La legge sul ripristino della natura va avanti in Europa, ma l’Italia vota contro

Va avanti l’iter della legge sul ripristino della natura: martedì 20 giugno il Consiglio dell’Unione europea ha raggiunto un primo accordo.

  • Il 20 giugno il Consiglio dell’Unione europea ha raggiunto un primo accordo sulla legge sul ripristino della natura.
  • L’obiettivo, che si vuole rendere vincolante, è quello di mettere in atto misure di ripristino che coprano almeno il 20 per cento del territorio terrestre e marino dell’Unione, tutto questo entro il 2030.
  • L’iter negoziale sarà ancora lungo e il testo validato dal Consiglio rappresenta un compromesso.
  • L’Italia, rappresentata dal ministro Gilberto Pichetto Fratin, ha votato contro.

Va avanti l’iter della legge sul ripristino della natura (nature restoration law), voluta dalla Commissione europea per ripristinare gli ecosistemi, gli habitat e le specie nel territorio terrestre e marino dell’Unione. Salvata per un pelo alla Commissione ambiente del Parlamento europeo, martedì 20 giugno è stata oggetto di un primo accordo (orientamento generale) raggiunto dal Consiglio.

A cosa serve la legge sul ripristino della natura

Secondo un recente report dell’Agenzia europea per l’ambiente, oggi l’81 per cento degli habitat naturali in Europa versa in cattive condizioni. Si assiste a qualche segnale di miglioramento per le foreste, mentre la situazione diventa via via più critica per terreni erbosi, dune e acquitrini e torbiere basse.

Questo è indiscutibilmente un problema, per tutti. Per le specie animali e vegetali che ci vivono; per la salute (ce l’hanno insegnato le zoonosi); per la qualità della vita; per il clima (per fare un solo esempio, le torbiere contengono circa il 30 per cento della CO2 sequestrata nel suolo a livello globale). Anche l’economia ne risente, a partire dal settore agricolo, visto che l’erosione del suolo “costa” all’Unione 3 milioni di tonnellate di grano e 0,6 milioni di tonnellate di mais ogni anno. Gli esempi potrebbero continuare ancora a lungo. A conti fatti, si stima che ogni euro investito nel ripristino della natura ne porti da 8 a 38 in benefici economici.

Camargue, in Francia
Alcuni fenicotteri nelle zone umide della Camargue, in Francia.© IngImage

Quali sono gli obiettivi della Commissione europea

Da qui la volontà della Commissione europea di inserire una legge sul ripristino della natura all’interno della strategia sulla biodiversità per il 2030. L’obiettivo, che si vuole rendere vincolante, è quello di mettere in atto misure di ripristino che coprano almeno il 20 per cento del territorio terrestre e marino dell’Unione, tutto questo entro il 2030.

La proposta, piuttosto corposa, si articola poi su numerosi target specifici. Per citarne alcuni: zero perdita netta di spazi verdi urbani entro il 2030, invertire il trend del declino degli impollinatori entro il 2030; 25mila chilometri di fiumi tornati a scorrimento libero entro il 2030.

api
Le api, insetti impollinatori, sono fondamentali per mantenere la biodiversità sulla Terra ©Ing Images

La legge sul ripristino della natura sarebbe la prima del suo genere valida per un intero continente. Dopo la sua approvazione, ai 27 stati membri verrebbe richiesto di presentare alla Commissione i loro piani nazionali di ripristino nell’arco di due anni, per poi monitorare i progressi fatti e riferirli alle istituzioni europee. Parallelamente, anche l’Agenzia europea per l’ambiente avrebbe il compito di tenere sotto controllo gli avanzamenti.

Cosa manca perché la nature restoration law sia approvata

Il condizionale per ora è d’obbligo perché la legge sul ripristino della natura ha di fronte a sé un lungo iter che si sta già rivelando accidentato. Il Partito popolare europeo (Ppe), il più numeroso nell’Europarlamento, ha infatti presentato una mozione per bocciarla nella sua interezza. Giovedì 15 giugno 2023, la Commissione ambiente si è spaccata a metà: 44 sì, 44 no. Mancando la maggioranza, la mozione non è passata e la legge si è salvata.

Il 20 giugno il Consiglio dell’Unione europea, formato dai ministri (in questo caso dell’Ambiente) dei 27 stati membri, ha adottato il suo orientamento generale. Il testo, così come approvato dal Consiglio, cerca di bilanciare gli “obiettivi ambiziosi per il ripristino della natura” e la “flessibilità nell’implementazione del regolamento da parte degli stati membri”.

Questi ultimi dovranno adottare misure che riportino in buone condizioni entro il 2030 almeno il 30 per cento degli habitat che attualmente non lo sono. Questo 30 per cento va riferito all’area totale degli habitat terrestri, costieri, marini e di acqua dolce, e non a ciascuno di essi singolarmente come richiesto inizialmente dalla Commissione. I target successivi, invece, si riferiscono a ciascuna tipologia di habitat: il 60 per cento dovrà tornare in buone condizioni entro il 2040 e il 90 per cento entro il 2050.

L’orientamento generale servirà da mandato per i negoziati con il Parlamento europeo sulla forma definitiva della legislazione. Al termine, ci vorrà l’approvazione da parte del Consiglio e del Parlamento europeo.

Il no dell’Italia e i commenti degli ambientalisti

L’orientamento generale è passato con il sì di 20 stati su 27, in rappresentanza del 66 per cento della popolazione dell’Unione (appena sopra la soglia per la maggioranza qualificata, pari al 65 per cento). Due gli astenuti, Austria e Belgio, e cinque i voti contrari: Polonia, Paesi Bassi, Finlandia, Svezia e Italia.

“È inspiegabile la posizione dell’Italia che, essendo uno dei paesi a più alta biodiversità di tutta l’Europa, dall’entrata in vigore della Nature restoration law potrà avere effetti positivi, non solo per la natura e l’ambiente, ma anche per la stessa economia. Quella espressa dal governo per il tramite del ministro Pichetto Fratin è una scelta politico-ideologica che contrasta con gli interessi del nostro paese. Auspichiamo che gli europarlamentari italiani, chiamati a metà luglio a votare la legge, vorranno assumere una posizione diversa, più in linea con l’Europa e con la storia del nostro paese”, commenta il Wwf Italia tramite una nota.

Legambiente ritiene “insufficiente” anche il testo approvato dal Consiglio. “Nella ricerca di stabilire un equilibrio politico e contrastare la disinformazione diffusa dei partiti di destra e dalla lobby dell’agricoltura e della pesca, garantisce troppa flessibilità per gli Stati membri nell’attuazione del regolamento”, sostiene Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette e biodiversità. “È necessario un rafforzamento del regolamento durante i negoziati con il Parlamento europeo”.

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