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3 milioni di bambine sono scomparse in soli dieci anni in India a causa della preferenza di una discendenza maschile. Il reportage fotografico sulle bambine salvate dall’infanticidio, grazie a Terre des Hommes.
Sono circa tre milioni le bambine “scomparse” in India in soli dieci anni. Questa è l’incredibile cifra che deriva da un conteggio dell’ufficio centrale di statistica indiano, il quale ha rilevato che il numero di bambine tra zero e sei anni di età è passato da 78 milioni e 830mila nel 2001 a 75 milioni e 840mila nel 2011. Comparando le nascite di bambini maschi con quelle delle bambine si evidenziava un forte sbilanciamento tra i sessi alla nascita: in media 112 maschi ogni 100 femmine nate. Un fenomeno che certamente non può dirsi naturale. Infatti, se non intervengono fattori esterni, il rapporto tra i sessi alla nascita è sostanzialmente equilibrato: per ogni 100 bambine vengono al mondo 102-106 bambini.
La causa di questo fenomeno è da ricercarsi nella marcata preferenza di tante famiglie indiane (ma anche cinesi, pakistane, vietnamite e persino armene e georgiane) di una discendenza maschile. Pur avendo vietato ai medici di comunicare il sesso del nascituro ai futuri genitori, in India è ampiamente diffuso l’aborto selettivo che ha sostituito nelle fasce sociali più abbienti il tradizionale infanticidio delle neonate. Nelle campagne ancora accade che le bambine appena nate vengano lasciate senza latte, oppure le si fa bere la linfa di una pianta che risulta velenosa, o ancora vengono soffocate con un cuscino: sono le stesse donne di famiglia – spesso la nonna o la suocera della madre – ad occuparsi di questa incombenza. Niente bambina, niente dote da mettere da parte per il matrimonio, anche se la legge indiana la proibisce.
Per contrastare questo fenomeno è nato, vent’anni fa, il progetto Poonthaleer di Terre des Hommes Core, con il sostegno specifico di Terre des Hommes Italia, a Idappadi, nel distretto di Salem, una delle regioni del Tamil Nadu più colpita dalla pratica dell’infanticidio femminile. L’intervento nella zona è iniziato nell’ottobre 1998 grazie alla determinazione di Chezhian Ramu, il direttore dell’organizzazione, che con il suo team ha contattato una ad una le donne incinte per identificare le madri “a rischio”, ovvero quelle che avevano già partorito una femmina: l’infanticidio infatti diventava più probabile a partire dalla seconda figlia. Le famiglie venivano quindi coinvolte in un dialogo sui motivi che potevano portare all’uccisione delle neonate: “non erano mai le madri a voler sopprimere le figlie – testimonia Chezhian Ramu – ma i padri e le suocere, spinti da preoccupazioni economiche o da superstizione”.
Terre des Hommes Core ha offerto alle famiglie in difficoltà consulenza e supporto per allevare le bambine fino alla maggiore età. Dal 1998 al 2008 Poonthaleer – che in lingua tamil significa “sbocciare” – ha salvato 1.558 bambine dall’infanticidio; di queste, il 90 per cento è rimasto con i genitori e il 10 per cento è stato dato in adozione.
Grazie anche all’azione di Terre des Hommes, oggi le donne incinte sono monitorate dal governo: ogni villaggio ha un ufficio sanitario con una responsabile che si assicura che a tutte le gravidanze corrisponda poi effettivamente un nuovo nato. Dal 2008 non è stato più segnalato alcun infanticidio nei 72 villaggi del distretto di Salem in cui opera l’organizzazione. Poonthaleer continua a seguire da vicino lo sviluppo delle “bambine salvate”, supportando attualmente 215 famiglie.
Per raccogliere le storie delle bambine salvate dal progetto è nato il reportage fotografico Le bambine salvate di Stefano Stranges, fotografo torinese che ha vinto il contest #ioalzolosguardo organizzato dal Festival dei diritti umani. Realizzato grazie al sostegno di Terre des Hommes Italia, è stato esposto alla Triennale di Milano dal 20 al 24 marzo 2018 e dal 3 maggio al 15 giugno 2018 sarà alla galleria Febo e Dafne di Torino.
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