L’Iran condanna a morte chi partecipa alle proteste

Una corte dell’Iran ha comminato la prima pena di morte per un manifestante delle proteste in corso. Migliaia di altre persone sono sotto processo.

  • In due mesi di proteste in Iran dopo la morte di Mahsa Amini sono morte 327 persone. Gli arrestati sono 15mila.
  • 227 parlamentari hanno fatto un appello ai tribunali del paese perché eseguano condanne severe contro i manifestanti.
  • Una persona è stata condannata a morte e altre migliaia di persone sotto processo ora rischiano la stessa fine.

Una corte di Teheran, in Iran, ha condannato a morte una persona per la sua partecipazione alle proteste nel paese dopo la morte di Mahsa Amini. Altre migliaia di persone negli ultimi giorni sono state invece condannate al carcere, mentre secondo le organizzazioni per i diritti umani le persone arrestate dall’inizio delle manifestazioni di metà settembre sono circa 15mila

Numeri che raccontano bene il pugno di ferro che le autorità iraniane stanno mettendo in campo contro il dissenso.

I processi contro i manifestanti in Iran

Sono passati quasi due mesi dalla morte di Mahsa Amini in Iran. La giovane donna del Kurdistan iraniano è deceduta in circostanze sospette il 16 settembre scorso mentre si trovava in custodia delle guardie di sicurezza e questo ha portato sin dalle ore successive migliaia di persone in piazza.

In questi due mesi di proteste si è assistito a scene nuove per l’Iran, come quelle di donne che si sono tagliate i capelli in piazza o hanno dato fuoco ai loro hijab. Il governo ha reagito con la forza e la conta dei morti arriverebbe a 327, tra cui decine di minorenni. Finora sono state arrestate almeno 15mila persone secondo l’organizzazione Human rights activists news agency (HRANA), tra questi spiccano almeno 51 giornalisti. E nelle ultime settimane sono cominciati i processi.

A fine ottobre otto persone sono state incriminate dal tribunale rivoluzionario islamico dell’Iran per offesa a Dio. Nei giorni scorsi sono state annunciate mille nuove incriminazioni per le rivolte solo nell’area di Teheran, 164 per le proteste nella provincia di Hormozgan e 276 per le manifestazioni nell’area di Markazi. Tra le persone incriminate c’è anche l’artista e rapper Saman Yasin, accusato di aver dato supporto alle manifestazioni. A chiedere pene esemplari contro queste persone sono stati anche 227 membri del parlamento, che hanno fatto un appello ad hoc ai tribunali del paese.

L’appello dell’Onu

Nelle ultime ore, nell’ambito dei processi per i manifestanti iraniani, è arrivata la prima condanna a morte. Non si hanno al momento notizie sulla persona incriminata, ma le incriminazioni riguarderebbero l’assalto a un palazzo istituzionale, il disturbo dell’ordine pubblico e crimini contro la sicurezza nazionale

Di fronte al pugno di ferro in corso nel paese contro i manifestanti è intervenuto anche l’Onu. “Esortiamo le autorità iraniane a smettere di usare la pena di morte come strumento per reprimere le proteste e ribadiamo il nostro appello a rilasciare immediatamente tutti i manifestanti che sono stati arbitrariamente privati della loro libertà per il solo motivo di aver esercitato i loro legittimi diritti alla libertà di opinione e di espressione, associazione e assemblea pacifica e per le loro azioni volte a promuovere e proteggere i diritti umani e le libertà fondamentali attraverso mezzi pacifici”, l’appello di alcuni rappresentati delle Nazioni unite che si occupano di diritti umani.

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