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I rifiuti di plastica, secondo un nuovo studio, hanno anche un grave impatto economico poiché influenzano negativamente i servizi ecosistemici offerti dagli oceani.
L’immensa quantità di plastica che galleggia nelle acque di tutto il pianeta ha un enorme impatto sull’ambiente e sulla fauna marina: dagli anemoni di mare alle balene, la plastica è ormai entrata stabilmente nella catena trofica marina fino a giungere nei nostri piatti. Se l’impatto ambientale è noto e ampiamente dimostrato, meno conosciuto è invece l’impatto economico di tutta questa plastica.
Su questo aspetto, ma non solo, si concentra lo studio Global ecological, social and economic impacts of marine plastic, guidato da Nicola Beaumont, studioso di economia dell’ambiente del Plymouth Marine Laboratory, e pubblicato sulla rivista Science Direct. Secondo lo studio, che per la prima volta analizza il problema della plastica marina da un punto di vista olistico, valutandone l’impatto ambientale, economico e sociale, l’inquinamento oceanico da plastica costa alla società miliardi di dollari ogni anno, influenzando negativamente i servizi ecosistemici offerti dagli oceani.
Gli ecosistemi marini di tutto il mondo forniscono infatti una vasta gamma di servizi, come la fornitura di cibo per miliardi di persone, lo stoccaggio del carbonio e i benefici culturali e ricreativi. Qualsiasi minaccia alla fornitura continua di tali servizi mette a rischio il benessere degli esseri umani, in particolare delle comunità costiere, provocando la perdita di sicurezza alimentare, di reddito e di buona salute. “Mentre la ricerca sull’inquinamento da plastica è cresciuta esponenzialmente nell’ultimo decennio – si legge nello studio – c’è scarsa comprensione degli effetti olistici della plastica marina e dell’impatto che ne deriva sui servizi ecosistemici, che a sua volta si ripercuote sul benessere umano, sulla società e sull’economia”.
Tutti i servizi ecosistemici, evidenziano gli scienziati, sono influenzati in una certa misura dalla presenza di plastica marina, che ne determina una riduzione che oscilla tra l’1 e il 5 per cento. Tale riduzione ha evidenti implicazioni negative per la salute e il benessere umano. La pesca, l’acquacoltura e le attività ricreative sono tutte negativamente influenzate dall’inquinamento da plastica.
A livello globale il pesce è la principale fonte di proteine animali e costituisce oltre il 20 per cento del cibo assunto da 1,4 miliardi di persone. La plastica marina mette seriamente a rischio l’efficienza e la produttività della pesca commerciale e dell’acquacoltura. Gli animali marini infatti possono sia restare impigliati o feriti dai rifiuti, che ingerirli, facendo entrare la plastica in tutta la catena alimentare. I polimeri sono inoltre spesso ricchi di additivi tossici e gli inquinanti organici persistenti possono accumularsi nei tessuti degli animali, fino a giungere all’uomo. La plastica non minaccia dunque singoli individui ma, determinando la diminuzione del successo riproduttivo e della crescita, può avere gravi impatti su intere popolazioni.
Gli autori dello studio hanno anche scoperto che i rifiuti plastici, che possono galleggiare per decenni e percorrere oltre tremila chilometri, possono fornire habitat adatti per batteri e alghe, consentendogli di percorrere grandi distanze aumentando così il loro raggio d’azione e favorendo la diffusione di specie invasive e malattie.
La plastica minaccia oltre 800 specie animali ma, se è vero che tutti gli animali sono uguali, alcuni sono più uguali degli altri. Alcune specie marine, come i cetacei, le tartarughe marine e numerosi uccelli, sono infatti animali carismatici, che hanno cioè una particolare importanza nell’immaginario culturale e popolare. Queste specie potrebbero scomparire (anche) a causa della plastica, lasciando un vuoto dentro di noi e privando le generazioni future del loro valore simbolico.
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