L’importanza ambientale degli olivi

Oltre alla loro indubbia valenza antropologica e commerciale, gli olivi svolgono preziose funzioni ambientali, mitigando i cambiamenti climatici e fungendo da oasi per la biodiversità.

Gli olivi caratterizzano da millenni il paesaggio del Mediterraneo e all’ombra delle loro fronde si sono sviluppate le prime civiltà mediterranee. Ancora oggi queste incredibili piante, tra i più antichi alberi da frutto coltivati, ricoprono un ruolo essenziale nella vita e nell’economia di diversi paesi. Oltre a fornire l’elemento principe della dieta mediterranea, l’olio, e ad avere un elevato valore culturale, gli olivi hanno un’eccezionale e, forse, poco nota, valenza ambientale.

Il valore ecosistemico degli olivi

Gli olivi offrono indispensabili servizi ecosistemici, sono in grado, ad esempio, di contrastare gli effetti dell’erosione eolica, idrica e conseguenti alla perdita di sostanza organica del suolo. Gli oliveti più antichi e coltivati con metodi a basso impatto ambientale, presentano caratteristiche simili a macchie e foreste e, allo stesso modo, svolgono un ruolo strategico nel limitare la perdita di suolo arginando la desertificazione. Gli oliveti secolari sono una sorta di punto d’incontro tra un ambiente selvatico e un’area adibita a coltivazione intensiva, costituiscono dunque aree a livelli di naturalità intermedia che fungono da cuscinetto in zone agricole sempre più antropizzate, rappresentando un prezioso rifugio per la biodiversità.

Papilio machaon posato su un olivo
Il bacino del Mediterraneo, in virtù del suo clima peculiare, è uno dei 34 hotspot di biodiversità presenti sulla Terra e ospita numerosi endemismi © Pixabay

Gli olivi come ecosistemi

Tra le chiome degli olivi, i loro tronchi nodosi e ricchi di cavità e le loro imponenti radici, trovano rifugio e sostentamento una grande varietà di specie animali. A differenza di altre forme di attività agricola, che determinano solitamente un impoverimento degli habitat, gli oliveti condotti con metodi tradizionali rappresentano un ambiente semi-naturale e svolgono un’importante funzione ecologica. Gli antichi oliveti, come riportato nello Studio sulla biodiversità negli oliveti secolari pubblicato dall’Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari (Ciheam), “rappresentano un vero e proprio serbatoio di biodiversità per le specie animali e vegetali”. Dalle piantagioni di olivo dipende, addirittura, la sopravvivenza di alcune specie endemiche di piante, minacciate dai cambiamenti nell’uso del territorio e dall’abbandono delle aree rurali. Gli olivi ospitano numerose specie animali, a cominciare da una ricca fauna di artropodi. L’abbondanza di insetti e la varietà vegetale attirano un gran numero di uccelli, ne sono state rilevate oltre trenta specie, sia svernanti che nidificanti. L’oliveto è inoltre frequentato, specie nei mesi invernali, da un cospicuo numero di mammiferi, tra cui il riccio europeo, la volpe, la faina e il pipistrello nano. Anche l’erpetofauna monitorata tra gli olivi è particolarmente ricca e annovera numerose specie, come il geco comune, la lucertola campestre e la raganella.

Volpe rossa in un prato
Gli oliveti rappresentano una sorta di oasi in paesaggi rurali sempre più antropizzati e offrono un habitat a numerosi vertebrati e invertebrati © Ingimage

Perché gli oliveti sono così ricchi di vita

Il gran numero di animali selvatici che nidifica, sverna e si nutre tra gli olivi, si spiega con gli antenati di questi antichi alberi. L’olivo infatti non è altro che la forma innestata dell’olivo selvatico, “elemento fondamentale della vegetazione sempreverde, uno dei principali tipi di ecosistemi mediterranei –  come evidenziato nello studio condotto da Generosa Calabrese, Nicoletta Tartaglini e Gaetano Ladisa. – La flora dell’ecosistema oliveto presenta una eccezionale somiglianza con la flora degli ecosistemi di tipo mediterraneo, assicurando le condizioni per l’esistenza di una moltitudine di habitat per gli animali”. Il merito, però, è anche della sapienza umana che ha dato vita agli oliveti secolari, cercando di creare un equilibrio tra l’ambiente e le colture al fine di ridurre al minimo la necessità di interventi umani e di innalzare il livello di biodiversità.

Come cambiano gli olivi con i cambiamenti climatici

L’aumento globale delle temperature rappresenta una minaccia, soprattutto in alcune aree del Mediterraneo, per la coltivazione degli olivi. “I cambiamenti climatici stanno indubbiamente influenzando in maniera negativa le coltivazioni di olivi e compromettendo la qualità delle olive – ha affermato Zefferino Monini, presidente e amministratore delegato della storica azienda produttrice di olio extravergine di oliva Monini. – La tropicalizzazione del clima in atto da circa un decennio, caratterizzato da temperature e umidità in aumento, favorisce la diffusione della mosca dell’olivo. Questi insetti sono una delle principali minacce per gli olivi”. Ciononostante queste piante straordinariamente longeve, in grado di resistere alle avversità ambientali, possono aiutarci ad arginare gli effetti del riscaldamento globale.

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La resilienza degli olivi

Il progetto OLIVE4CLIMATE – Life, co-finanziato dalla Commissione europea, è nato proprio per sviluppare e promuovere strategie innovative che permetteranno di adottare, nella filiera olivicola, azioni di mitigazione dei cambiamenti climatici. L’obiettivo dell’iniziativa, avviata nel 2016 e che si concluderà quest’anno, è di aumentare la sostenibilità dell’intera filiera. “Peculiarità del progetto è quella di calcolare la quantità di carbonio assorbita dall’ecosistema oliveto e confrontare tale quantità con le emissioni associate all’intero processo produttivo dell’olio extra vergine di oliva – si legge sul sito di OLIVE4CLIMATE – potendo così determinare il punto di pareggio a partire dal quale la quantità di carbonio sequestrato supera le emissioni”. I ricercatori hanno redatto un manuale, destinato agli agricoltori, che analizza le fasi principali dell’olivicoltura, a partire dall’impianto dell’oliveto fino alle fasi di raccolta e trattamento dei co-prodotti, proponendo un approccio che permetta una riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera e un accumulo di carbonio nella biomassa vegetale. Nonostante la grande diffusione di olivi, valutati abitualmente per il loro ruolo produttivo e non per il ruolo ecologico, si sa ancora poco circa la loro capacità di assorbimento di CO2 e il loro ruolo nella mitigazione dei gas serra. Le potenzialità in questo senso sono però evidenti e potrebbero conferire un ulteriore valore a queste incredibili piante, si presenterebbe infatti la possibilità di preservare oliveti che assolvono importanti funzioni ambientali, ma con bassa redditività, grazie agli incentivi connessi alla vendita di crediti di carbonio.

Olivo monumentale
Gli olivi monumentali, oltre al valore ambientale, hanno un elevato valore culturale e caratterizzano le aree in cui sorgono © Ingimage

Alla scoperta degli olivi monumentali

In Europa esistono antichi esseri viventi che hanno assistito imperturbabili alla nascita e al declino di numerose civiltà, sono gli olivi millenari. Queste nodose cattedrali di legno, simbolo della storia, della cultura e del paesaggio regionale, sono oggi minacciate dalle pratiche agricole intensive, dall’espianto per scopi ornamentali e dal batterio Xylella fastidiosa. L’Italia ospita numerosi olivi monumentali, che godono cioè di un’età plurisecolare e determinate misure del tronco e dell’altezza. Uno dei luoghi migliori per ammirare alcuni di questi patriarchi è la Puglia, dove la coltivazione dell’olivo risale a tremila anni fa. Qui, tra Ostuni, Monopoli, Fasano e Carovigno, sorge la Piana degli olivi secolari, l’area a maggior concentrazione di ulivi secolari, tra cui molti millenari. L’olivo più antico d’Italia, chiamato il Patriarca o S’Ozzastru (cioè, l’Olivastro), si trova però in Sardegna, nel comune di Luras, ha oltre quattromila anni e presenta misure eccezionali: il tronco è di quasi dodici metri, mentre il diametro della chioma ne misura ventuno. Nel Lazio si trova l’ulivo di Palombara Sabina, appartenente all’antica varietà Salus alba, con un’età stimata di tremila anni e una circonferenza superiore ai dodici metri. Ulivi millenari si stagliano inconfondibili anche in Toscana (l’Olivo della Strega di Magliano avrebbe ben 3.500 anni) e in Umbria, mentre in Veneto è possibile trovarsi al cospetto di piante secolari, come quelle presenti nella tenuta Villa Are nella collina delle Torricelle.

Coltivazione di olivi
La coltivazione di olive biologiche prevede l’arricchimento del suolo con concimi organici e residui di potatura interrati, irrigazione solo in annate di forte siccità © Ingimage

Bio è ancora meglio

L’olio extravergine di oliva è il grasso più usato nella dieta mediterranea e vanta numerose proprietà benefiche per il nostro organismo, contribuendo, ad esempio, a regolare i livelli di colesterolo e garantendo una difesa contro la formazione e lo sviluppo di molti tipi di tumori. Negli ultimi anni il consumo di olio extravergine di oliva biologico in Italia, secondo le stime di AssoBio, è in costante crescita. L’olio bio, a differenza di quello tradizionale, viene prodotto senza ricorrere a fertilizzanti e antiparassitari chimici di sintesi e contribuisce a tutelare l’ambiente e a ridurre le emissioni di CO2. Da un punto di vista qualitativo, non è detto che un olio biologico sia sempre meglio di un olio tradizionale, ma sicuramente ha avuto un minore impatto sugli ecosistemi. In Italia vengono coltivati circa 180mila ettari di oliveti biologici, ripartiti soprattutto tra Calabria e Puglia.

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