
La temperatura media globale è cresciuta di 0,2 gradi centigradi in un solo decennio. E l’Artico potrebbe fondere totalmente già nel 2030.
Secondo un nuovo studio l’avanzare delle acque mette a rischio le case di 300 milioni di persone. Il triplo della precedente stima.
Il riscaldamento globale, causando la fusione dei ghiacciai e delle calotte glaciali, provoca l’aumento del deflusso di acqua dolce nei mari con il conseguente innalzamento del livello dell’acqua. Il tasso di crescita del livello del mare, secondo quanto riportato dal Cnr, sta accelerando e negli ultimi quindici anni è stato circa il doppio dei decenni precedenti. Un nuovo studio, pubblicato su Nature Communications, rivela che, entro il 2050, i territori che attualmente ospitano circa 300 milioni di persone potrebbero essere sommersi dalle acque, a meno che le emissioni di carbonio non vengano drasticamente ridotte e le difese costiere rafforzate.
I due ricercatori del Climate Central che hanno condotto lo studio, Scott A. Kulp e Benjamin H. Strauss, grazie ad una valutazione più sofisticata della topografia delle coste di tutto il mondo, hanno rivelato che il numero di persone che rischia di rimanere senza casa è molto più elevato di quanto stimato in precedenza. Le precedenti stime, che utilizzavano dati satellitari della Nasa che sopravvalutavano l’altitudine del terreno, ritenevano che fossero a rischio “solo” 80 milioni di persone. “Queste valutazioni ci mostrano come i cambiamenti climatici possono ridisegnare città, economie, coste e intere regioni nel corso della nostra vita”, ha affermato Scott Kulp.
Il continente più minacciato dall’innalzamento delle acque è l’Asia, che ospita la maggior parte della popolazione mondiale. Paesi che già attualmente devono far fronte a devastanti inondazioni, come Bangladesh, India, Tailandia e Cina, vedranno aumentare esponenzialmente il numero di inondazioni annuali entro il 2050. In Indonesia il problema è già assolutamente tangibile, tanto che nei mesi scorsi migliaia di persone sono state costrette ad abbandonare le loro case. Secondo il nuovo studio sono 23 milioni gli indonesiani a rischio, non 5 milioni come si riteneva. Per evitare che la capitale, Giacarta, venga inghiottita dalle acque, il governo indonesiano ha deciso di trasferire la capitale nel Borneo.
Le previsioni sono dunque catastrofiche ma i calcoli potrebbero addirittura sottostimare i pericoli. Si basano infatti su proiezioni standard di innalzamento del livello del mare in uno scenario che ipotizza tagli delle emissioni in linea con gli impegni sanciti dall’accordo di Parigi. Nessuna nazione al mondo, o quasi, sta tuttavia rispettando tali impegni e agendo con la necessaria decisione per contrastare il riscaldamento globale.
Gli autori dello studio hanno evidenziato la necessità di aumentare le difese costiere e migliorare la pianificazione urbana. “Una quota impressionante e sproporzionata dello sviluppo umano è concentrata in territori pianeggianti, a basse quote vicino al mare”, ha affermato Strauss. Senza interventi il numero di migranti climatici, già elevato, aumenterà considerevolmente costringendo centinaia di milioni di persone a spostarsi a causa dei mutamenti del proprio ambiente.
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