche per alzarne il percepito, per provare a dire che poteva essere una bevanda apprezzata anche dagli amanti del vino o di non sfigurare nel menù dei ristoranti. Ha creato due prodotti inediti sul mercato italiano, Isaac e Super Baladin, le prime due birre profumate e artigianali in bottiglia. Da lì in poi ne studia almeno dieci all’anno, sperimentando in continuazione – dalle barrique dismesse dalle grandi cantine vinicole alla mirra etiope, dalla birra di ciliegie selvatiche alle fermentazioni in terracotta.
Trent’anni dall’idea di produrre birra nella terra dei vini. Trent’anni di lavoro, giorno e notte, facendo la spola tra il bancone e le banche, da quando, nel 1986, Teo Musso apre la sua prima birreria con 10 milioni di lire di suo padre. Lì vendeva birra importata soprattutto dal Belgio, poi dalla Germania e da mezza Europa. Il Baladin è infatti nato come pub. Proponeva 200 etichette quando ancora in Italia l’espressione birra artigianale era del tutto sconosciuta. Per dieci anni si dedica anima e corpo al locale e reinveste gli utili col pallino di produrla, un giorno, da solo, anche se non aveva personale perciò, per star dietro a tutto, la birra la faceva di notte. Smontava come barista a mezzanotte e andava a macinare, finiva di mettere a posto verso le otto del mattino, dormiva fino all’una e poi ricominciava.
Ora quella birra vien prodotta a ettolitri nello stabilimento appena inaugurato e che sta per diventare una meta turistica perché è in un posto strano e bello, adiacente a una cascina ristrutturata. Lo stabilimento è all’avanguardia, dunque, ma lontano dalla tradizionale immagine di un’industria, in un’area scampata al destino dei capannoni per via dell’alluvione del ’94, della crisi e di mancati rimborsi che fermarono i lavori.
Teo Musso ne sta seguendo in prima persona la riqualificazione, la riconversione, la trasformazione in uno spazio verde, oro e rosso mattone per farla straripare di gusti, di piaceri, di stimoli offerti al visitatore, dal negozio di chitarre all’angolo dei sigari, dall’arsenale di spillatori al forno di Gabriele Bonci.
Non dev’essere stata una passeggiata barcamenarsi tra finanziatori, permessi, architetti e costruttori, ma pare che ce la stia facendo. Sono quindici i milioni di euro già investiti e potrebbe aprirsi un crowdfunding per rendere l’area verde circostante uno spazio che tutti possano sentire proprio.
Nelle interviste il fondatore di Baladin afferma serenamente d’avere tre passioni: “birra, donne e musica”. Anche quella per la musica si riverbera nelle scelte aziendali, al punto che nel 2014 ha avviato una ricerca per stabilire se e come le vibrazioni sonore influenzano la fermentazione. Nelle scelte personali, dato che non ci stupirebbe se aprisse un’etichetta discografica sua. E nelle scelte di come ristrutturare Cascina Coda: una bottega del piano terra è un negozio di strumenti musicali.
La musica è intesa sempre come consustanziale al luogo dove si beve birra, si socializza e ci si accultura anche. Per esempio all’Open Baladin a Cuneo, ci sono attività culturali e d’animazione sul tema dell’accoglienza, libri in prestito, angolo lettura con divanetti e un’area in cui sarà lanciata una talk radio.
Durante la festa del trentennale, è stata esposta una chitarra che Teo Musso si è fatto costruire apposta da un liutaio. Domenica l’ha suonata Eugenio Finardi, poi è stata messa all’asta, e il ricavato destinato al sostegno di progetti musicali per ragazzi disabili.
Durante la festa di metà luglio Teo Musso si è addirittura commosso quando ha raccontato la storia di una carovanina di giocolieri che 34 anni fa arrivarono nella piazza di Piozzo, dove all’epoca non c’era quasi nulla. Era il Cirque Bidon, un buffo crogiuolo di teatro, musica dal vivo, clownerie e acrobazie che già negli anni ’70 faceva da alternativa alle crudeli famiglie circensi con elefanti e tigri in gabbia.
Per celebrare il trentennale Teo Musso ha infatti invitato e ospitato nell’area del nuovo stabilimento per una settimana proprio quello stesso circo, la stessa carovana che l’aveva incantato da bambino. Per ringraziarli fors’anche di avergli dato modo di attingere alle ispirazioni di quel mondo perfino nel nome trovato con l’aiuto di François Rauline (detto appunto “Bidon”), il fondatore del circo.
Baladin è il menestrello del Medioevo francese. Furono gli artisti del Cirque Bidon a dar spunto ai locali di Teo Musso per l’aspetto caratteristico che hanno ancora oggi. Il richiamo c’è anche nella grafica delle etichette in stile antico, Isaac, Wayan, Leon, Open, Nora (il nome di sua moglie), le più celebri birre oggi agognate dagli appassionati in cerca di refrigerio. Di terra, d’italianità, di musica, di un piccolo circo di emozioni.
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