Una larga maggioranza ha rifiutato di cancellare dalla Costituzione dell’Irlanda il ruolo prioritario delle donne nell’assicurare i “doveri domestici”.
Quando si dice l’ironia della sorte. L’8 marzo, proprio in occasione della Giornata internazionale dei diritti delle donne, in Irlanda è andato in scena uno dei più fulgidi esempi di conservatorismo religioso negli ultimi decenni. Nella nazione europea, infatti, è stato indetto un referendum che puntava a modificare determinati riferimenti anacronistici alle donne e alla famiglia presenti nella Costituzione.
Ireland has voted No in the Care referendum.
The result was announced at Dublin Castle with 1,114,620 people, or 73.9%, voting No and 393,053 voting Yes.
“No” anche al considerare famiglia le coppie con figli non sposate
Il 73,9 per cento di coloro che si sono recati alle urne ha votato contro la cancellazione dalla Carta del passaggio che attribuisce un ruolo prioritario alle madri nell’assicurare nell’assicurare i “doveri domestici” nella famiglia. E lo hanno fatto nonostante i principali partiti politici irlandesi si fossero schierati a favore del “sì”.
Un altro quesito ha visto, allo stesso modo, prevalere nettamente la volontà di mantenere la Costituzione inalterata: il 67,69 per cento degli elettori ha rifiutato di allargare la definizione di famiglia al fine di includere anche le “relazioni continuative”, ovvero le coppie che vivono insieme, e magari, lo fanno con i loro figli. Secondo coloro che si erano schierati con il “no”, lo stesso concetto di “relazioni continuative” rischiava di essere foriero di “confusione”.
Il peso della Chiesa cattolica nella Costituzione dell’Irlanda redatta nel 1937
A partecipare al referendum non sono stati in moltissimi: l’affluenza alle urne non ha superato il 50 per cento nella maggior parte delle 39 circoscrizioni elettorali irlandesi. Ciò nonostante, il primo ministro centrista Leo Varadkar ha parlato di “livello di partecipazione rispettabile”. E ha aggiunto: “Abbiamo faticato a convincere le persone della necessità di un referendum. Senza parlare dei problemi legati ai dettagli della formulazione”.
La senatrice laburista Marie Sherlock non ha nascosto il proprio disappunto: “È un giorno triste per coloro che militano da decenni affinché ci si sbarazzi di queste parole sessiste”, ha dichiarato alla radio Rte. E anche per il governo si è trattato di un risultato inaspettato, dopo la legalizzazione del matrimonio omosessuale nel 2015 e dell’aborto nel 2018. Tuttavia, stavolta non è stato possibile cancellare l’impronta impressa dalla Chiesa cattolica nella lontana epoca in cui fu redatta la Costituzione, nel 1937.
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