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Da mesi il Nepal sta affrontando incendi senza precedenti che stanno portando l’inquinamento dell’aria a livelli preoccupanti per la salute.
Da gennaio il Nepal, piccolo paese incastonato tra India e Tibet, sta lottando contro centinaia di incendi boschivi che stanno riducendo in cenere numerose aree e stanno causando un drastico peggioramento della qualità dell’aria sia nelle zone montane che in quelle urbane.
La stagione secca nel paese va da gennaio a maggio, un periodo che coincide anche con la preparazione dei terreni degli agricoltori e degli allevatori – che spesso bruciano le foglie secche nei boschi per bonificare il terreno e incentivare la crescita di erba destinata al bestiame. In questa stagione sono quindi frequenti gli incendi, ma quelli registrati quest’anno sono i peggiori da decenni, in termini di numero e intensità. Le autorità locali stimano che quest’anno gli incendi siano il 15 per cento in più rispetto al 2020, registrati in 22 dei 77 distretti amministrativi del paese. Al momento è ancora difficile stimare i danni, ma le autorità riportano che cinque persone sono morte a causa degli incendi.
Gli incendi potrebbero raggiungere il picco questo mese se la stagione secca continua
Una delle gravi conseguenze degli incendi è il fumo che inghiottisce intere aree e città, come la capitale Katmandu, aumentando drasticamente i livelli di inquinamento e ponendo gravi rischi per la salute delle persone, in una città già tra le più inquinate al mondo.
A fine marzo proprio nella capitale il valore dell’indice della qualità dell’aria (Aqi) è arrivato a 632, più di dieci volte superiore rispetto alla soglia stabilita dell’Organizzazione mondiale della sanità (da 0 a 50). Molti cittadini hanno infatti segnalato disturbi agli occhi e il fumo era talmente fitto che il cielo della capitale si è oscurato, coprendo anche il sole. In quei giorni infatti il governo ha deciso di chiudere le scuole, tenendo milioni di studenti a casa per la pericolosità dell’aria. La scorsa settimana il valore dell’indice della qualità dell’aria (Aqi) nella capitale nepalese si è attestato intorno alla soglia dei 100, con picchi di 150-170, mantenendo livelli ancora preoccupanti.
I livelli di inquinamento si stanno abbassando, ma non sono comunque adatti per respirare in maniera sana
Quello che spaventa degli incendi in Nepal di quest’anno è la loro estensione e durata: le autorità hanno riportato che in alcuni luoghi ci sono incendi che non si sono ancora spenti da gennaio, ininterrottamente. La difficoltà nel domarli è riconducibile sia alla geografia del paese (spesso gli incendi sono nelle foreste che si ergono su pendii non facili da raggiungere) sia alle risorse delle autorità limitate (non ci sono abbastanza vigili del fuoco). In più, il clima di questa stagione ha contribuito a peggiorare la situazione, con venti caldi che hanno favorito la propagazione del fuoco e un inverno più secco.
“Le precipitazioni primaverili variano di anno in anno. L’anno scorso abbiamo avuto una primavera relativamente piovosa. Quella di quest’anno è eccezionalmente secca, tant’è che i primi incendi si sono verificati a gennaio”, ha affermato Arnico Panday, scienziato atmosferico e ricercatore. “Sebbene sia difficile connettere eventi specifici ai cambiamenti climatici, che considerano mutazioni nel corso di decenni, possiamo dire che ci aspettiamo che i cambiamenti climatici porteranno eventi più estremi di piogge e siccità, anche se le precipitazioni totali rimangono invariate”.
Se da un lato ci sono i cambiamenti climatici ad intensificare gli eventi meteo, dall’altra ci sono altri fattori da tenere in considerazione, ad esempio la gestione del territorio, come fa notare Madhukar Upadhya sul Kathmandu Post. Negli ultimi decenni – dagli anni Novanta – c’è stata una diminuzione significativa dell’acqua di falda, essenziale per mantenere il terreno umido d’inverno e limitare quindi la propagazione di incendi in primavera. Questo è dovuto anche da un calo idrico nelle sorgenti montane, che non riescono più a ricaricarsi a pieno, problema aggravato dalle precipitazioni estreme che causano danni come le frane e non permettono all’acqua che cade (troppa in troppo poco tempo) di assorbirsi.
Le risorse idriche hanno negli anni anche subìto gli effetti dell’uomo, che ne ha interrotto o deviato il corso per costruire strade. La mancanza di acqua nelle sorgenti montane ha profondamente cambiato l’ecosistema, prosciugando fiumi e laghi, spingendo la popolazione locale a spostarsi, lasciando quindi le terre abbandonate e senza alcun aiuto in caso di incendio.
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