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Ivan Zaytsev, soprannominato lo Zar, è il capitano della nostra nazionale di pallavolo. Cresciuto da un padre intransigente, con i suoi figli è dolcissimo e da membro del Toyota team dimostrerà loro che “nulla è impossibile: basta un pizzico di coraggio”.
“Di fronte alle difficoltà mi sono sempre rimboccato le maniche. Mi concentro su ciò che è in mio potere fare per cambiare il momento negativo”.
Sembra improbabile che quel ragazzo di due metri dagli occhi di ghiaccio, i lineamenti duri, i muscoli che si intravedono sotto la t-shirt, possa trovarsi in difficoltà. Uno che crede che la battaglia sia “un eterno presente in cui non c’è spazio per i pensieri e le emozioni, ma solo per le lame che cozzano l’una contro l’altra e per l’odore del sangue”. Uno che è in grado di lanciare una palla da volley a quasi 130 chilometri orari, stabilendo il record della battuta più potente mai registrata in un torneo olimpico. Eppure Ivan Zaytsev ammette le sue debolezze. Ma ci insegna a superarle come fanno i guerrieri come lui: giocando in attacco, e non in difesa.
L’infanzia dello Zar – questo è il soprannome del capitano della nazionale di pallavolo – non è stata semplice. Nato a Spoleto, ha viaggiato parecchio per seguire l’attività sportiva del padre, il campione sovietico Vjačeslav Zajcev, considerato uno dei più forti palleggiatori degli anni Settanta e Ottanta. Un uomo che, invece di lasciarsi scivolare di dosso la prepotenza sotto la doccia negli spogliatoi, la portava a casa con sé, costringendo il figlio ad allenamenti così duri da sfinirlo.
La famiglia si è trasferita in Italia nel 1998, quando Zaytsev aveva dieci anni. “Anche se quando sono arrivato non parlavo una parola di italiano, ambientarsi è stata la cosa più naturale del mondo. Ero a casa”, racconta. Ed è proprio in Italia che, nel 2001, ha esordito nelle giovanili del Sir safety Perugia per poi entrare a far parte della prima squadra a soli sedici anni. Nel 2008, quando ha ottenuto la cittadinanza italiana, è stato convocato in nazionale con cui ci ha regalato uno splendido argento alle Olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016. Ora gioca nel Modena nel ruolo di opposto: l’anno scorso la squadra si è aggiudicata la Supercoppa.
Anche se ha vinto più volte il titolo di miglior schiacciatore, Zaytsev non si sente un uomo da record. “Il mio è uno sport di squadra, ma essere ogni tanto il migliore non è che mi dispiaccia…”, ride. Poi torna serio: “Io cerco solo di migliorarmi giorno dopo giorno e dare sempre il massimo. Sono gli altri ad avermi fatto diventare ‘Zar del volley’, quelli che vedono in me un modello e la cosa non può che farmi piacere”.
Mia. Come sono diventato lo Zar fra pallavolo e beach volley, amore e guerre è il titolo della sua biografia. In quelle pagine ci sono l’odore della fatica e il sapore del successo, ma c’è anche lo Zaytsev che a bordo campo, quasi furtivamente, scocca un tenero bacio alla moglie, che cucina al piccolo Sasha “l’amatriciana del papà” e posta su Instagram il sorriso – identico al suo – della secondogenita, Sienna.
Scopriamo che tiene al benessere dei bambini di tutto il mondo. “Non sopporto l’idea che in alcuni paesi muoiano di fame”, racconta. Per questo è ambasciatore del World food programme. Ma ancora non gli basta, quindi si è lanciato in un nuovo progetto entrando a far parte del Toyota team, formato da atleti italiani appartenenti a varie discipline olimpiche e paralimpiche con l’obiettivo di promuovere, attraverso gli ideali dello sport, una società libera da discriminazioni.
“Mi sento molto onorato e fortunato ad essere membro di questa squadra con cui condivido i valori fondamentali. Cercherò sempre di essere un atleta corretto e di dare il massimo, perché nulla è impossibile se si parte con motivazione, dedizione e coraggio”. Ed è proprio questo il significato di Start your impossible. Tutti hanno paura, anche lo Zar. E non se ne vergogna. Però guarda oltre: questa è la chiave per la vittoria.
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